Poiché ci si trovava nella sala dedicata a Camillo Cavour, la battuta di Paolo Marchi era inevitabile: «Lui ha unito il Paese, noi vogliamo unire la cucina italiana». Nessuna breccia di Porta Pia, questa volta: è bastata una foto finale in via XX Settembre, sede del Ministero delle Politiche Agricole - dunque pur sempre a Roma - per rappresentare anche plasticamente l'atto che ha sancito la nascita dell'associazione Ambasciatori del Gusto.
Non sarà l'ennesimo orpello con patacca in più da aggiungere a tante altre. L’associazione è stata infatti pensata per riunire l’eccellenza della ristorazione italiana in un’unica realtà aggregativa con l’obiettivo di far sistema, per valorizzare il patrimonio culturale agroalimentare ed enogastronomico nazionale, sia in Italia che all’estero. Vuole essere dinamica, propositiva, operativa: già dal primo appuntamento che la vedrà co-protagonista, l’esordio assoluto della Settimana mondiale della cucina italiana di qualità, dal 21 al 27 novembre, che sarà presentata a Villa Madama il 26 ottobre: chi fa parte degli Ambasciatori del Gusto (erano 44 i soci fondatori all’atto fondativo, davanti al notaio il 20 giugno scorso; sono già una novantina oggi, qui l'elenco completo) sarà lì chiamato a rappresentare il buono del Paese nelle sedi diplomatiche tricolori di tutto il globo, in un grande sforzo organizzativo che prevede circa 1.300 eventi.

Foto di gruppo degli Ambasciatori del Gusto
A dimostrazione di come si faccia sul serio, qualche ora fa all'incontro di presentazione degli
Ambasciatori del Gusto la cucina italiana c'era praticamente tutta, a iniziare dai “maestri” e associati benemeriti
Aimo e
Nadia Moroni, Alfonso Iaccarino e
Annie Féolde. E poi sul palco la presidente
Cristina Bowerman, il presidente onorario
Carlin Petrini, il vicepresidente e motore di tutta questa operazione, cioè
Paolo Marchi, mentre via via si sono succeduti gli interventi di alcuni dei membri del primo consiglio direttivo:
Cesare Battisti (segretario generale),
Renato Bosco, Carlo Cracco, Roberto Petza, Mariella Caputo, Alessandro Gilmozzi, Marco Sacco, Moreno Cedroni e
Pietro Leemann. Affiancato a loro, l'uomo delle istituzioni che ha appoggiato e seguito il percorso intrapreso, nella sua ormai costante opera di supporto alla cucina italiana, ossia il ministro
Maurizio Martina, lombardo ma per l'occasione padrone di casa in via XX Settembre.
Come è stato sottolineato, l’associazione, senza scopi di lucro, vuole rappresentare il mondo della ristorazione in ogni suo aspetto. Ne fanno così parte cuochi, ristoratori, pizzaioli, sommelier, persone di sala, pasticceri e gelatieri: nomi di rilievo, ma soprattutto persone che, con il proprio impegno e la qualità del lavoro, hanno reso eccellente la cucina italiana e il settore.
«Grazie alla recente esperienza di Expo Milano 2015, il significato di Ambasciatori ha incontrato il nostro mondo, richiamandoci a un’ambiziosa missione: divulgare in Italia e nel mondo l’identità, la storia, la sensibilità del nostro Paese attraverso la nostra passione – ha affermato il presidente Cristina Bowerman - La cucina italiana oggi è tradizione, eccellenza e indissolubile legame col territorio. Ma anche ricerca e innovazione: crescita guidata dal più articolato dei sensi, il gusto. Parlando di Ambasciatori del Gusto, oggi, pensiamo al lavoro di donne e uomini, che vivono non solo nelle cucine o nei ristoranti, ma viaggiano, apprendono e restituiscono l’esperienza vissuta attraverso l’interpretazione. La nostra missione parte dalla consapevolezza che raccontare e valorizzare il patrimonio dell’enogastronomia italiana significhi contribuire, in sinergia con le Istituzioni, anche allo sviluppo del Paese».

Il palco: Paolo Marchi, Cristina Bowerman, Carlin Petrini, il ministro Maurizio Martina
L’iniziativa è il frutto di una riflessione di lungo corso che ha conosciuto i passaggi di svolta e di maturazione dei suoi obiettivi in momenti istituzionali incisivi come: il Primo Forum della Cucina Italia (2 marzo 2015,
leggi qui il nostro articolo), la presentazione, durante Expo Milano 2015, del “Food Act” (27 luglio 2015,
leggi qui il nostro articolo) – il documento programmatico che, per la prima volta in materia agroalimentare, presenta un piano di azione per la valorizzazione della cucina italiana mettendo a sistema istituzioni e professioni del settore – e successivamente, la firma del Protocollo di Intesa per la Valorizzazione all’Estero della Cucina Italiana di Alta Qualità (15 marzo 2016,
leggi qui il nostro articolo).
Ed è proprio anche con il supporto delle istituzioni, e a sostegno delle stesse, che l’associazione intende concretizzare in progetti i propri scopi. Obiettivi che vanno dalla promozione dei prodotti italiani e dei valori del Made in Italy, in Italia e all’estero, al mantenimento di un ruolo attivo nella promozione della cultura del cibo nelle scuole e nelle strutture sanitarie; alla creazione di occasioni di confronto e di scambio su temi sociali e importanti per il settore, coinvolgendo soggetti nazionali, europei e internazionali, per la costruzione di un messaggio coordinato, a sostegno della qualità e del benessere generale. Questo, senza dimenticare gli aspetti formativi delle nuove generazioni, cui rivolge i propri progetti per migliorare il percorso di studio e di lavoro, cercando un dialogo diretto con il Ministero dell’Istruzione.
Molti sono stati gli interventi. Eccone un sunto.
Paolo Marchi: «Ero più rilassato nell’aprile 2004 quando presentai la prima edizione di Identità Golose al Vinitaly... L’idea di questa associazione Ambasciatori del Gusto mi è venuta a Copenhagen, stavo mangiando una mozzarella con Carlin Petrini, insieme abbiamo capito che o ci davamo una mossa oppure ci avrebbero scippato la nostra eccellenza enogastronomica. Vogliamo essere operativi: affrontare i problemi, interfacciarci con le istituzioni, fare sistema, trovare soluzioni. Partiamo con un grande gruppo di professionisti».
Corrado Assenza: «Questo gruppo è nato per accogliere tutta l’eccellenza, da me che sono barista a sua maestà Aimo Moroni. Sono grato al ministro Martina per quello che sta facendo per l’agricoltura italiana. Io vengo dalla terra e ci torno ogni giorno: il ruolo di noi tutti è quello di essere gli occhi e la bocca della straordinaria filiera che sta dietro di noi: i contadini, gli allevatori, i pescatori. Serve una saldatura tra il mondo della cucina e il loro. Io sono qui applaudito perché faccio i cannoli: ebbene, dobbiamo dare maggiore dignità anche a colui che produce il latte col quale io posso fare i cannoli stessi».
Carlo Cracco: «E' molto importante essere qui ora, perché significa che abbiamo imparato a fare squadra e andare avanti uniti».
Davide Oldani: «Bisogna ringraziare Identità Golose: sono stati loro gli unici ad avere la forza e la determinazione di metterci assieme. Io ho fatto lo Sport & food ambassador alle Olimpiadi di Rio proprio con le stesse finalità con cui nasce Ambasciatori del Gusto e in più per rappresentare un tema che mi sta molto a cuore, l’educazione dei giovani e il legame tra cucina e mondo dello sport».
Franco Pepe: «Anni fa iniziai a dialogare coi contadini del mio territorio, ora dialogo con le istituzioni: è un grande passo in avanti. Anni fa il luogo da dove provengo, Caiazzo nell’Alto Casertano, aveva un centro storico che si svuotava, le attività che chiudevano. Ora con la mia pizzeria porto in questo borgo di 4.500 anime circa 14-15mila persone ogni mese: hanno riaperto le piccole botteghe, i giovani agricoltori coi quali lavoro vedono nuove prospettive, persino gli affitti sono triplicati. Questa può essere la forza della cucina».
Carlin Petrini: «Questo è un progetto strategicamente importante, certo per il nostro Paese, ma in fondo con una prospettiva che si estende a tutto il mondo, perché l’obiettivo deve essere tornare a collegare la produzione agricola con la ristorazione, così da proporre un modello alternativo di sviluppo economico. Oggi all’estero Italia enogastronomica significa sia il peggio che il meglio. Il peggio perché ci sono ovunque materie prime orribili che nulla hanno a che vedere con le nostre, eppure si presentano come italiane: sviliscono l’eccellenza tricolore in ristoranti mefitici, che alcune associazioni hanno persino sostenuto per tanti anni. Poi c’è il meglio, che può anche essere con gli occhi a mandorla o la pelle scura: perché ci sono tanti stranieri che onorano la cucina italiana, la propongono al meglio. Dobbiamo scacciare i primi e accogliere amorevolmente i secondi, sono nostri alleati. E dobbiamo far capire che, all’estero, la materia prima fresca è giusto che sia del luogo; ma quella invece che è frutto del nostro artigianato gastronomico deve essere solo italiana».
Maurizio Martina: «Siamo partiti il 2 marzo 2015, abbiamo fatto passi in avanti strepitosi. Io allora mi chiedevo: ma dove sono i cuochi italiani, chi sono? Eccovi: ora passate dall’essere tante individualità divise a un corpo collettivo che farà la propria parte – come le istituzioni – per rafforzare l’Italia, con i tanti strumenti che stiamo mettendo in campo».
Siamo solo all’inizio.