«La natura riesce a creare cose belle, basta saperle aspettare». Questa frase di Franco Biondi Santi, scomparso nel 2013, racchiude tutta la filosofia di una cantina che ha segnato la storia del vino non solo a Montalcino, ma di tutta Italia.
Scrivere di Biondi-Santi non è facile. Bisogna cercare di entrare in questa realtà in punta di piedi, sapendo ascoltare e rispettare la storia, per capire il presente e soprattutto capire il futuro di un’azienda che, negli ultimi anni, ha avuto dei cambiamenti societari, fino ad arrivare all’attuale proprietà francese del gruppo Epi (Européenne de participations industrelles) di Christopher Descours.

L'amministratore delegato Giampiero Bertolini
«Ma siamo un team tutto italiano, tutti toscani – ci tiene subito a precisare l’amministratore delegato
Giampiero Bertolini - i francesi hanno capito che qui a Montalcino dovevano far fare agli italiani. Siamo ancora in un periodo di transizione».
Il passato è glorioso, il presente di transizione, ma il futuro? «La visione futura è quella di rispettare quello che abbiamo oggi in termini di prodotti – continua Bertolini - non pensiamo a fare vini nuovi, ma pensiamo di lavorare sui tre vini che abbiamo, Rosso di Montalcino, Brunello di Montalcino e Riserva, per valorizzarli sempre di più. In realtà, vorremmo ragionare maggiormente sul Rosso di Montalcino: gli vogliamo dare un peso maggiore e una connotazione più precisa, perché spesso viene considerato come risultato dalle selezione degli altri vini, ma per noi è un prodotto importante per un certo target, con una sua identità precisa».

Il direttore tecnico Federico Radi
Il tutto partendo dal vigneto, come spiega il direttore tecnico
Federico Radi: «Parlare di
Brunello significa parlare di
Sangiovese. Si tratta del vitigno più coltivato in Italia, ma ci sono grandi variabilità, ci sono circa 130 cloni di
Sangiovese, e qui a Montalcino, e alla
Tenuta Greppo, ha trovato un ambiente talmente particolare che lo fa crescere e maturare in maniera tale di dare una garanzia di longevità».
L’esempio arriva da un vecchio vigneto di Biondi-Santi, sul quale si stanno facendo importanti ricerche. «È un vigneto degli anni 50, è il più vecchio – spiega ancora Radi - E porta con sé un concetto di agricoltura che ai tempi era estremamente comune, con viti miste a ulivo, in un ambiente tale che le piante hanno potuto arrivare fino ai giorni nostri».

Una splendida panoramica dei vigneti a Montalcino
Da qui si è partiti con un progetto complessivo che riguarda tutti gli ettari di proprietà della
Biondi-Santi, a partire dalla
Tenuta Greppo, con quei 47 ettari di terreno che rappresentano il blocco più grande dei vigneti. Gli altri siti sono
“I Pieri”, nella zona est, “
Scarnacuoia” a ovest, e
“Pievecchia”, il sito più basso a 200 metri sul livello del male, ma con esposizione a nord.
«Vogliamo rienfatizzare al massimo le caratteristiche di ogni terroir – ribadisce Radi - con un’eterogeneità di terreni incredibile anche all’interno della stessa area. Il nostro obiettivo è capire come il Sangiovese reagisce a tutti i fattori: terreno, altitudine, esposizione, suolo. Così è partito lo studio nel 2019. La ricerca di questa grande precisione non è tale da stravolgere un prodotto, ma di andare più in profondità. Siamo tutti toscani, ma siamo tutti nuovi, l’azienda ci ha lasciato un’eredità importante, è necessario per noi avere grande consapevolezza della zona».

La cantina alta di Biondi-Santi, alla Tenuta Greppo
«Il suolo è importante, e deve essere preservato. Allora abbiamo fatto una scannerizzazione di tutti i vigneti, con un macchinario che emana delle onde le quali misurano la resistenza del suolo».
Sulla base di questi risultati, sono state realizzate delle mappe con il gps e quindi sono state scavate 32 buche nei vigneti per identificare le parcelle più interessanti, da vendemmiare separatamente. «Siamo scesi fino a 2 metri e mezzo di profondità – spiega il direttore tecnico Federico Radi - per capire dove la pianta è arrivata e le stratificazione dei terreni. Non vogliamo sconvolgere nulla, ma vogliamo capire questo mix di fattori, capire ogni “ingrediente” che effetto fa e cosa porta. Anche per l’azienda è fondamentale il mantenimento di uno stile».

Federico Radi mostra l'antico vigneto
E poi c’è lo studio, basato sul vigneto vecchio, per garantire alla pianta una crescita più libera possibile. «L’idea è quella di accompagnare la pianta nella crescita e nello sviluppo. È una prospettiva anche per i nuovi vigneti: ricerca di tecniche a basso impatto chimico, ma alto impatto agronomico, per mantenere una freschezza e un’integrità delle uve maggiore rispetto a quelle degli ultimi 20 anni. A noi piacerebbe come team, avere dei vigneti che arrivino tranquillamente a 60 anni».
In cantina, poi, il lavoro è quello di preservare questo patrimonio. «Le nostre vinificazioni – insiste Federico Radi – sono estremamente semplici, con macerazioni non particolarmente lunghe. Utilizziamo lieviti indigeni, in parte selezionati tramite un istituto di ricerca di rilevanza razionale, mentre per alcune parcelle sono lieviti indigeni direttamente della vigna. Le singole parcelle poi seguono un proprio percorso in affinamento, per cercare di preservare le caratteristiche di ognuna».

Le bottiglie degustate: da sinistra, Rosso di Montalcino 2017, Brunello di Montalcino 2015, Brunello di Montalcino Riserva 2013 e il Brunello di Montalcino Riserva 1983
Quindi si arriva ai vini, ricordando che la filosofia di
Biondi-Santi è quella di un affinamento più lungo, uscendo così dopo rispetto alle indicazioni del disciplinare. Il
Rosso di Montalcino 2017, che matura in botti di rovere per 12 mesi, è una splendida interpretazione dell’annata: ricordiamo che nel 2017 c’era stata un’estate particolarmente calda e asciutta, e il rischio era di avere vini un po’ pesanti. Invece già al naso si nota una frutta matura, ma senza devianze verso le confetture, e ancora note floreali e una leggera balsamicità: intenso ma non pesante. Così è anche al sorso, dove esprime una grandissima acidità.
L’annata 2015, valutata 5 Stelle, trova nel Brunello di Montalcino di Biondi-Santi una delle migliori espressioni di questo millesimo: la grande complessità ed eleganza, nel pieno rispetto dello stile aziendale, lo fanno un vino che risulta già ottimo adesso, ma che promette di avere una longevità enorme. Solo il tempo potrà dare questo responso, le premesse sono eccezionali. Per la prima volta nella storia di Biondi-Santi, oltre alla bottiglia classica, sono state prodotte anche alcune magnum.

La Riserva 1983, che l'azienda ha deciso di mettere in vendita
Il
Brunello di Montalcino Riserva 2013 è la 40esima riserva prodotta dal 1888 a oggi dalla
Biondi-Santi: un prodotto d’eccezione, che può godere di una vendemmia che ha goduto, nei mesi estivi, sempre di una notevole escursione termica, che ha permesso di sviluppare una buona aromaticità dell’uva. E il vino ne rispecchia l’animo: intenso, fruttato, balsamico, un tocco di agrumato, una nota accennata di spezia. Al sorso è già un grande bicchiere, ma anche in questo caso la longevità sembra essere la longevità. È un Brunello, d’altronde, ed è giusto che sia così.
Infine c’è la Storica. Infatti quest’anno Biondi-Santi ha rilasciato sul mercato la Riserva 1983. In questo caso evitiamo inutili e roboanti descrizioni: si tratta di un vino emozionale, impossibile da descrivere, ma che rimane nella memoria. E così ritornano in mente le parole di Franco Biondi Santi: «La natura riesce a creare cose belle, basta saperle aspettare».