23-12-2016
Quarta puntata
La nostra settimana argentina, al di là di un arrivo di notte a Buenos Aires e a un pugno di ore in un ottimo albergo, ottimo anche per la prima colazione, l’Alvear Art Hotel nel quartiere di Retiro, si è sviluppata prima a Bariloche e poi nella capitale. Pochi ma importanti i dettagli da memorizzare subito a iniziare dal fatto che la capitale non è bagnata dal mare. Dovresti saperlo, ma il Rio de la Plata è così largo, lì oltre 100 km, che sei portato a pensare che la capitale sia bagnata dal mare o, comunque, sia per davvero prossima all’oceano. Invece no, quasi come Milano rispetto a Venezia e la sua laguna. Acque dolci e limacciose, poco invitanti per tuffarsi e per pescare. La cultura della cucina di pesce è davvero scarsa, inversamente proporzionale alla formidabile importanza di quella della carne.
Seconda cosa da imparare al volo: un luogo vicino, in Europa sarebbe considerato lontano. Bariloche è “solo” a un paio d’ore di aereo, vicina o non troppo lontana. Ma cambia tutto. Pensando all’Italia, è un po’ come passare dalla Sicilia alla Svizzera. In più tende al vuoto. E non abbiamo visitato la Patagonia più autentica e schietta. Bariloche è stata plasmata dai tedeschi, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale. Di una bellezza spettacolare, in una provincia come
Questo in generale, perché poi vieni portato “dietro l’angolo”, giusto a un’ora di pulmino, e nei discorsi irrompe la leggenda dai gauchos, i cowboy dell’America Latina. A farci da cicerone, il primo giorno sarà Agustin Arias, direttore dell’Estancia San Ramon, e pure di altre. La prima raccomandazione è dove mettere i piedi. Il terreno è ricoperto di cenere, impossibile restare lindi: «I vulcani sono cileni, quando eruttano ne subiamo le conseguenze noi argentini. Qui tutto lo sporco arriva dal Puyehue che inizio a eruttare nel giugno 2011 e per nove mesi bloccò i voli, isolando in pratica la nostra zona».
Una lunga mattinata in riva a un fiume, con Mariana Muller, titolare vicino Bariloche del ristorante Cassis, relatrice a marzo a Identità Milano, a curare la tavola sulla riva e German Martitegui, chef del Tegui in Baires, ad accrescere la sua cultura dei prodotti patagonici in vista di una cena a quattro mani a fine
Accanto al fuoco, troveremo un agnello fissato a una croce e inclinato il giusto per ricevere bene il calore della fiamma. Su un griglia orizzontale dei tagli di manzo, delle coste con la loro polpa e il loro grasso. Poesia, per me che ho sempre sognato questo momento, cenare a carne al tramonto sotto il cielo dell’emisfero australe. E con persone pronti a spiegarti ogni passo, uno su tutti: gli argentini non frollano la carne. Una volta macellato il capo, non passano settimane perché i tagli arrivino alla vendita. Un altro mondo.
4. Continua Qui la prima, seconda e terza puntata
Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito
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nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi