«La prima volta che venni a New York, andai al Le Bernardin. Ancora ricordo quella cena sublime». L’assist alla masterclass di Eric Ripert lo serve il predecessore Massimo Bottura, uscito di scena al termine di un’appassionata arringa.
Non che il francese adottato dagli Stati Uniti (3 stelle Michelin, 17mo posto nella World’s 50Best e tutta un’altra sfilza di riconoscimenti) ne abbia bisogno: a New York è il punto di riferimento della cucina di pesce. Anzi, precisa di lui, «Di una cucina in cui il pesce è la star del piatto. Ogni giorno valutiamo cosa arriva e poi decidiamo come intervenire».
Parlare di pesce, oggi, non può ridursi alla meccanica della ricetta. Ripert lo sa benissimo: «Sono qui per parlarvi di sostenibilità. Non vorrei assumere toni biblici, ma viviamo in un mondo che sta invecchiando rapidamente. Se continuiamo ad abusarne così, non ci sarà futuro per il genere umano».

Massimo Bottura ed Eric Ripert, mattatori dell'ultima giornata di Identità New York
In particolare, «L’oceano si sta spopolando sempre più e per questo noi, come ogni ristorante che si rispetti, teniamo monitorate in ogni momento le acque da cui peschiamo. Ci sono specie ittiche che stanno sparendo, collassando. Al Bernadin siamo molto impegnati a servire pesce che sia sostenibile. Libero e non di allevamento - che oltretutto non ha lo stesso sapore. Noi non serviamo specie in difficoltà perché diamo loro la possibilità di riprodursi. Ci aiuta molto il governo americano, tra i più sensibili al mondo su questi temi».
Non è l’unico progetto che impegna
Ripert fuori dal ristorante. È vicedirettore di
City Harvest, associazione che si batte da anni per nutrire i newyorkesi che non possono permetterselo. «New York è una città di grandi contrasti tra gente ricca e povera. Noi raccogliamo gli scarti dei ristoranti e dei grandi centri vendita e li distribuiamo ai meno abbienti. In 13 anni abbiamo somministrato 35 milioni di pasti a 1,5 milioni di persone ».
Con
Mobile markets, insegna ai bambini a mangiare sano. E mostra a chi abita nei
food desert – «quei luoghi remoti in cui regna solo cibo in scatola» – il valore di un pomodoro o di una zucchina appena colta. Ed è anch in prima linea nel soccorso di paesi sfortunati, o vittime di calamità come di recente Portorico con gli uragani estivi, «Abbiamo spedito tanto cibo, acqua e medicine».
Uno chef dal cuore grande. E dalla mano incredibilmente lieve ed elegante. La stessa che ha cucinato, nella seconda parte della lezione, una
Crab cake sui generis con granchi blu della Virginia, un’emulsione al cardamomo di frutti di mare, sormontata da una tuille cotta al maniera dei wanton fritti. Un piatto buonissimo, di matrice classica e leggerezza e soavità tutte contemporanee.