24-08-2015
Foto di gruppo al termine dell'summit sull'umami a Milano: da sinistra Luca Fantin, Laura Santtini, Ito Masatoshi (chairman Ajinomoto), Yuko Hayashi (moglie del ministro giapponese all'Agricoltura, Masatoshi Hayashi), Gabriella Morini, Kumiko Ninomiya, Nobuyuki Matsuhisa, Yoshihiro Murata e Stefania Viti
Racconta Yoshihiro Murata, del celebre Kikunoi di Kyoto, di aver incontrato l’umami in una sorta di matambre assaggiato in Amazzonia. Aggiunge Laura Santtini (sì, con due “t”), del ristorante Santini di Londra, come lo si trovi anche nel marmite inglese. Kumiko Ninomiya, direttrice del nipponico Umami Information Center, evidenzia quanto abbondasse, ad esempio, nel garum degli antichi romani.
Luca Fantin del Bulgari di Tokyo lo evoca in certi pasti fanciulleschi: «I miei ricordi di bambino sono densi di umami. Il prosciutto cotto, la pastina col parmigiano, i tortellini di carne: è un gusto della memoria», d’altra parte ne sarebbe ricco anche il latte materno. Viene evocato il lavoro di Rene Redzepi sulle zampe di renna essiccate o quello di Davide Scabin, con le sue parmigiana di melanzane e lasagne disidratate destinate agli astronauti, ricche di umami e dunque povere di sale, e si sa quanto la ritenzione idrica sia un problema nello spazio interstellare. Nobuyuki Matsushisa, padre del Nobu, sintetizza: «Il concetto di umami va trasmesso in tutto il mondo» perché – lo abbiamo appena visto - non ha (avrebbe?) confini né geografici né temporali.
Cibi ricchi di umami nel mondo e nella storia
Ne trovano anche, di alleati: l’inglese Heston Blumenthal fin dal 2001 ha creato un piatto, Umami broth, che è una specie di succo concentrato di quell’aroma; il peruviano Virgilio Martinez spiega come essersi imbattuto nell’umami abbia cambiato il suo modo di pensare la cucina; lo statunitense David Kinch sottolinea che «l’umami è un componente importante di tutti i miei piatti», mentre l’argentino Mauro Colagreco racconta: «Non penso che l’umami sia qualcosa che i giapponesi abbiano trasmesso al resto del mondo. È vero piuttosto che l’Occidente non era consapevole di tale gusto», però la massaia piemontese aggiungeva l’acciughetta per dare una marcia in più ai suoi piatti, e vogliamo parlare di Pasquale Torrente con la sua colatura di alici?
Tale consapevolezza mancava anche nel Sol Levante fino ai primi anni del Novecento. Un giorno Kikunae Ikeda, professore di chimica dell'Università Imperiale di Tokyo, stava cenando quando si fermò. La sua zuppa di cetrioli gli pareva più deliziosa del solito. Alla fine realizzò come quel sapore particolare derivasse dal dashi, un brodo filtrato, ottenuto bollendo il kombu con fiocchi di katsuobushi.
Luca Fantin con Nobuyuki Matsuhisa
Il 24 aprile 1908, il professore depositò il brevetto del "metodo di produzione di un condimento in cui l’acido glutammico sia la componente chiave” e identificò tale componente come gusto fondamentale, il quinto. Era la scoperta dell’umami, ossia “piacevole gusto sapido": la parola venne inventata da Ikeda stesso fondendo i termini umai (“delizioso”) e mi ("gusto"). Ne sono “responsabili”, oltre al glutammato, anche il guanilato e l’inosinato disodico.
Di questo e di altro s’è parlato qualche settimana fa proprio a Milano, durante un “Umami Summit” organizzato in tandem da Umami Information Center e Ajinomoto, colosso alimentare con gli occhi a mandorla, produce un terzo di tutto il glutammato monosodico nel mondo.
Sintesi degli ingredienti più ricchi di umami
L’umami esalta infatti la salinità naturale degli alimenti; per questo permette di ridurre l’uso del sale ed è dunque “salutare” (ai malati si dà un brodino…); secondo alcuni, sarà dunque la chiave di volta per liberare i Paesi sviluppati dall’obesità, perché fortificando il gusto provoca anche sazietà. Secondo altri, l’uso massiccio che del glutammato sta facendo l’industria alimentare ha il semplice obiettivo di sfruttare le sue doti di piacevolezza.
Non è certo il caso di Fantin – miglior cuoco per la guida Identità Golose 2015 - che ha ricordato durante il convegno la sua ricetta presentata nel corso dell’ultima Identità Milano: Linguine con lattughe di mare marinate e salsa di ostrica, ne abbiamo parlato qui.
Racconti, consigli e assaggi dalla città dell'Esposizione Universale 2015
di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera