09-11-2014

#MangiaPiùLumache

La rivoluzione verde a passo di chiocciola, un alimento con pochi grassi e molte proteine

Con questo piatto a base di lumache (a tutta birra

Con questo piatto a base di lumache (a tutta birra...), Christian Milone si aggiudicò nel 2012 il Premio Birra Moretti Gran Cru. Questo ingrediente, ingiustamente sottovalutato nei menu e sulle tavole del nostro paese, è sempre stato simbolo di festa per la famiglia dello chef piemontese

12mila aziende di allevamento, 120 milioni di fatturato, 396 mila di quintali di prodotti e 8.000 ettari coltivati: i numeri del mercato dell’olio? No, sono quelli della produzione di chiocciole in Italia. Un mercato che si è sviluppato negli ultimi trent’anni anni, da quando è stato introdotto il divieto di raccolta nei campi. Fino ad allora era, infatti, possibile raccogliere le lumache e questo ne faceva un prodotto di nicchia gourmet, da andare a cercare e gustare ogni volta che ce n’era l’occasione.

Tante erano le ricette della tradizione ed erano molto più presenti in tavola rispetto a quanto non accada oggi. Questo divieto ha portato però alla nascita di migliaia di allevatori concentrati soprattutto in Piemonte, Toscana e Sicilia, ma mentre la domanda di lumache come prodotto alimentare rimane piuttosto di nicchia, gran parte della produzione è invece destinata alla cosmesi che ne utilizza un sottoprodotto.

Il punto centrale e la ragione particolare per cui trovo interesse per questo alimento straordinariamente sottovalutato, non è meramente legato al gusto e all’estrema versatilità generativa di infiniti piatti, ma risiede nel potere, oggi nascosto, che le lumache hanno di cambiare (in meglio) il mondo. Questi molluschi gasteropodi, nelle mani sapienti degli chef possono, infatti, generare quella rivoluzione in cucina, che è sempre stata al centro della mia ricerca.

Una rivoluzione che, se entrasse nelle case e nella dieta di molti di noi, sostituendo in parte il contributo proteico proveniente da allevamenti intensivi di bovini, suini e pollame porterebbe a significativi benefici per l’ambiente, per la salute e per lo sviluppo dei territori. Basterebbe quindi far scoprire a chi non le ha mai mangiate che possono essere un alimento di grande soddisfazione povero di grassi e altamente proteico. A chi il compito di farle scoprire? Agli chef che oggi raramente mettono in carta le lumache.

Anche Lorenzo Cogo, al suo El Coq, ama servire piatti a base di lumache

Anche Lorenzo Cogo, al suo El Coq, ama servire piatti a base di lumache

Per caso, girovagando per mete gastronomiche, ho scoperto un ottimo piatto a base di lumache nel menu di Lorenzo Cogo a El Coq (Marano Vicentino – Vicenza) il quale mi ha raccontato di quanto ami questo prodotto straordinario che abbina con ortaggi capaci di richiamarne ed esaltarne il gusto erbaceo. Se in questo periodo passerete a El Coq potrete infatti assaggiare il Sedanino di spinaci con lumache e aglio orsino.

Questo piatto mi ha veramente conquistata, non solo per le lumache, cucinate a regola d’arte, ma anche per i gambi degli spinaci, solitamente scartati e probabilmente mai entrati come protagonisti in un ristorante di alta cucina. Lo chef gioca proprio sulla forma dei gambi che ricordano quelli della pasta per giocare sulla loro croccantezza e gusto erbaceo che ben si sposa con le chiocciole.

Anche Christian Milone, chef de la Trattoria zappatori e della Gastronavicella (Pinerolo – Torino) – ha vinto nel 2013 il Premio Gran Cru Birra Moretti proprio con un piatto a base di lumache. Secondo Christian la scarsa domanda e apprezzamento da parte del pubblico è essenzialmente legata a una scarsa cultura e promozione di questo prodotto. Mentre le passate generazioni sono cresciute con il ricordo e la celebrazione di questo prodotto, considerato una vera leccornia.

«Quando lo si trovava era una festa», ricorda Christian, riferendosi alla sua famiglia. «Per le nuove generazioni invece questo è mancato. Si è smesso di cucinarle nelle case, in contemporanea è calata l’offerta nella ristorazione. Occorre ricominciare a investire e fare cultura, in primis educando il palato». Secondo Christian il modo migliore per rieducare il palato dei consumatori alle chiocciole è proporgli questo prodotto senza che le persone debbano sceglierlo, quindi come snack iniziale o in menu degustazione a sorpresa, come accade anche al El Coq.

Luciano Monosilio, chef del Pipero al Rex

Luciano Monosilio, chef del Pipero al Rex

Interessante anche il punto di vista di Luciano Monosilio, chef del Pipero al Rex a Roma, che propone spesso le lumache nel proprio menu. L’anno scorso le abbinava con lenticchie, carrube, aglio e whisky mentre quest’anno le sta sperimentando in abbinata con il cioccolato. Lo chef mi ha confermato un grande amore per questo prodotto sia come ingrediente in cucina, sia per un valore affettivo perché era il protagonista dei pranzi in famiglia a ottobre, meritato premio dopo le scampagnate con il nonno a caccia di chiocciole.

Anche secondo Luciano lo scarso apprezzamento da parte del pubblico è dovuto esclusivamente a qualche ingiustificato pregiudizio e ad una scarsa abitudine a portarle in tavola da parte delle nuove generazioni che evidentemente preferiscono altri tipi di prodotti più “facili”. Cultura è quindi ancora una volta la parola chiave per un maggiore apprezzamento di un’eccellenza italiana e un prodotto che fa parte della nostra tradizione gastronomica e che rappresenta un ingrediente da portare in tavola e in cucina sempre più spesso sia per il gusto, la salute che per una sempre maggiore sostenibilità ambientale.


Green

Tecniche, ingredienti e iniziative della ristorazione attenta all'ambiente e agli ideali di Expo 2015, viste da Lisa Casali

a cura di

Lisa Casali

Scienziata ambientale ed esperta di cucina sostenibile, è autrice del blog Ecocucina su D di Repubblica e di 5 volumi tra cui “Tutto fa brodo”, "Autoproduzione in cucina" e "Cucinare in lavastoviglie". Ha condotto The CooKing Show su Raitre

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