06-12-2017
Foto ricordo per mamma Bruna e i suoi cinque figli alla presentazione a Bergamo del libro Mondadori dedicato a una delle più grandi famiglie della ristorazione mondiale: Da Vittorio, storie e ricette della famiglia Cerea. Da sinistra: Bobo, Chicco, Francesco, Rossella, Barbara e la loro madre. Ma Chicco dov’è? C'è ma in pratica non si vede, lì dietro a Francesco. Aguzzando la vista, spunta la sua spalla destra sopra quella di Francesco e le mani di Bobo. Foto Paolo Marchi
Il titolo, Da Vittorio, storie e ricette della famiglia Cerea, non poteva non evidenziare i protagonisti di una realtà ristorativa che sfiora l’unicità, nata nel 1966 a Bergamo e trasferitasi nel 2005 nella vicina Brusaporto, da zero al firmamento (g)astronomico mondiale partendo da panini che oggi definiremmo gourmet e che oltre mezzo secolo fa erano novità a tutta acquolina. Con i figli formidabili a portare ancora più in alto quanto ricevuto dai genitori. In Italia un solo altro caso, quello degli Alajmo in Veneto. Una stella mamma e papà, due e poi tre la generazione seguente.
Quello autentico è però un altro e lo troviamo, dopo i saluti di Daniel Boulud e Joan Roca (ecco un’altra grande famiglia, catalana per la precisione), a pagina 15 del volume curato da Mondadori, ora in italiano e da febbraio pure in inglese: Essere un Cerea. Che
Tutto perfetto e intenso nello scatto di Giovanni Gastel. Da sinistra Bobo, Rossella, mamma Bruna, Barbara, Francesco e Chicco Cerea
Essere un Cerea: Bruna, Enrico, Francesco, Barbara, Roberto e Rossella. La madre i cinque figli avuti con Vittorio, salito in cielo pochi mesi dopo l’apertura della nuova struttura, conosciuto poco più che ventenne nel bar della famiglia di lui. Vittorio stava al di là del bancone con i suoi panini e Bruna al di qua con i suoi occhi da innamorata. Non che non le piacessero, ma un panino lo mangi in fretta. Così lei ordinava immancabilmente una tazza di cioccolata calda perché poteva centellinarla e stare più tempo possibile lì per farsi notare e apprezzare. «Il resto lo fece sua madre, mia suocera e io eravamo alleate perché capitolasse».
Pane, burro e acciughe di Monterosso, sublime benvenuto nella cantina di Vittorio a Brusaporto
Quindi Barbara, per lei la pasticceria in Bergamo Alta e il bistrot all’aeroporto di Orio la Serio. E’ una Cerea, ma in maniera diversa: «Sono una Cerea fuori dal coro, fiera di esserlo. Il mio cognome è un regalo, ma la vita, rispetto a quanto accaduto tra i miei fratelli, mi ha portato a un rapporto interpersonale meno simbiotico, meno inclusivo».
Moeche fritte
Ed eccoli ancora tutti lì, riuniti ieri sera in un palazzo storico di Bergamo per presentare un libro intenso e autentico, che si fa leggere e rileggere per cogliere ogni passo come nel capitolo dedicato a Bobo. E’ lì che ho trovato uno splendido ritratto del patriarca Vittorio cuoco: «La sua cucina era grandiosa perché era semplice, niente di costruito, di troppo articolato. La semplicità può essere banale o straordinaria. La cucina di papà era straordinaria». Il suo piatto di famiglia e amore? Il minestrone.
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nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi