Una vendemmia ancora e Richard Geoffroy, chef de cave di Dom Pérignon, terminerà un impegno con la casa di Epernay iniziato nel 1990 quando aveva 36 anni. Gli succederà Vincent Chaperon, anni 41, con lui da tre lustri. L’ufficialità a metà giugno.
Nel futuro di un enologo che ha allargato i confini temporali di una maison unica, ci sarà il Giappone e niente più vino. Non stupisce. Alla domanda: cosa beve chi confeziona lo champagne per antonomasia, altri champagne, altri vini, l’acqua? Richard ha risposto: «Birra». Ovviamente non è così, ma una battuta non fa mai male.

Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, dona una stampa antica della città a Richard Geoffroy
Geoffroy è passato per Parma martedì scorso 8 maggio. Nel primo comune italiano ad avere ricevuto dall’Unesco il titolo di Città Creativa della Gastronomia, la seconda è Alba, il francese ha ricevuto il Premio alla Creatività. Il tutto in una giornata scandita da tre distinti momenti. La mattina appuntamento nella sala consigliare in Piazza Garibaldi, quindi pranzo e a seguire lectio magistralis da Alma a Colorno, infine cena a Langhirano nel salumificio Fratelli Galloni, distrutto da un incendio nel luglio 2016 e riaperto il luglio scorso, a un anno meno un giorno dall’incidente. Tutto questo via via scandito dalle parole del sindaco Federico Pizzarotti e dai piatti di Paolo Lopriore a pranzo e di Massimo Bottura a cena.

Il primo cittadino, a differenza dell’assoluta maggioranza di amministratori e parlamentari del Buon Paese colleghi suoi, conosce la materia e ha una visione ampia e proiettata nel tempo. Una mosca bianca. Parma… Epernay… perché? «Per le eccellenze che in campi diversi sappiamo esprimere e che l’Unesco ci riconosce, pur se in forme diverse. Noi siamo convinti che non bisogna sentirsi spaventati da quanto di grande sanno fare gli altri, anzi bisogna fare squadra con i migliori. Noi siamo per unire e non per dividere come quelli che sgomitano per essere in prima fila da soli a scapito degli altri. Ecco perché il 24 maggio saremo nella sede Unesco di Parigi con Epernay e Alba», tre realtà di qualità assoluta che si completano a vicenda.
La parola è poi passata a
Geoffroy, al quale il sindaco donerà una mappa di Parma del 1796. Il francese illustrerà, come farà nel pomeriggio alla scuola di
Alma, la sua visione estetica, l’armonia e la potenza di millesimi unici «perché l’imperativo di
Dom Pérignon è esprimere ogni singola annata nella sua unicità. Non vi sono due annate uguali, solo pezzi unici».
A lui dobbiamo una lunghezza altrimenti sconosciuta nel tempo espresse nelle tre Plénitudes, dalla prima, quella dell’Armonia, minimo otto anni di elaborazione, alla terza, quella della Complessità, alla quale si arriva dopo un quarto di secolo. Il tutto passando per la seconda, almeno sedici anni di attesa per arrivare all’Età dell’Energia. Il tutto sintetizzato da un aneddoto: «Un giorno
uno, pesando di farmi un complimento, mi disse in inglese che
Dom Pérignon era oltre lo champagne. Ci rimasi di sasso e gli risposi che eravamo avanti e indietro nello stesso tempo, che insomma eravamo al centro perché
Dom Pérignon è lo champagne». Verità assoluta.
E tutto questo, e molto altro ancora, Geoffroy lo ribadirà nella sala del trono della Reggia di Colorno, previo menù di Paolo Lopriore in abbinamento al Dom Pérignon Deuxième Plénitude, quella del 2000, la più recente. Tutto a tavola ha ruotato attorno a tagliatelle all’uovo da abbinare secondo estro e piacere personali a due carni, manzo in salsa California (panna e aceto) o cavallo, che a Parma tanti gradiscono, salsa di pepe, ostriche, pancetta affumicata e altro ancora lungo piani interscambiabili, decisi da ogni singolo commensale che alla fine non potrà mai chiedere ragione allo chef di cosa ha gustato. Lo ha deciso lui cosa accostare nel piatto, ha avuto l’ultima parola e questo gli ha tolto il diritto di critica.

Richard Geoffroy, Massimo Bottura e Carlo Galloni
E al tramonto Langhirano e la Val Parma per visitare ail nuovo stabilimento della famiglia
Galloni e poi cenare nella spazio ricavato sul tetto, un ristorante circondato da un giardino pensile. Dopo il caldo in pianura, il fresco serale del vento che arriva dal mar Ligure, distanza un centinaio di chilometri, brezza imprescindibile per la stagionatura del crudo di Parma.
Menù firmato Massimo Bottura, che usa i prosciutti Galloni, e che così ha tenuto fede a una promessa fatta subito dopo l’incendio. Una vicenda dolorosa che ha trovato presto il suo lieto fine e che Identità racconterà presto.