20-06-2021
Mauro Uliassi e Giovanni Gaggia, dal loro incontro è nato un libro per Maretti Editore. Foto Federico Pollini
Le ricette ci sono, ventuno, ma non è un ricettario e non è nemmeno un volume che racconta i pensieri e le emozioni che muovono uno chef dello spessore di Mauro Uliassi. Non è certo un libro facile fin dall’impaginazione, bisogna imparare a muoversi tra il mondo meno immediato del ristoratore marchigiano, di Senigallia, e quello del suo ospite, Giovanni Gaggia, marchigiano a sua volta ma dell’interno, della collina, un artista che arriva da Pergola in provincia di Pesaro Urbino, cittadina alle spalle della stessa Senigallia, distanti tra loro circa una quarantina di chilometri.
Mauro Uliassi visto da Lido Vannucchi
Libro complesso, alla cui realizzazione hanno contribuito in tanti a iniziare da Uliassi e Gaggia. Quindi la prefazione di Massimiliano Tonelli e i testi di Antonio Paolini, Marcella Russo e Maria Paola Poponi che, ascoltandoli durante la presentazione lunedì 14 giugno alla trattoria Da Lucio a Rimini, chef Jacopo
Ticchi (inciso: Lucio è suo figlio), hanno dovuto convivere con un ostacolo alto così: l’essere, entrambi i protagonisti, marchigiani e della metà oltre Ancona, direzione Romagna. Ci sarebbero stati più contrasti se Mauro avesse scelto di coinvolgere un ascolano o, addirittura, qualcuno da fuori regione.
Il loro viaggio, causa anche la pandemia, è durato ben più del previsto, tre anni, un cammino lungo, intenso e meditato. Il tutto partendo dal cuoco, che ha scelto ventuno sue preparazioni, otto antipasti, quattro primi (compresi gli Spaghetti affumicati, vongole e pendolini arrostiti che non vede l’ora di celebrare l’anno prossimo a Striscia la notizia), sei secondi e tre dolci. Sembrano molti di più per via delle traduzioni e l’avere separato pensieri ed emozioni suscitate dalle inevitabili note su ingredienti e procedimento.
Mauro Uliassi e Jacopo Ticchi davanti ai frigoriferi nei quali Ticchi stagiona il pesce che poi servirà ai clienti della trattoria Da Lucio. Foto Federico Pollini
Grande l’impegno profuso da tutti per rimanere nel solco del vero, di una reale concretezza. Personalmente, non credo molto nel cuoco che copia un’opera d’arte. Lo ritengo facile e poco suggestivo, quasi un falso d’autore. E in genere il risultato è poco goloso perché in cucina si presta più attenzione a copiare la forma di un quadro o di una scultura, più esteriorità che anima.
Pubblicazioni e novità editoriali del pianeta gola
di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi