IG2023: signore e signori, la rivoluzione è servita

28-01-2023

Andoni Luis Aduriz, la rivoluzione dell'imprevedibilità. Sfidando l'ovvio da 25 anni

Le idee dello chef del Mugaritz sul palco dell'auditorium: «Una delle cose che ci distingue dal resto degli animali è la capacità tutta umana di anticipare cose che non esistono, immaginare. Chi non si preoccupa del suo futuro non ha futuro»

Andoni Luis Aduriz al centro, con Paolo Marchi a d

Andoni Luis Aduriz al centro, con Paolo Marchi a destra e il giornalista Rafael Tonon a sinistra (foto Brambilla/Serrani)

Non poteva l’apostata della cucina basca, il profeta del dis-algoritmo, lo scandaloso predicatore del primato delle testure sul gusto, mancare la scena di un congresso di cucina consacrato alla rivoluzione. E se fosse mancato, più che una omissione sarebbe stata una bestemmia.

«Nel 2005 fu protagonista di una lezione che ci incantò – Paolo Marchi nell’introdurre Andoni Luis Aduriz – stupefacentemente avanti nella parte scientifica e di pensiero, quando i nostri cuochi faticano a superare il muro delle tradizioni». La sottolineatura è nel predicato al presente indicativo. Pane al pane e vino al vino. Accadeva «18 anni fa, 18 chili in meno, 18 milioni di neuroni in più», ha attaccato Andoni. Il mattatore del Mugaritz ha spiegato come buttare il cuore oltre l’ostacolo, esercitare la creatività e mettere a dimora le pre-condizioni perché il cliente partecipi attivamente di quell’esercizio è pratica consustanziale al Mugaritz stesso. Una forma mentale, più che un esercizio di stile. Una necessità speculare alle tappe evolutive della società stessa.

L'auditorium pieno per la lezione dello chef spagnolo

L'auditorium pieno per la lezione dello chef spagnolo

La cucina segue i movimenti tellurici che interessano il pianeta, ha spiegato, scandendo l’effetto domino planetario che in rapida sequenza ha determinato il Maggio francese (1968), la nascita della Nouvelle cuisine (1972) e dunque l’ingresso di diritto dell’alta cucina basca nell’alta cucina tout court (fino a quel momento occupata esclusivamente dalla Francia). Correva l’anno 1976 e Francisco Paulino Hermenegildo Teódulo Franco y Bahamonde, il caudillo di Spagna, aveva infine tirato le cuoia nel novembre precedente dando la stura alla fame di libertà che aveva ostruito i polmoni di una nazione intera per poco meno di quarant’anni.

Poco più di vent’anni dopo il Mugartiz apre i battenti. È il 1998 e sin dal principio pare evidente l’incedere per ampie falcate, scalzando luoghi comuni, sfidando l’ovvio, familiarizzando con l’imprevedibilità. Ma con classe. «Questo è il menu degli inizi», indicando a dito le slide a supporto della narrazione, «una sequenza apparentemente canonica di primi piatti-carne-pesce-formaggio-dessert».

E invece proprio no. «Il cambio di paradigma è stato quello delle sottigliezze che in un mondo come il nostro pieno di chiasso e di rumore non vengono considerate un esercizio sovversivo. È un errore. In quel menu non abbiamo fatto altro che togliere gli spazi fra le portate, col risultato che il menu diventa più lungo e più stretto intensificando il dialogo fra i prodotti». Ovvero rendendo irriconoscibile la sequenza fino a quel momento considerata logica o il cambio di passo fra proteine e verdure.

Lo chef poco prima di salire sul palco dell'auditorium

Lo chef poco prima di salire sul palco dell'auditorium

È solo l’incipit di un percorso lungo venticinque anni dove nulla è mai come appare, dove il cuoco basco lancia nell’orbita della cucina mondiale piatti come Edible stone (patata ricoperta di argilla), un due volte provocatorio Michelin man di marshmallow stecchito in una salsa di vino ossidato, ovvero uno schiaffone di rancida dolcezza inferto a mano aperta (come solo la Michelin). Oppure il Veg carpaccio, ovvero l’anguria che sembra carne e invece è proprio anguria (Adesso la fanno tutti? Andoni l’ha fatta per primo).

Capitoli di un’epopea dello spiazzamento mai fine a se stesso: «Una delle cose che ci distingue dal resto degli animali è la capacità tutta umana di anticipare cose che non esistono, immaginare. Chi non si preoccupa del suo futuro non ha futuro».


IG2023: signore e signori, la rivoluzione è servita

Sonia Gioia

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Sonia Gioia

Cronista di professione, curiosa di fatto e costituzione, attitudine applicata al giornalismo d’inchiesta e alle cose di gusto. Scrive per Repubblica, Gambero rosso, Dispensa

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