Dapprincipio fu una tresca adulterina e colpevole. Poi i due amanti sono usciti allo scoperto. E ora si parla addirittura di confetti. Chef e birra. Non solo l’altro modo di bere a tavola, il lato B(irra) del bicchiere. Ma anche il modo in cui i cuochi contemporanei intendono la bevanda luppolata e maltata come ingrediente. Un ingrediente ombroso e temperamentoso. Dal carattere difficile. Forse poco mediterraneo, come sussurra qualcuno. Ma a suo modo duttile e affascinante.
Il matrimonio tra cucina d’autore e birra sarà celebrato lunedì 10 febbraio nella sala blu 2 del MiCo, a Identità Milano nella sezione Identità di Birra, in collaborazione con Birra Moretti. Alcuni chef che ci studiano da anni ci presenteranno la versione luppolata della loro cucina. Tra questi Moreno Cedroni della Madonnina del Pescatore di Senigallia, uno che l’avanguardia la indossa con disinvoltura, come un paio di calzini. “In tempi non sospetti – ci racconta – quando noi chef non eravamo nemmeno spinti a metterla in carta, io già proponevo ai miei clienti la Costoletta di rombo con impanatura alla birra chiara e la Spigola con purea di patate al tartufo nero e melanzane con spuma di birra scura”. Un abbinamento, quello tra pesce e birra, che è hardcore puro.

Daniele Usai de Il Tino di Ostia (Roma) (foto www.necessitafotografica.com)
“Mi piace quel lieve sentore di nosce moscata che la birra dona alla materia prima di mare. Ma nulla più. Del resto la birra va usata con ragione e sentimento. E’ un po’ come il tartufo: in piccole dosi esalta il piatto, ma si fa presto a rovinare tutto”. Per
Moreno però non ci sono dubbi: la birra ha dignità di ingrediente a tutto tondo. “Le sue caratteristiche risaltano nel piatto. Innanzitutto quella nota amara. Poi la ricchezza e la pienezza del sapore. Senza dimenticare quell’effervescenza così importante in una pastella”. A Milano
Cedroni proporrà un aperitivo, un secondo e un dolce luppolati. “Non svelo di più, ma chi mi conosce sa che ne farò di cotte e di crude!”.
Altro chef alle prese con la birra sarà Daniele Usai del Tino di Ostia, a Roma. Uno che spesso spiazza il cliente offrendogli una artigianale come benvenuto, magari scortata da un crudo o da un’ostrica. “In questo caso – svela – molto bene si sposa la Morbraz, una birra fresca fatta con acqua oceanica dissalata, fresca e leggera e naturalmente ricca di note iodate”. Daniele prova anche a valorizzare il suo territorio, tenendo in carta una Pils del Boa, il Birrificio ostiense artigianale. “Trovo che la birra si sposi molto bene al cibo. Come bevanda di accompagnamento, naturalmente dopo aver valutato le caratteristiche organolettiche dell’etichetta e del piatto. Ma anche come ingrediente. Spesso ne faccio addirittura la componente principale del piatto. La amo molto ad esempio nel dessert: mi piace quella nota di malto, di luppolo”.
Ostia però vuol dire mare. “Alcuni tipi di birra si accoppiano naturalmente con il pesce. Credo addirittura che si possano creare percorsi di degustazione che accompagnino un intero pasto a base di mare”. Tra le creazioni che Usai presenterà a Milano c’è un risotto in cui la birra “serva anche a portare avanti la cottura. Per questo ne ho scelto una non troppo alcolica e scarica di luppolo, per prenderne tutta la aromaticità senza caricare il piatto dell’amaro del fiore del luppolo”.

Luciano Monosilio, Pipero al Rex, Roma
E poi c’è
Luciano Monosilio di
Pipero al Rex a Roma. Uno che nel suo flirt con la birra si sente ancora ai preliminari. “In carta ho qualche piatto, come il
Carpaccio di lingua con gelatina di birra. Di essa mi piace proprio quello che altri temono, la sua nota amara. Per questo uso quelloe molto luppolate”. Semmai il cruccio di
Luciano è che i clienti non siano abituati a ordinarla in abbinamento a una cena gourmet.
“Nei ristoranti stellati come il mio nessuno guarda la carta delle birre e spesso è il patròn
Alessandro Pipero a suggerirle. E’ un retaggio culturale tipico in particolare del Centro-Sud. Birra vuol dire al massimo pizza. Mi chiedo come facciano quelle insegne che vantano una carta delle birre con 60 referenze. Ce le avranno davvero?”. A Milano il barbuto chef under 30 proporrà un ardito connubio
agnello-scampi con la correità di una
Doppio Malto e un salmone affumicato in ticket a una Grand Cru. “
Ce divertiremo”, sghignazza in romanesco. Non abbiamo dubbi.