20-02-2016

Il decalogo del bravo cameriere

La regola principale? La mattina ci si lava, anche le ascelle. E poi si indossa una camicia pulita

Un classico della ristorazione che non conosce il

Un classico della ristorazione che non conosce il passare degli anni: niente primi piatti serviti già belli, buoni e pronti nella fondina di ogni singolo commensale, ma tutta la pietanza portata a tavola in un vassoio e poi serviva cliente dopo cliente, in questo caso spaghetti pomodoro e basilico. Appetitosissimi

Il problema della sala e del servizio, lo sentiamo ripetere da anni e anni. Ma cosa davvero non ci sta bene in un cameriere e non solo lui? A me sono venute in mente 10 cose da evitare per far contenti i clienti.

1. La mattina ci si lava da capo a piedi, il corpo intero, non giusto le mani e il viso. E lo si fa usando shampoo e sapone, l’acqua da sola non basta. E se proprio il tempo è tiranno perché non hai sentito la sveglia, rinunci alla colazione ma non a lavarti le ascelle. E una volta che si sarai asciugato, indosserai una camicia pulita altrimenti è inutile farsi una doccia se poi rimetti lo stesso capo del giorno prima. Puzza, e tu puzzerai a tua volta.

2. Sul lavoro non si fuma, da quando si prende servizio a quando si smonta. Fuma lo chef? Chissenefrega, lui sbaglia e tu sbagli a imitarlo. E’ una questione di igiene, visto che prenderai in mani dei piatti, a volte pure pieni di cibo, e di rispetto del cliente. Si torna forzatamente al primo punto: chi fuma puzza, di sigaretta e non di sudore, ma sempre cattivo odore è. Matita blu.

3. Ti scappa e vai in bagno a farla? Giustissimo, poi però ti lavi le mani per favore. Sembra di dire una cosa scontata, ma non lo è affatto. Troppi pensano che la loro pipì sia parente stretta dello Chanel N°5 ma non lo è affatto. Figuriamoci il resto.

4. Sul posto di lavoro si lavora, non si chatta con la ragazza o si cazzeggia con i colleghi mentre i clienti al tavolo aspettano che il bicchiere sia riempito o la fondina sporca portata via. Capisco le pene d’amore o le ansie per la squadra del cuore che non vince da tre turni, ma se sei in orario di lavoro lavori. Il privato lo lasci nello spogliatoio quando arrivi e lo riprendi all’uscita.

5. Il ciao signore come stai? sta bene solo in Salento.

6. Se non capisco cosa sia quella certa sferetta verde nel piatto che mi hai appena servito e ti chiedo lumi, tu non rispondi non lo so, vado in cucina a chiederlo. Devi saperlo, altrimenti cosa ci stai a fare in sala? Per muovere aria camminando? Spazzolare bambole?

7. Acqua e vino? Bicchieri colmi il giusto per favore, senza che debba ricordartelo in continuazione. Capisco che è ben più piacevole osservare il sole fuori dalla finestra o chiacchierare con un collega di quello che sogni di fare nel giorno di riposo, ma io pranzo e bevo ora e ora vorrei essere servito. Non quando fa comodo a te.

8. La salvietta “profumata” per nettarsi le mani, quelle schifezze sintetiche chiuse in una bustina portate in tavola dopo che hai mangiato un pollo arrosto o un fritto misto senza usare le posate, vanno giusto bene in aereo (a patto di non essere in prima) o sul Frecciarossa. Al ristorante ciotole di acqua tiepida, possibilmente con una fettina di limone. Superflui petali di rosa. Si può anche prendere esempio da cinesi e giapponesi di buon livello e porgere delle salviette di spugna umide e calde, ma mai e poi mai le bustine.

9. Lo so che mi chiedi tutto bene? senza convinzione, giusto per rompere il silenzio, ma se poi ti rispondo mi ascolti per favore, non mi volti le spalle e te ne vai lasciandomi lì come un pirla qualsiasi. E se non lo chiedi è meglio, perché il più delle volte uno risponde bene grazie giusto per cortesia, ma potrebbe anche darsi che non vada tutto bene. Vuoi davvero sapere la verità?

10. E così arriviamo ai saluti. Mai e poi mai sollecitare gli ospiti a scrivere nei social la loro opinione perché facciano pubblicità al tuo locale. A parte dev’essere un gesto spontaneo, sei davvero sicuro si siano trovati bene? Guarda che un conto è esprimere un giudizio dal vivo, faccia-a-faccia, e un altro scatenarsi in un sito nascondendosi magari dietro a uno pseudonimo. Può uscire di tutto e quel tutto può poi far danni. Lo stesso dicasi di eventuali articoli o tweet. Mai giudicare la competenza di un critico o di un blogger dal voto. Facile farsi piacere solo quelli positivi, la verità è nascosta anche in quelli negativi. E, in ogni modo, è sempre la stessa persona, prezzolata o corretta che sia.


In sala

Il lato pubblico del ristorante visto dai suoi protagonisti: maître e camerieri

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
instagram instagram.com/oloapmarchi

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