23-03-2021
Tenuta Zisola si trova a 4 chilometri da Noto
Vini siciliani dall’animo toscano. Ma non solo. Perché il progetto dei Marchesi Mazzei in Sicilia, nato quasi vent’anni fa, ha radici più profonde, e nasce dalla volontà di valorizzare i vitigni autoctoni anche al di fuori dalla Toscana, loro terra d’origine. Non un inseguimento delle mode, ma una ricerca che vuole andare alle radici della viticoltura siciliana.
È Filippo Mazzei a presentare il progetto Zisola: «È una piccola azienda alla quale io tengo molto e che, credo, abbia avuto un ruolo nell’evoluzione dei vini siciliani».
Francesco e Filippo Mazzei
Ma non si sono arresi: «Devo ringraziare la famiglia Planeta – prosegue Filippo Mazzei - che ha insistito affinché lavorassimo in Sicilia e ci ha aiutato anche in questa ricerca».
La tenuta era abbandonata
In totale la Tenuta Zisola si estende su 52 ettari, 22 a vigneto e il resto sono agrumi, ulivi, mandorli e carrubi. «La nostra prima scelta fu quella di mantenere l’alberello. Fui criticato da tutti in quanto è complicato, difficile e dal costo di gestione elevato. Oltretutto in zona era praticamente scomparso».
Filippo Mazzei cura la Tenuta Zisola: «È una piccola azienda alla quale teniamo molto»
E poi c’è l’importanza del vitigno autoctono: «Ai tempi i Nero d’Avola erano poco commercializzati e con prezzi bassi, molto intensi, molto carichi e non particolarmente lunghi - spiega Filippo Mazzei - Ma io volevo fare vini freschi: per questo l’alberello era l’ideale, con una produzione più limitata. Il grosso del risultato, infatti, è in vigna, l’importante è portare l’uva sana nel baglio. Tutto è gestito parcella per parcella, così da avere un’evoluzione delle potenzialità del vigneto. Può sembrare strano, perché all’apparenza non ci siano differenze così marcate. Eppure abbiamo visto che queste differenze ci sono, eccome».
Filippo Mazzei: «Abbiamo puntato tutto sull'alberello»
Poi c’è il Doppio Zeta 2017. «La prima annata di questo vino è del 2006, ma siamo partiti con un uvaggio, utilizzando per il 25% Syrah e Petit Verdot, forse perché non conoscevamo ancora bene i nostri terreni. Poi abbiamo individuato tre vigneti differenti, molto vicini tra loro, che ci permettevano di avere una qualità migliore. Gradualmente abbiamo ridotto le percentuali di Syrah e Petit Verdot, fino a questo 2017, Nero d’Avola in purezza, dove abbiamo cambiato anche il packaging. Un cambio di passo».
Il vino è davvero sorprendente e affascinante: anche qui i profumi, seppure di una certa intensità, non sono aggressivi, bensì eleganti e morbidi.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
di
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
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