Milano. Mudec. Un giorno di giugno. Piatto: Spaghetti all’anguilla affumicata (e fresco fumo leggero). Gran piatto, mi dico. Lo ordino. Come arriverà? Come sarà impiattato? Come sarà servito? Quale invenzione troveranno qui per avvicinare lo spazio iperattivo ma chiuso della cucina alla ampia silenziosa eleganza della sala? L’invenzione arriva: il piatto viene “finito” in sala. Davanti a me.
Sai che invenzione, diranno i nostri lettori più attenti e disincantati. Si è sempre fatto! In effetti…

Spaghetti all’anguilla affumicata di Enrico Bartolini
Il servizio alla russa o
guéridon, utilizzato soprattutto nella gran cucina internazionale del primo Novecento, è un servizio molto esclusivo ed era utilizzato ormai solo in occasioni particolari come i banchetti di gala, dove gli aspetti scenici e coreografici assumevano una valenza precisa. È la forma più complessa di servizio al tavolo, richiede l'intervento di personale specializzato ed è il preferito dai cultori del servizio e della sala. Si fa utilizzando un carrello (il
guéridon, appunto) che è avvicinato al tavolo del commensale al momento del servizio.
Oggi la maggior parte dei ristoranti preferisce il servizio all’inglese o alla francese, su o da vassoio, o il servizio all’italiana, direttamente in piatto dalla cucina. Ma mise en place (e mise en scene!) come quelle che ho visto al Mudec, e delle quali sto scrivendo, sono sempre più frequenti anche nell’alta ristorazione nazionale. Finire il piatto a tavola sta diventando un nuovo modo per distinguersi, oltre che nella pietanza, anche nel servizio stesso.

Antipasto all'italiana di Enrico Crippa

Popcorn di animella di Giuseppe Iannotti (foto Passione Gourmet)

La Cacio e pepe in vescica di maiale di Riccardo Camanini fotografata da Massimo Bottura e Paolo Marchi
In fondo, presentazioni particolarissime sono i dieci diversi piatti proposti contemporaneamente sul tavolo da
Enrico Crippa a
Piazza Duomo ad Alba, o le tapas su stick di
Giuseppe Iannotti al
Kresios di Telese Terme. Per non parlare della
Cacio e pepe in vescica di maiale di
Riccardo Camanini al
Lido 84 di Gardone Riviera.
Ma non solo la presentazione del prodotto: varia anche il balletto della sala, come lo chiamo io, accuratamente studiato e provato.

La sala di Spazio a Milano

Francesco Clemente affresca il soffitto del Piazza Duomo ad Alba

Pietro Caroli e Diego Rossi al Trippa di Milano
La sala
caratterizza il ristorante spesso quanto il piatto: l’ascetica essenzialità del giacomettiano bianco e nero nella sala di
Cristiana e
Niko Romito contrapposta al diverso tono e giocoso calore del personale di sala di
Spazio a Milano e
Roma; dalla scena dell’arte del soffitto di
Francesco Clemente sempre di
Piazza Duomo ad Alba, grande palcoscenico su cui si muovono magistralmente
Vincenzo Donatiello e i suoi, al mare che entra direttamente nelle sale dei ristoranti, penso a
Gennarino Esposito alla
Torre del Saracino di Vico e alla casetta di legno sull’acqua di
Mauro Uliassi a Senigallia. E cito anche la ritrovata scena quasi bucolica della trattoria moderna da
Trippa, dove la sala gestita da
Pietro Caroli si trasforma in un cenacolo di amici come succedeva un tempo nelle osterie della Bassa Veronese, mescolando e alternando le figure di oste e cuoco, tra i piatti del pirata
Diego Rossi e la sala stessa.
Per non parlare infine di sala, maître e camerieri regali del Dal Cambio di Matteo Baronetto a Torino, o della perfetta orchestra moderna diretta da Beppe Palmieri tra le opere d’arte contemporanea dell'Osteria Francescana di Massimo Bottura.

La Sala Pistoletto al Dal Cambio di Torino

Lo staff di sala dell'Osteria Francescana
Scena, balletto, luci (queste ultime sì, spesso sbagliate o inadeguate). Non più come mero contorno ai piatti, ma come supporto, esaltazione, racconto, esperienza. Come momento fondamentale di marketing del prodotto di alta ristorazione. Come particolare che sottolinea, che fa notare, che si fa ricordare. Il
come importante quanto il
cosa, in un locale.
Abbiamo insomma scritto più volte dell’importanza della sala e del servizio, di quanto costituiscano realmente l’altra parte, quella più visibile , della messinscena della ristorazione. Ma perché questo teatro “regga”, le basi debbono essere solide. Formazione in cucina, formazione in sala. Piatti veri e nuovi, presentati e serviti in modo impeccabile. Imparare a fare, imparare a servire.
Scuola, scuola, scuola. E solo allora il guéridon non ci farà più paura.