Segnatelo per l’autunno a Milano: via Orti angolo Curtatone, ben più vicino quindi alla circonvallazione di viale Caldara che a corso di Porta Romana. Dove c’era una latteria, ora tutte le vetrine sono chiuse da un cartellone che raffigura un muro in mattoni di argilla e sopra la scritta: «Qui sta nascendo qualcosa di buono» e quel qualcosa di buono sarà il terzo locale, dopo Contraste ed Exit, di Matias Perdomo e dei suoi soci Simon Press e Thomas Piras.

Una foto amarcord per Matias Perdomo ai primi passi da cuoco in Uruguay, quarto da sinistra, in seconda fila
Lì dopo l’estate e prima di Natale, aprirà
Exit pastificio urbano. Ma pastificio non nel senso di bottega di paste fresche da asporto e magari qualche consumazione al volo.
Perdomo, uruguagio, classe 1980, a Milano dal duemila, ha avuto una splendida idea: un ristorante di sole paste, tutte. Ma non il solito tran tran pastaiolo senza anima, non sarebbe da lui e da chi condivide i suoi stessi orizzonti e propositi.

Tocco in testa per Matias Perdomo baby chef a Montevideo
C’è tanta nobiltà nel progetto che parte da una constatazione semplice semplice come ha detto lo stesso
Matias: «Se a Milano uno volesse andare a mangiare un signor piatto di spaghetti e poi un buon piatto di pasta ripiena, dove va? Milano accoglie tutte le cucine del mondo, ma manca un’insegna che sia solo di pasta. Chi desidera pesce sa dove prenotare e anche per una gioia a tutta carne, da qui il nostro
Pastificio Urbano per comporre una galassia di paste». Pronto già lo slogan, efficace: Secondi a nessuno.

In quello che diventerà Exit Pastificio Urbano, la vecchia insegna della latteria tra via Orti e via Curtanone aspetta di essere portata via
Tutto era partito prima della quarantena e tutto riprende adesso: «La cosa che costa di più è pensare e io sono partito da due constatazioni. Una generale: tutti, ovunque nel mondo, conoscono la cucina italiana, piace perché simpatica, colorata, gustosa, mai noiosa. La seconda mi riporta a una famosa considerazione di
Alessandro Negrini a
Identità Golose: se in un menù di oggi mangi 18 piatti e piattini e mai uno di spaghetti, vuole dire che erano 18 antipasti. Voi sentite di avere pranzato o cenato con i carboidrati. Noi in Sud America l’esatto contrario: noi o abbiamo avuto la carne o abbiamo saltato».
Si tratta di fare uno scambio di culture e questo è ben più facile per chi arriva da lontano e non rischia di restare imbrigliato nelle reti tese dalle mille nostre tradizioni.
Matias però non è digiuno di Italia: «Da ragazzo mi presero in cucina da un posto italiano di Montevideo che si chiamava
Paninis. Che non faceva panini ma suonava bene. Avevo diciott’anni e fu lì che mi venne l’idea del ristorante di pasta, vedendo quanto lavoravamo e quanto la gente non era mai stanca».
Tanta gavetta, tanta pazienza ma anche tante ambizioni: «Quando iniziai, lì la cucina era in un sottoscala e i fuochi quattro appena. Pentole sempre fumanti e i sughi di base sempre pronti. In carta la pasta alla Caruso, peperoni, peperoncino e zucchine fritte che chissà cosa avrebbe detto
Caruso se li avesse ordinati. Poi le fettuccine Alfredo, burro e parmigiano, la Puttanesca con aglio, olive e capperi. Tutto insomma e io mi chiedevo ma la gente, quanto mangia? Tanto perché
Paninis crebbe molto, il titolare ne aprì altri due, uno al teatro
Solis di Montevideo e un altro ancora a Punta dell’Este, 180 coperti e tutti prenotati da ricchi argentini».

Matias Perdomo a un tavolino esterno di Exit in piazza Erculea a Milano
In quei due anni,
Perdomo imparò l’arte e la mise da parte. Ora gli torna utile per riportare in vita un pubblico esercizio che avrà un doppio ingresso e ampi spazi per godere di proposte che, curate da
Claudio Rovari, attuale chef di
Exit casa madre così come
Andrea Zoggia lo seguirà per sala e cantina, segneranno una sfida al resto della ristorazione meneghina ma anche italiana nel suo complesso perché finora abbiamo ragionato con i carboidrati inseriti come un cuneo goloso tra antipasti e secondi. Qui invece, fuori i secondi.