Salvatore e Francesco Salvo
Consistenze dell’ortodi Nadia Moscardi
Dall'Italia Emilia-Giappone senza confini da Ailimē a Torino
Un'immagine della cantina Tramin, a Termeno (Bolzano)
Rigore, precisione e metodo. Sono i tratti inconfondibili, e un po’ teutonici, della viticoltura dell'Alto Adige che hanno contribuito alla costruzione dell’immagine e della sostanza di un territorio oggi fra le stelle dell’enologia italiana di qualità. Ai grandi classici, apprezzati sulle tavole e nelle degustazioni, si affiancano oggi anche novità, esperimenti e tentativi evolutivi.
Perché dalle parti di Bolzano si può anche sperimentare, si ricerca e si innova per star dietro ai mutati gusti dei clienti, per trovarne di nuovi, per domare i cambiamenti climatici che da queste parti si rivelano, a seconda delle situazioni, nemici o addirittura alleati.
Succede anche questo nelle belle e ordinate file di vitigni che crescono e prosperano su pendii scoscesi, terreni calcerei e ghiaiosi, curate e coccolate da produttori che le conoscono ad una ad una.
Come accade a Termeno, toponimo evocativo di grandi bianchi, a cui, nella bella e avveniristica cantina affacciata sulla piana puntellata dai meli, si affiancano anche rossi di grande robustezza e personalità. «Rispetto ai miei inizi – racconta Willi Stürz, direttore tecnico di Tramin – abbiamo spostato verso l’alto diverse vigne, soprattutto di Pinot nero. Oggi il clima è diverso e le vigne necessitano di altezze maggiori per dare resa e qualità migliori. E al loro posto, più in basso, possiamo far crescere Merlot e Lagrein. Cerchiamo anche di intervenire sulla partenza della fioritura con innesti sperimentali, perché oggi possiamo permetterci quelle vendemmie più tardive, a settembre inoltrato, fino a 25 anni fa impensabili. Cosi lavoriamo in primavera per poter avere in autunno uva più ricca. Come per lo Chardonnay da cui nasce Troy».
Il 2015, ora in commercio, è davvero l’apoteosi di una ricerca lunga e attenta. Frutta secca e fiori si aprono al naso mentre in bocca le note minerali e sapide, tipiche dell’altezza, si fondono con frutta tropicale e melone. Un grande bianco, eredità ed evoluzione di quello Stoan a lungo faro di Tramin.
Nascono così esemplari unici come il Metamorphosis, Sauvignon del 2016 passato prima in ceramica sulle bucce, da cui esce quasi imbevibile, per poi trasformarsi dopo un anno in tonneau per diventare completamente diverso, piacevolmente fresco e complesso.
Già oggi il risultato è sorprendente per struttura persistenza e personalità. Da rivedere fra 10 anni quando la cantina lo avrà reso certamente ancora più intrigante.
giornalista, classe 1966 con una laurea in Fisica e oggi un lavoro da comunicatore. Ha raccontato due Olimpiadi e 5 Mondiali di atletica leggera su Eurosport. Super appassionato di buona cucina, rhum caraibici e golf
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo