19-05-2022

"Piccola storia dei Tajarìn- Viaggio affettuoso di un piatto povero diventato ricco”: il nuovo saggio di Luciano Bertello, edito da Slow Food Editore

Da un piatto povero, è diventato la "base" prediletta del tartufo bianco d'Alba: i tajarin sono uova, farina e braccia operose. Un simbolo culturale che dalle cucine domestiche conquista anche "le stelle"

La presentazione del nuovo libro di Luciano Bertel

La presentazione del nuovo libro di Luciano Bertello "Piccola storia dei Tajarìn- Viaggio affettuoso di un piatto povero diventato ricco" edito da Slow Food Editore. Da sinistra, l'amministratore delegato Slow Food Editore, Carlo Bogliotti, Carlo Petrini - fondatore di Slow Food e prefattore del saggio, Luciano Bertello, autore del libro, e Davide Rampello, direttore artistico e regista televisivo

Da pochi giorni in libreria è possibile trovare "Piccola storia dei Tajarìn- Viaggio affettuoso di un piatto povero diventato ricco” scritto da Luciano Bertello edito da Slow Food Editore.

È stato presentato ad Alba, presso il Palazzo di Banca d’ Alba, il rinomato istituto di credito cooperativo che ha sostenuto il volume, permettendo all’ autore di presentare questo bellissimo e imperdibile progetto editoriale. Un saggio dedicato a questo piatto iconico delle Langhe, del Roero e del Monferrato.

Il volume della collana AsSaggi, composto da 176 pagine, è proposto al pubblico a un prezzo di euro 14,50

Il volume della collana AsSaggi, composto da 176 pagine, è proposto al pubblico a un prezzo di euro 14,50

Luciano Bertello, dna piemontese, insegnante per una vita, storico, è autore di centinaia di saggi sulla sua terra ponendo al centro la memoria e l’identità contadina senza mai dimenticare la storia, il grande filo conduttore di questo libro. In questo volume si evidenzia un mosaico di personaggi, eventi, vicende storiche legati da ricette essenziali per creare questa pasta fresca all’uovo che da piatto semplice del pranzo di famiglia è diventata pietanza di spicco per la gastronomia internazionale grazie all’incontro con il tartufo bianco di Alba. Ingredienti semplici quelli dei tajarìn: farina e uova, sempre disponibili in cascina; braccia femminili generose; un pollo o un coniglio pronti al sacrificio. Cita Carlo Petrini, fondatore di Slow Food e prefattore del saggio: «I tajarìn sono una vivanda che ha saputo attraversare i secoli grazie alle più elevate forme di personalizzazione e all’ alto valore culturale che ha portato in sé. Non esiste alcuna forma di innovazione ben riuscita che non ponga le sue basi sul solido concetto di tradizione». Nei paesaggi viticoli di Langhe-Roero e Monferrato, riconosciuti dall’Unesco patrimonio dell’umanità, non si può scordare una tradizione casalinga: alla figlia che va sposa, la mamma regala la gloriosa macchina Imperia per tirare e dare forma alla pasta.

La storia della gastronomia ha permesso a Bertello di trovare documenti che attestano la presenza dei tagliarini, tagliatelli, tagliolini nell’ arte delle tavole già nella seconda metà del Quattrocento. Se le tagliatelle sono usate per tutte le corti e tavole italiane, i taglierini sono esclusivi del Piemonte e della Liguria. Tra l’Ottocento e il Novecento spariscono totalmente dai menu dei ristoranti dimostrando, ancora una volta, il loro carattere di cucina contadina e di osteria.

La genialità di Giacomo Morra nel 1929 fa nascere la Fiera del Tartufo di Alba, manifestazione destinata a rivoluzionare il mondo della ristorazione per Alba e tutta la zona. Ecco che l’iconico piatto di tajarìn e tartufo bianco d’ Alba rappresentano una vivanda che ha fatto il giro del globo terracqueo portando quel Piemonte oltre Oceano insieme ai grandi vini. Una ricetta che diventa il manifesto dal 1967 per l’Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei vini d’ Alba. È essenziale rilevare che il tempo ha fatto comprendere non solo l’importanza della qualità della farina e il dosaggio delle uova, ma risulta fondamentale soffermarsi anche sulla qualità dell’acqua di cottura dei tajarìn. Un elemento sostanziale visto che non vi è traccia di acqua nell’impasto. Il colore dei tajarìn è il giallo del sole estivo, sfumature che derivano dalla razza e dall’alimentazione delle galline. Oggi si parla di 40 tuorli per un chilo di farina ma ogni cucina ha una ricetta codificata.

Se a Barbaresco all’ Antica Torre la ricetta prevede 20-22 tuorli per chilo di farina, zero acqua, sale e olio, a Cossano Belbo da Camulin, Antonella Giordano, erede depositaria della ricetta di nonna Rosettina, usa 30 tuorli d’uovo per chilo di farina senza aggiungere altro, e impasta ogni giorno con le farine del vicino di casa, Mulino Marino, tagliandoli a mano con l’essia della nonna, un coltello senza punta ricavato dalla lama usurata della falce. Spostandoci in Monferrato alla Trattoria dei Bologna di Rocchetta Tanaro la pasta dei tajarìn si prepara con 10 uova per chilo di farina. Poi ci sono i cosidetti tajarìn delle stelle ossia il percorso nelle cucine stellate è molto diverso: le uova diventano grammi, gli albumi elasticità, i tuorli croccantezza. C’è un grande studio di apporti calorici visto che il piatto di tajarìn rientra spesso in menu degustazioni  e non l’esclusivo protagonista della tavola. Proprio Enrico Crippa a Piazza Duomo in Alba, tre stelle Michelin, crea il suo tajarìn con una miscela di farine di grani selezionati e biologici macinate a pietra dal mulino Sobrino di La Morra: 9 etti di semola, mezzo chilo di tuorli d’ uovo e 8 uova intere, niente sale e niente olio. Davide Palluda a Canale chiosa: «I miei tajarìn sono farina, tuorli, energia positiva. Utilizzo solo farine senza residui di ceneri con un 20-30% di semola di grano duro per accogliere e trascinare meglio il sugo; esigono un rapporto del 68% di tuorli per chilo di farina, pari a 30-32 tuorli; devono riposare sottovuoto per 12 ore per evitare ogni rischio di ossidazione».

Afferma Luciano Bertello: «Questa nostra terra visitata da turisti di tutto il mondo deve essere narrata attraverso i racconti di chi l’ha fatta crescere. Quindi, le persone sono i migliori ambasciatori delle ricchezze del Piemonte. Io mi sono cimentato nel trasformare queste testimonianze in capitoli, narrando quello che accade sulle colline del vino e del tartufo. Qui, i tajarìn marcano il tempo e i luoghi».


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a cura di

Cinzia Benzi

laureata in psicologia, è stata rapita dalla galassia di Identità Golose. Se lo studio del vino è la sua vita, la vocazione di buongustaia è una scoperta in evoluzione

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