01-02-2019
Gianni Tessari insieme alla moglie Anna Maria e alla figlia Valeria
Un’azienda, tre anime e nuove sfide. Gianni Tessari non è certo un “novellino” nel mondo del vino, ma nel 2013 è, in un certo senso, ripartito da zero.
Classe 1963, Gianni Tessari nasce e cresce nell’azienda di famiglia, la Ca’ Rugate, riuscendo anche a raccogliere vari riconoscimenti, come 14 “Tre bicchieri” del Gambero Rosso, concentrandosi sul Soave, sua zona di origine. Ma lavorando anche sui vini dei Colli Berici e, successivamente, anche sull’area dell’Amarone.
Il Metodo Classico in affinamento
Partiamo proprio dalle bollicine: il Durello (che ricordiamo viene realizzato con l’uva autoctona Durella), per diventare un grandissimo spumante Metodo Classico, ha bisogno di tempo. Tanto tempo, probabilmente più di qualsiasi altro spumante realizzato in Italia. Tanto che Tessari lo presenta in tre versioni: il 36 mesi, giustamente definito giovane, il 60 mesi, dove finalmente il Durello riesce ad acquisire una maggiore complessità ed equilibrio, e il 120 mesi, dieci anni di attesa per capire l’evoluzione definitiva di questo vino.
Il 36 mesi è tutta “farina del sacco” di Gianni Tessari (la vendemmia di riferimento è infatti la 2014), con sboccature recenti, visto che «ne facciamo circa 3 o 4 all’anno». Il vino che forse ci ha più colpiti è comunque il 60 mesi, dato il grande equilibrio che è stato creato con il tempo. Il 120 mesi è un vino comunque vivo e freschissimo, provato con due sboccature diverse: una recentissima (annata 2008) e una di due anni (annata 2006).
La "sfida" tra le bollicine
Come detto, il legame con il territorio d’origine resta molto forte: ne è un esempio il logo dell’azienda, con un disegno stilizzato che riproduce la chiesa di Brognoligo, la frazione di Monteforte d’Alpone dove è nato Tessari. Bene, il Soave resta un vino fondamentale per l’azienda, in particolare con i due Cru: il Monte Tenda e il Pigno.
Gianni Tessari presenta i suoi Soave
Ma non è finita qui: perché Gianni Tessari ha voluto anche fare un vino volutamente “non nelle sue corde”, o meglio, un po’ più lontano dal suo stile. Il ribelle in questione si chiama appunto Rebellis, ed è realizzato con il Solaris, un vitigno Piwi, acronimo di Pilzwiderstandfähig, che significa vitigno resistente alle malattie. «Ne ho un ettaro e mezzo – spiega – Ho sempre sposato la ricerca sugli incroci naturali e sulla possibilità di utilizzare questi vitigni resistenti. Da un punto di vista agronomico sono sicuramente molto interessanti e fanno molto riflettere».
Gianni Tessari e la moglie Anna Maria con una selezione dei vini dell'azienda
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
a cura di
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose