29-09-2015

Cameriere per un giorno

Zanatta serve ai tavoli dell'Osteria Francescana, l'insegna di Bottura. E ne ricava 30 appunti

Mercoledì 23 settembre: il giornalista Gabriele Z

Mercoledì 23 settembre: il giornalista Gabriele Zanatta (al centro) veste i panni del cameriere per un giorno all'Osteria Francescana di Modena, formula uno della ristorazione italiana (3 stelle Michelin, secondo ristorante al mondo per la World's 50Best). La brigata di cucina, da sinistra a destra: Pino Cesareo, Denis Bretta, Andrea Garelli, Francesca Riggio, ZanattaFabio Galletta, Sara LucchesePier Pullega, il maître Giuseppe Palmieri e Luca Garelli

Zanatta (giornalista di Identità Golose): «Pronto, buongiorno Giuseppe, sarei interessato e onorato a passare un turno di servizio in sala da voi, credi sia possibile?».
Palmieri (maître dell'Osteria Francescana): «Certo, aspetta che controllo un attimo l’agenda. Mercoledì 23 settembre, può andare?»
Z: «Ehm, proprio la sera che gioca l’Inter a San Siro?».
P: «Sì, così capisci le rinunce cui va incontro tutti i giorni un cameriere».
Z: «Detta così non posso rifiutare 😬».
P: «Porta completo nero e camicia bianca. E ricorda che un bravo cameriere lo giudichi soprattutto dalle scarpe. La cravatta te la do io».
Z: «Grazie. Sono terrorizzato».
P: «E’ giusto che tu lo sia. Ci vediamo il 23».

Nasce così al telefono la giornata del giornalista che va a fare il “cameriere” per un pranzo nel ristorante italiano più celebrato al mondo. Cameriere tra virgolette perché, se anche avessi svolto metà delle mansioni che i veri uomini di sala svolgono ogni giorno, avrei cancellato in poche ore la reputazione mostruosa dell'Osteria di Massimo Bottura, costruita in 20 anni.

Perché l’abbiamo fatto? L’ha spiegato bene Palmieri sul suo Glocal: «La critica può, anzi deve, entrare negli ingranaggi di un ristorante per andare in profondità. Occorre che cuochi e camerieri condividano i rispettivi punti di vista per crescere insieme. Anche così continua il percorso di maturazione della ristorazione italiana».

Ne abbiamo ricavato 30 riflessioni/appunti che ci aiutano a sottolineare aspetti che le cronache spesso trascurano. Sfumature di un mestiere faticoso, appagante come pochi e incredibilmente sottovalutato.
(NOTA. In quest’articolo, me ne scuso, infrango due regole di stile: utilizzo la prima persona singolare e faccio un elenco di punti, seguendo la moda recente. Troppo personale l’esperienza per astrarmi in una visione panoramica e troppo complessa la tematica per scrivere un post sistematico e compiuto).

Il primo ospite a entrare in Osteria Francescana? Il ferro da stiro

Il primo ospite a entrare in Osteria Francescana? Il ferro da stiro

1) Quanto può durare un servizio a pranzo nel secondo ristorante del mondo? 2, 3, 5 ore? Magari. Io mi sono presentato sull’uscio alle 9.30 e mi sono rilassato finalmente alle 16.30, l’orario d’uscita dell’ultimo cliente. 7 ore.

2) Bisogna imparare a (farsi e a) farsi bene il nodo della cravatta: dimensione susina, non pompelmo o ciliegia.

3) Vietato tenere nelle tasche della giacca o dei pantaloni alcunché: banditi cellulari (anche ultrapiatti), mazzi di chiavi e portafogli.

4) Ore 10: la mise en place è il primo compito della giornata. Che sarà mai? Noi si apparecchia tutti i giorni a casa. E invece la mansione richiede una perizia da microchirurgo: il segnaposto va poggiato in linea con la piega della tovaglia e a filo col bordo tavolo, il portapane a ore 10 e a due dita circa dal segnaposto. Un tovagliolo con una minima piega è inservibile. I porta-acqua devono avere posizionamenti variabili al variare delle dimensioni del tavolo. I bicchieri vanno adagiati e sollevati sempre dal punto d’appoggio, le fioriere infilando un dito nel buco superiore... Come nelle scene del crimine, mai lasciare impronte digitali in giro.

5) Il primo giorno di servizio dopo la chiusura (martedì, in questo caso), si lustra tutta l’argenteria con l’acido, dalle posate ai porta-acqua, ai cestini del pane.

6) Occorre intavolare lunghe trattive con le lavanderie: le spese di pulizia quotidiane sono elevatissime.

7) Prima di ogni servizio, occorre stirare tovaglia e coprimacchia. Solo per mani ferme e delicate (tipo quelle dei veterinari che fanno ingurgitare le pillole ai gatti).

8) Abbiamo scoperto il significato di guéridon, il tavolo alto e stretto a supporto integrativo di un tavolo piccolo. Strategico nella sua adattabilità.

9) Micro-sporcizia vade retro: «Controllate sempre», ha ammonito a un certo punto del mattino lo chef Massimo Bottura, «che non sia rimasto nulla a terra dal servizio precedente. Deve diventare un’accortezza quotidiana, come annaffiare le piante».

10) I due pasti del personale (ore 12 e ore 19) sono i momenti più divertenti, gli unici in cui cuochi e camerieri scherzano assieme. Nel mio break ho mangiato Mezzi paccheri al nero di seppia e frutti di mare. Un piatto da una stella Michelin solo lui.

STAFF MEAL. Il pranzo del team prima del servizio (ore 12). Da sinistra in senso orario, Enrico Vignoli, Luca Garelli, Giuseppe Palmieri, Denis Bretta, Pier Pullega, Andrea Garelli e Fabio Galletta

STAFF MEAL. Il pranzo del team prima del servizio (ore 12). Da sinistra in senso orario, Enrico Vignoli, Luca Garelli, Giuseppe Palmieri, Denis BrettaPier Pullega, Andrea Garelli e Fabio Galletta

11) L’impressione è che un cameriere abbia più coscienza di quello che accade in cucina di quanto un cuoco sappia di quello che succede in sala.

12) I momenti peggiori del servizio sono i primi e gli ultimi 20 minuti: la fase che va dall’accoglienza sulla porta alla scelta del vino è quella più delicata perché influenza più delle altre l’umore del cliente (leggere il magistrale post Quei fatidici primi 15 minuti di Beppe Palmieri). Ciò non significa che nel finale bisogna sbracare: il commiato è altrettanto decisivo perché il cliente non può uscire con l'amaro in bocca. In sunto, in 7 ore non ci si può rilassare mai.

13) Il cameriere è uno psicologo scafato: in poco tempo deve capire se il cliente è un apocalittico (se desidera farsi i fatti suoi) o un integrato (se ha voglia di comunicare). E comportarsi di conseguenza. Postilla: non è detto che un cliente che mangia da solo abbia per forza voglia di socializzare coi camerieri.

14) Le comande le raccoglie sempre e solo il maître. È un momento di sottile trattativa. Io non lo sapevo e ne ho presa una: un tavolo di due americani mi ha chiesto lumi sui due menu degustazione. Ho risposto con qualcosa di efficacemente banale, loro si sono convinti, ho raccolto l'ordinazione e consegnato il foglietto al maître. Palmieri mi ha prima osservato con goccia di sudore dalla tempia e poi mi ha gentilmente invitato a non rifarlo. Poi, leggendo che avevo incassato due menu degustazione “Sensazioni” (il massimo), si è rilassato.

15) Con pochissime eccezioni (vedi le ordinazioni di cui sopra o la gestione dei vini, delegata ovviamente ai sommelier), tutti devono saper fare tutto: flessibilità, gerarchie morbide e ricambio continuo dei ruoli sono i segreti del motore da Formula Uno della Francescana. Imporre nonnismi, mettere museruole o limiti rigidi come nelle brigate vecchia scuola è frustrante per chi lo subisce e controproducente per chi lo impone. Assegnare mansioni duttili e universali è appagante e genera armonia tra i colleghi.

16) Occorre la memoria dei bambini piccoli per ricordarsi chi vuole l’acqua liscia o frizzante in un tavolo da più di 4 persone. Lo schema andrà disegnato su un foglietto da consultare prima di riversare l’acqua nel bicchiere. Piuttosto che sottoporre una seconda volta la domanda al cliente, provare a indovinare dal numero di bollicine superstiti nel bicchiere.

17) Occorrono almeno 6 mesi per formare un cameriere come si deve.

18) Nei primi giorni di pratica da cameriere, non si può far altro che osservare gli altri, recitare da soprammobile a mani giunte (davanti o dietro al busto, a scelta), fingere di tenere tutto placidamente sotto controllo e obbedire ai colleghi esperti («Andiamo a sparecchiare il tavolo V3», mi intimava Pier, 18 anni). Mai trovarsi per più di 10 secondi da soli in una sala: potrebbero chiederti dov’è il Duomo di Modena, e non è detto che tu sappia rispondere.

19) Il bravo cameriere scorta sempre il cliente alla toilette. Quasi tutti, prima o dopo, si alzano almeno una volta. In media significa che ogni cameriere accompagna da 3 a 5 clienti in bagno a servizio. Con la coda dell’occhio, il bravo cameriere aspetta che il cliente esca per riaccompagnarlo al tavolo, agevolandone la seduta.

20) Il bravo cameriere non batte ciglio a fare i compiti più umili. Per esempio pulire la tazza del water nel caso in cui un cliente abbia bevuto troppo.

Zanatta alla mise en place

Zanatta alla mise en place

21) Parlare tra camerieri nei rari momenti di tregua si può fare, ma solo con toni sussurrati e per un tempo molto breve. Oppure a un volume più alto e più a lungo se lontani dagli sguardi della clientela.

22) Una sala fila se il maître esercita la sua autorità col sorriso: il sergente di ferro genera tremore nei sottoposti; il permissivismo eccessivo una brigata di mollaccioni. Con Palmieri la squadra lavorava e scherzava il giusto.

23) Il bravo maître è quello che, in linea di massima, dedica lo stesso tempo a ogni tavolo. Quello che s’intrattiene per la gran parte del tempo a un unico tavolo, magari di clienti importanti o influenti, non fa il suo dovere.

24) In media - tra apparecchio, sparecchio, versamento di acqua e vino, sollevamento briciole, scatto delle foto, risposta alle richieste più diverse - un cameriere interviene un centinaio di volte ai tavoli. Un cameriere al primo servizio farebbe meglio a non superare la quindicina (e a scegliere di rimuovere un piatto consumato piuttosto che servirne uno da consumare: se non sei sereno, la mano tremula potrebbe rovinare l’impiatto e l’umore del cliente).

25) «Occorre trasmettere energia positiva anche quando si solleva un piatto sporco» (Beppe Palmieri).

26) Contapassi digitale in tasca, tra pranzo e cena un cameriere in Francescana marcia per 15 km al giorno. Con punte di 23. Nei giorni più complicati, si fa in pratica più di una mezza maratona al giorno.

27) Felicità di sala è avere un chiropratico che una volta alla settimana raddrizza la schiena dei ragazzi.

28) Nel primo giorno di riposo settimanale, un cameriere è quasi sempre fuori uso: o è Robocop o tendenzialmente non riesce (o non vuole) muovere un dito. Dal 6 settembre scorso, la Francescana ha esteso la chiusura a due giorni pieni (domenica e lunedì). E il personale di sala e di cucina è più felice: ora hanno anche il tempo di organizzarsi dei viaggetti.

29) Il connubio piedi semipiatti e scarpe rigide è letale: il giorno dopo non sarei mai potuto presentarmi al lavoro.

30) Fare il cameriere è una droga: cambia la percezione del mondo e la natura delle relazioni con gli altri. La sera sono tornato dall’altra parte della barricata, seduto al tavolo. L’impulso era quello di alzarmi per aiutare i colleghi e servirmi da solo.


Zanattamente buono

Il punto di Gabriele Zanatta: insegne, cuochi e ghiotti orientamenti in Italia e nel mondo

a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt

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