Oltre alle schede classiche dei ristoranti, la Guida di Identità Golose pubblica le Storie di Gola, itinerari tracciati da esperti che vivono in quella tal città o distretto, in Italia e nel mondo. Succede dalla prima edizione (2007), e ogni anno cerchiamo di legare tutte le storie a un filo comune: nell’edizione 2019, ad esempio, erano tutti suggerimenti di maitre, i signori delle sale, l’altra metà del ristorante (per fortuna sempre più considerata, dopo anni di assurdo oblio).
Il tema scelto per le Storie di Gola di quest’anno è la cucina di confine. È un soggetto che ha a che fare i muri - quelli che si erigono con frequenza sempre maggiore tra un paese e l’altro. Ha a che fare coi ponti - che non vanno di moda ma sono sempre meglio dei muri perché collegano e non dividono. Con le idee della cucina – che se ne infischiano della politica e non ammettono ostacoli nel contagioso vagare. Ha a che fare con i cuochi più illuminati - quelli che lavorano a un passo dal confine e non s’accontentano di stare al di qua. È il senso complessivo delle 8 Storie online da 2 giorni, una collezione di itinerari tra due paesi, firmati da cuochi che amano passare le dogane e che intendono il “diverso” per quello che dovrebbe essere, cioè una fonte inesauribile di opportunità e ricchezza.
L’uomo copertina è Mauro Colagreco del ristorante Mirazur in Francia, autore di un itinerario tra Mentone e Ventimiglia. Non è il nostro frontman per le 3 stelle Michelin o per il fatto di essere il primo ristorante al mondo (secondo la 50Best) ma perché è un cuoco nato in Argentina, di origini abruzzesi, sposato a una brasiliana, che cucina in Francia, letteralmente a un passo dall’Italia. C’è un concetto che ci piace particolarmente in quello che scrive Colagreco: la diversità delle culture che popolano la sua cucina non è meno importante della diversità degli ingredienti che utilizzano.
C’è un bellissimo racconto di Christian Puglisi, siciliano di madre norvegese e adozione danese: l’Øresund, il ponte che unisce Copenhagen a Malmö dal 2000, ha contribuito molto a unire danesi e svedesi. E a serrare i ranghi della sua Relae Community, un gruppo di 5 ristoranti e 130 dipendenti che conta molto sulle forze svedesi, più che danesi.
C’è la Storia di Gola firmata dal vignaiolo Josko Gravner, da sempre “figlio di nessuno” tra Collio friulano e Collio sloveno. Un estratto illuminante: «Per gli italiani eravamo i comunisti, per gli slavi i fascisti. Figli di nessuno, almeno fino al momento in cui potevano annoverarci tra gli amici perché poteva far comodo», spiega “Francesco”, «Le cose stanno piano piano cambiando ma molto, troppo lentamente. Nonostante questo, noi viviamo l’essere sul confine come una ricchezza, umana e culturale, e le tante, troppe barriere e troppi confini esistono sempre più solo nella mente delle persone che scelgono di vivere così».
C’è la storia di gola di Paolo Lopriore, tra Como e Canton Ticino: «Un tempo passavamo il confine solo per fare benzina, che costava meno, ora sappiamo che ci sono realtà da tenere d’occhio e pure un grande territorio vitivinicolo». C’è la storia di un altro cuoco italo-argentino, Paulo Airaudo tra San Sebastian e Biarritz, due paese (Spagna e Francia), una sola cultura, quella basca.
C’è l’itinerario tra Tijuana e San José, firmato a 4 mani dalla cuoca messicana Adria Marina e del food writer messicano-polacco Beniamin Chalupinski: tra Stati Uniti e Messico hanno eretto il muro più famigerato di tutti ma questo non ha mai impedito a tacos e cesar salad di scavalcarlo agilmente.
C’è un altro confine meno turbolento, ma non per questo meno divisivo, nel nord degli Stati Uniti, col Canada: Tokyo Cervigni ci racconta dell’universo Pacific North West, che accomuna Seattle e Vancouver, Stati Uniti e Canada, due paesi ma una culla unica, quella della cucina panasiatica. L’ultima Storia di Gola è anche l’unica che non varca un confine geografico, ma mentale: Fabiana Magrì ci conduce nei luoghi più golosi di Gerusalemme, città sintesi di tre confessioni: araba, cristiana ed ebraica.