«Hai notato come solo fino a pochi anni fa molti di noi proponevano questi piatti complicati, spinti sull’amarezza e l’acidità, difficili da comprendere? Dovevamo provocare, far vedere che sapevamo osare: alla fine quei piatti li capivamo noi e pochi altri. Adesso questa urgenza si sta placando e in molti stiamo tornando a usare anche soluzioni che magari ricordano un certo classicismo francese, accostamenti rassicuranti, inserendoli in piatti che poi comprendono anche altre influenze. Siamo più liberi, in fondo, così».
A parlare è Anthony Genovese, alla fine del primo servizio a Identità Golose Milano, dove lo chef del Pagliaccio di Roma, due stelle Michelin, sarà ospite con la sua cucina fino a sabato sera. Con un menu che rispecchia queste parole e soprattutto rappresenta lo stile che oggi Genovese propone in via dei Banchi Vecchi: i quattro piatti (più un’entrée) fanno tutti parte, a rotazione, dell’offerta attuale del suo ristorante, magari con qualche piccola variazione.

Genovese con il resident chef di Identità Golose Milano, Alessandro Rinaldi
Piatti dunque che sono direttamente influenzati dalle ispirazioni che in questo momento girano nella testa dello chef di origine calabrese: «Sto attraversando un momento in cui desidero più sicurezze, per tanti anni ho fatto una cucina spesso spinta, lavorando al massimo con le spezie, per voler dimostrare qualcosa. Credo di essere arrivato a una maturità della mia cucina, continuo chiaramente a essere attento a tutto quello che succede intorno a me, non mi sono chiuso in me stesso. Però poi colgo solo gli spunti che mi interessano davvero, non sento più il bisogno di interpretare le tendenze, come una volta appunto succedeva con i toni amari, o adesso con le fermentazioni… Ci sono delle onde, ma non devono diventare, come a volte sembra, delle regole da seguire».

Brodo di zucca, alga kombu, germogli di porro, cavoletti di Bruxelles croccanti
E cosa sentiva di dover dimostrare, invece, qualche tempo fa
Anthony Genovese? «Ricordo sempre che quindici anni fa a Roma il nostro non era un lavoro facile. Non avevamo i social per raccontarci e farci conoscere, Roma non era pronta, ma l’Italia in generale forse non era pronta a un certo tipo di cucina. Quindi ho sofferto, ho fatto fatica, e contemporaneamente volevo affermare che c’ero, che non mi importava nulla, che andavo avanti per la mia strada. Era un periodo in cui ero un gran brontolone (ridendo, ndr), mi ricordo la prima volta sul palco di
Identità Golose con
Paolo Marchi che mi misi a urlare “Roma non mi vuole, ma chi se ne importa”. Ma quando arriva una certa maturità, inizi ad ascoltare meglio, a capire qualcosa in più anche dalle critiche, e sicuramente certi grandi giornalisti mi hanno aiutato con le loro parole a volte severe. Poi se, come mi è successo, ti guardi intorno, vedi un ristorante pieno, capisci che il tuo percorso è quello giusto. E anche che quello che la gente cerca da te è una filosofia ben precisa. A 50 anni credo che un cuoco debba sapere chi è».

Cappasanta, radicchio e melagrana. In abbinamento un cocktail a base di Vodka Belvedere e ginger beer
Il frutto di questi (ed evidentemente altri) pensieri, di questa maturità di cui parla
Genovese, sarà fino a sabato 27 ottobre a Milano, in via Romagnosi 3, nel nostro Hub Internazionale della Gastronomia. Il menu si apre con un’entrée davvero seducente: «Otteniamo un brodo di zucca infornandola avvolta prima nel lardo e poi nell’alga Kombu, poi recuperiamo la polpa e la copriamo d’acqua, con diverse spezie, facendola andare a fuoco bassissimo per 3-4 ore. Poi setacciamo il brodo, senza frullare la polpa rimasta, che togliamo. Il brodo viene fatto il giorno prima e lasciato ad addensare. A questo abbiamo abbinato una verdura di stagione come il cavoletto di Bruxelles, che rendiamo croccante con una leggera rosolatura in un olio di porro. E’ un piatto che racconta del grande rispetto che abbiamo per la materia, per le verdure». Un grande inizio.

Il risone e la gallina, burro amaro e rigaglie. In abbinamento Pinot Grigio delle Venezie DOC 2017 Corte Giara
L’antipasto è un piatto in cui si bilanciano in modo molto interessante la dolcezza e l’acidità, con un tocco di amarezza:
Cappasanta, radicchio e melagrana. «La melagrana, con anche il suo sciroppo, dà questa acidità - spiega lo chef -, c’è l’amaro del radicchio, e un tocco classico con questa
nage, questo fumetto fatto con il corallo delle cappesante, che poi viene frullato con del cioccolato bianco e del mandarino, con anche le sue bucce. E’ un piatto che gioca sul filo del dolce. E la cosa non mi dispiace affatto».

Aragostella, frutto della passione e stracchino. In abbinamento Berlucchi '61 Nature DOCG 2011
Il menu prosegue con un altro piatto di grande fascino:
Il risone e la gallina, burro amaro e rigaglie. «E’ un piatto che ricorda l’infanzia, la mamma - sorride
Genovese -, con il brodo di gallina, una pastina, a cui abbiamo abbinato un burro amaro di crescione, delle creste di gallo cotte molto lentamente e i fegatini».

Ananas, cacao e pompelmo. In abbinamento Moscato d'Asti DOCG 2017 Ca' De Lion, in alternativa (con maggiorazione di 10€, Moët & Chandon Nectar Imperial)
A seguire, l’
Aragostella, frutto della passione, stracchino. «Io parto quasi sempre da un prodotto - ci spiega
Anthony - e lo lasciamo puro, semplice. In questo caso l’aragostella, appena laccata con una riduzione di latte di cocco. Lo stracchino porta con sé una grassezza che ricercavo, ma da solo sarebbe stato eccessivo. Ecco allora il frutto della passione che dà una spinta all’aragosta e l’accompagna. Poi c’è anche un elemento classico, con una bisque che definirei rassicurante, e un piccolo tortino di patate, mele e rape. E’ un piatto che al
Pagliaccio ha avuto molto successo».
A chiudere un dolce rinfrescante: Ananas, cacao e pompelmo. «Non è un dolce classico, è più un frutto mascherato. Semplicità, leggerezza». Un modo perfetto per terminare un percorso pressoché perfetto.
Informazioni e prenotazioni sul sito di Identità Golose Milano.