Ivan Cordoba, classe 1976, è una leggenda del suo Paese, la Colombia, per avere segnato il gol che nel 2001 le regalò la prima, e ancora unica, Coppa America della sua storia. Il suo nome riporta invece noi nerazzurri all’Inter del triplete, anno di grazia calcistica 2009/2010. In campo difensore, nella vita attaccante, nel senso che da sempre attacca la povertà impegnandosi in favore di chi soffre. Un’azione concreta? Nel 2005 ha fondato un’associazione per aiutare i piccoli colombiani ciechi e poverissimi. Nulla in lui lo avvicina al cliché del calciatore tutto piedi e poco cervello.

29 luglio 2001, Colombia-Messico, finale di Coppa America: Ivan Cordoba ha appena segnato il gol della vittoria colombiana entrando nella storia del suo Paese
Da un anno
Cordoba è anche ristoratore in Milano. Con tre soci, a primavera ha infatti aperto
Mitù in via Panfilo Castaldi 28, telefono +39.02.49404925. I primi mesi, a parte i problemi legati alla pandemia, solo passi e gesti leggeri per rodarsi, a inizio novembre l’inaugurazione presenti tanti volti della sua Inter, cosa inevitabile ma che lo pone davanti a un bivio: insegna per calciatori o per golosi? Sono due pubblici ben diversi e il diretto interessato non vuole proprio snobbare i secondi, coloro che escono a cena per il piacere della tavola e non scelgono in base al tifo e alle ragazze in bellavista.

Mitù, il ristorante aperto a Milano da Ivan Cordova, deve il nome a un paese dell'Amazzonia colombiana con una biodiversità ben poco notra lontano da lì, come raccontato qui
Il nome dato alla società è una dichiarazione di intenti:
Comer Bien, mangiare bene. Per quello del locale avevano invece pensato a Milonga, ma non perché rimanda al ballo e alla musica, a emozioni forti di Argentina e Uruguay, là dove le due nazioni si affacciano sul Rio de la Plata. Differenti emisferi e differenti oceani, un po’ come se in Italia guardassimo al Portogallo. Milonga come fusione tra Milano e Colombia, ma chi lo capirebbe? Nessuno, come nessuno sa che Mitù è l’ultimo paese colombiano, di nemmeno 20mila abitanti, che si incontra prima di entrare nell’Amazzonia brasiliana o il primo entrando nella parte di foresta colombiana arrivando dal Brasile.

Frutto della passione, latte di tigre e anacardi
Mitù come punto di passaggio proiettato sulla vita di milioni di persone che per scelta, ma più spesso per disperazione, cambiano spazi e orizzonti. E in questo caso la volontà di
Cordoba e di chi gli è a fianco, a iniziare da suo fratello
Andres, architetto, è quella di portare e far conoscere in Italia i prodotti e la gastronomia di casa loro, pressoché sconosciuti, ma anche tanti oggetti di arredamento e bellezza. Ha detto l’ex calciatore: «La nostra è una bella sfida, trasportare quanto di bello c’è nella nostra terra per far conoscere le nostre identità grazie anche a uno chef come
Alvaro Clavijo che se fossimo un club calcistico sarebbe il nostro fantasista».

Filetto di manzo piemontese, fagioli e peperoncini
Clavijo è il patron a Bogotà del Chato, settimo nell’ultima graduatoria dei 50 Best Sud America, a lui il compito di impostare e sviluppare l’offerta del Mitù, affidata quotidianamente a Josè Narbona Rodriguez, quarant’anni, spagnolo di Siviglia, in Italia per amore dal 2005. Andrea Beccaceci, abruzzese, già sinonimo di cucina di mare a Giulianova, è invece il restaurant manager e il sommelier. Ha detto Clavijo: «Fondamentalmente credo che un cuoco debba stare a cucinare nel suo ristorante, come io faccio da El Chato dal giorno della sua apertura. Se ho accettato questa consulenza è perché Ivan Ramiro Cordoba è un eroe nazionale. Non scorderò mai quel giorno di luglio 2001, domenica 29, quando il terzino segnò il gol che

Alvaro Clavijo, chef, e Ivan Cordoba alla serata inaugurale di Mitù a Milano. Davanti a loro, seduto a tavola, l'avvocato Filippo Ingraffia, uno dei soci del posto assieme con i due fratelli Cordoba e con Luca Monica, imprenditore della ristorazione
regalò al nostro paese la sua prima (e unica, finora) Copa America. Portava sulle spalle il numero due di
Andrés Escobar, il terzino ucciso per aver causato un autogol in una partita dei mondiali 1994. Non potevo rifiutare. Il mio desiderio? Vorrei che il pubblico milanese conoscesse il patrimonio di frutta della Colombia: ogni giorno dell’anno puoi mangiarne uno diverso».
Le premesse per convincere i milanesi a mangiare colombiano si sono, si tratta ora di aspettare un minimo di rodaggio per giudicare e scrivere delle varie proposte lontano il giusto dalla serata inaugurale tutta vip.