16-01-2016

Il Cotoletta Day tra storia e miti

Domenica 17 gennaio a Milano e nel mondo verrà festeggiata con o senza l'osso. Intanto Radetzky...

E nove! Per la nona volta il Gruppo Virtuale Cuochi Italiani organizza quella che io chiamo la giornata dell’orgoglio della cucina italiana, nel mondo nella stessa Italia. La data è sempre la stessa, il 17 gennaio che quest’anno cade di domenica. Il meccanismo è tanto semplice quanto efficace: di volta in volta viene scelto un capolavoro del Buon Paese e tutti gli iscritti, ma anche amici e giornalisti, chiunque insomma, sono invitati a inserirlo in carta il giorno di Sant’Antonio Abate, quello del fuoco di Sant’Antonio ma anche il protettore di maiali, macellai e salumai.

Per il 2016 la scelta è caduta sulla Costoletta alla milanese. E subito si sono aperte le discussioni: con la t o senza? Costoletta o cotoletta? Non è un problema marginale perché balla l’osso senza il quale una costoletta diventa una cotoletta, più pratica ma meno divertente da mangiare perché non puoi usare, dopo le posate, anche le mani. Poi il confronto sulla carne: a Milano e zone limitrofe di vitello, ma in tanto altrove anche di maiale, molto gustoso. Senza scordarsi che da diversi anni dilagano anche quello di pollo, soprattutto in pausa pranzo al bar. Ne ho mangiate anche di piccole, di vitello, in carpione come le sarde in saor per capirci, ad esempio alla Trattoria Milanese di via Santa Marta. Gualtiero Marchesi ha pensato a cubi di milanese, tutti croccanti. Una genialata.

Al tema il giornalista Rosario Scarpato, leader del GVCI assieme con lo chef Mario Caramella, ha scritto un testo che mette ordine in diverse verità storiche e tante bufale che suonano bene e pertanto non le fermi mai. Lo ringrazio e lo riprendo in larga parte: “Le origini della Costoletta alla Milanese sono radicate in quei Lombolos cum panitio, cotolette impanate e fritte, che furono offerte dall’Abate della Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, nel lontano 17 settembre 1134. Ambrogio, Vescovo e Console di Roma, tutt’ora il Santo Patrono della città, e proprio quel giorno ricorreva la festività di San Satiro, suo fratello. Come riporta Pietro Verri nel suo libro Storia di Milano, il piatto apparve nel menu di nove portate di cui era composto il banchetto offerto ai canonici della basilica per l’occasione.

In pieno Expo 2015 a Milano, il Wall Street Journal è andato alla ricerca delle migliori cotolette nella città dell’Esposizione Universale. Il giornalista Eric Sylvers ne ha esaltate 5 di altrettante trattorie meneghine

In pieno Expo 2015 a Milano, il Wall Street Journal è andato alla ricerca delle migliori cotolette nella città dell’Esposizione Universale. Il giornalista Eric Sylvers ne ha esaltate 5 di altrettante trattorie meneghine

Come tecnica culinaria la impanatura o panatura - a base di pane grattugiato, per ottenere fritture dorate e croccanti - ha una lunga storia in Italia, forse anche a causa del mito che circolava nell’antichita’ intorno all’uso dell’oro in cucina. Un rimedio ridicolmente costoso e ovviamente disponibile solo nelle cucine di re e di pochi fortunati mortali. Tutti gli altri invece si dovevano accontentare solo del colore dell’oro. Questa è probabilmente anche una delle ragioni della diffusione della tecnica dell’impanatura. Non a caso, Martino de Rossi, in arte Maestro Martino da Como, il primo celebrity chef della storia secondo Wikipedia, si preoccupava del “colorito”, quando forniva chiare istruzioni su come impanare i lombolos, che venivano ancora cucinati allo spiedo. Nel 1492, lo stesso anno in cui Cristoforo Colombo scoprì l’America, il Maestro inserì i lombolos nel suo libro De Arte Coquinaria, consigliando di cucinare a fuoco lento la carne, ancora lontana dall’essere chiamata costoletta o cotoletta.

Il primo riferimento alla cotelètta, dal dialetto milanese cutelèta, apparve solo nel 1814 nel dizionario dialetto milanese-lingua italiana scritto da Francesco Cherubini e pubblicato dalla famosa Regia Stamperia Imperiale di Milano. Nel dizionario il piatto viene definito cotoletta, ma vi e’ un ovvio riferimento alla costoletta, perche’ il nome ha una chiara origine francese. Deriva infatti dalla parola côte o côtelette, carne di vitello prelevata dalla costola con l’osso, che in italiano corrisponde a costa, costola o costoletta.

L'immensa cotoletta dell'Antica Macelleria Ghioldi a Modena, 36 centimetri di bontà. Molto probabilmente viene superata solo dalla costolettissima dei fratelli Cerea Da Vittorio a Brusaporto vicino Bergamo

L'immensa cotoletta dell'Antica Macelleria Ghioldi a Modena, 36 centimetri di bontà. Molto probabilmente viene superata solo dalla costolettissima dei fratelli Cerea Da Vittorio a Brusaporto vicino Bergamo

Ne è la riprova il fatto che le côtelettes impanate e dorate siano presenti nei libri di cucina francesi dall’inizio del XVIII secolo, compreso il fondamentale La science du maitre d’hotel del 1749. Lo storico della cucina Massimo Alberini lo segnalò in un articolo e menzionò che, quando queste côtelettes arrivarono in Italia, all’inizio del XIV secolo, furono chiamate in italiano “Cotolette della Rivoluzione francese”. La cotoletta rivoluzionaria doveva però essere marinata in burro fuso con sale, pepe, chiodi di garofano ed erbe fini e poi passata per farina, uova sbattute e pangrattato, prima di essere fritta. In altre parole, il suo metodo di preparazione (e anche alcuni ingredienti) era abbastanza diverso da quello della primissima ricetta della Costoletta alla Milanese mai pubblicata, che apparve nel 1855 nel libro Gastronomia Moderna, di Giuseppe Sorbiatti.

La ricetta si intitolava “Costoline di vitello fritte alla milanese”:  le parole Costolina e Costoletta in italiano sono all’incirca la stessa cosa. Il metodo di preparazione di quella ricetta richiedeva che le costolette fossero immerse nelle uova sbattute, ricoperte di pangrattato e fritte nel burro fino a raggiungere la doratura. L’autore suggerisce una frittura a fuoco lento. Utilizza le parole “calor biondo” e “soffriggere a fuoco lento” per dare l’idea di come procedere. Non esisteva ancora il burro chiarificato, che fu poi utilizzato per il suo punto di fumo più alto. La ricetta di Sorbiatti suggeriva di servire la carne con lo stesso burro fuso nella quale era stata cotta, con l’aggiunta di fettine di limone.

Cotoletta o costoletta? Come abbiamo visto finora, nel caso del dialetto milanese, le parole si riferiscono alla stessa ricetta. E’ per questo che nei libri di cucina e nella letteratura culinaria è possibile ritrovare entrambi i termini. E il 17 marzo 2008, la dichiarazione del Comune di Milano della Costoletta alla Milanese come De.Co – Denominazione Comunale - ha fatto definitiva chiarezza. Il protocollo fornisce anche le linee guida per la preparazione di un’autentica Costoletta alla Milanese che per cominciare deve avere uno spessore di 3-4 centimetri.

La celeberrima versione a piccoli cubi della Cotoletta alla milanese di Gualtiero Marchesi, ora servita al Marchesino in piazza della Scala a Milano

La celeberrima versione a piccoli cubi della Cotoletta alla milanese di Gualtiero Marchesi, ora servita al Marchesino in piazza della Scala a Milano

Il termine Costoletta in verità valorizza l’identità del piatto e la sua ricetta originale. Troppo spesso è stato utilizzato per descrivere una preparazione molto più simile a quella della Wiener schnitzel, che non ha molto a che fare con la Costoletta. Tanto per cominciare la schnitzel, Piatto nazionale austriaco, in italiano dovrebbe essere chiamata semplicemente Scaloppina alla Viennese o Fettina impanata. Infatti viene preparata con un differente taglio di carne di vitello o addirittura di maiale.

Come chiarisce la storica della cucina Silvia Tropea Montagnosi: “La vera cotoletta è una costoletta con l’osso tagliato tra la prima e la sesta costola del lombo di un vitello da latte”. Infine, la shnitzel è molto sottile, un centimetro, e viene battuta con vigore prima di essere cotta, mentre la Costoletta Milanese è spessa e solo leggermente battuta. Infine la prelibatezza austriaca viene spesso fritta nel grasso di maiale piuttosto che nel burro. E’ pertanto totalmente irrilevante quale dei due piatti sia stato creato prima e quale abbia influenzato l’altro. Si tratta di inutili dispute fondate su fuorvianti istanze patriottiche. Per non parlare delle fonti inesistenti, come l’impossibile lettera del Maresciallo Radetzky, comandante dell'armata austriaca in Italia dal 1831 al 1857 che descrive la scoperta della Costoletta alla Milanese a un luogotenente mai esistito.

I migranti italiani tra il XIX e il XX secolo portarono in giro per il mondo la tradizione italiana della fettina panata o scaloppina alla Viennese che domani verrà celebrata nel pianeta intero. A Milano, ad esempio, festa grande al LaGare Hotel in via Pirelli 20, telefono +39.02.8725241, con decine di cuochi, chef e media. Si parlerà di coto-costoletta e se ne gusteranno a iosa. Tutto a partire da mezzogiorno, prezzo fisso 30 euro con prenotazione al numero +39. 02-87252440. Queste le figure che ci delizieranno: Andrea Aprea, VUN Park Hyatt Hotel; Tommaso Arrigoni, Innocenti Evasioni; Enrico Bartolini, Ristorante Devero; Nicola Cavallaro, Un posto a Milano; Marino D’Antonio, Opera Bombana a Pechino; Enrico Derflingher; Felix Lo Basso, Unico Milano; Marco Sacco, Piccolo Lago a Mergozzo; Theo Penati, Pierino Penati a Viganò Brianza; Aira Piva da Dubai; Matteo Scibilia, Osteria della Buona Condotta e Tano Simonato, Tano passami l’olio.


Primo piano

Gli appuntamenti da non perdere e tutto ciò che è attuale nel pianeta gola

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
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