09-05-2023

Il cibo come commodity e le cattive abitudini

Riflessioni sugli effetti dell'industrializzazione del cibo, stimolo a un consumo inconsapevole e continuativo che porta alla progressiva crescita di tutte le forme di disagio alimentare in tutte le fasce d’età

La nutrizione è alla base della salute e dello sviluppo umano. Dalle prime fasi della vita fetale alla vecchiaia, essa modella e influenza la sopravvivenza, lo sviluppo fisico e mentale, la produttività economica e una vita sana in generale. Oggi, quasi una persona su tre sul pianeta è alle prese con la mancanza di una nutrizione adeguata, il che rende questo uno dei problemi più devastanti che la comunità globale debba affrontare. 

Problema che diventa a volte patologia e che non sempre è visibile. E questo poiché il peso, che viene considerato l’indicatore principale della malattia, può spesso non variare anche nel caso in cui ci sia un disturbo francamente conclamato e rende di conseguenza molto difficile definire la differenza tra “salute” e “malattia”, tra “normalità e “patologia”.

Quante volte tutti noi abbiamo, magari in una giornata uggiosa, sentito un aumento dell’appetito o al contrario una repulsione per il cibo? Di certo non siamo stati considerati “malati”, ma semplicemente suscettibili dal punto di vista umorale. Come capire quando questo comportamento può essere considerato malattia?

Sicuramente analizzandone l’intensità, la frequenza e l’inevitabilità, la perdita di controllo che permette quindi di cambiare facilmente queste abitudini.

Il motivo dell’esistenza di questi disagi è che il cibo è cambiato in modo enorme e concreto: basti pensare a un milione e più di anni fa, quando l’uomo e la vita umana sono comparse sulla terra, fino alla prima industrializzazione, dove comunque le abitudini alimentari rimanevano invariate e soprattutto lo spreco di cibo era sempre e completamente impensabile.

A un certo punto però “l’industria alimentare” è diventata più “industria” che “alimentare”: si è staccata dalla specificità del prodotto seguendo le regole del profitto, del contenimento dei prezzi delle materie prime anche a costo di abbattere la qualità. Sostanzialmente, nel momento in cui il consumo induceva profitto al mondo dell’industria e agli azionisti, si è premuto l’acceleratore sul consumo senza preoccuparsi se in qualche modo si creasse spreco o no. Meglio consumare e buttare via.

Un'immagine di Golosi di Identità, sezione che ha debuttato durante il congresso di Identità Milano 2023, promossa da Fondazione Cotarella, per parlare di salute, formazione e disturbi alimentari
(Foto Brambilla / Serrani)

Un'immagine di Golosi di Identità, sezione che ha debuttato durante il congresso di Identità Milano 2023, promossa da Fondazione Cotarella, per parlare di salute, formazione e disturbi alimentari
(Foto Brambilla / Serrani)

Il cibo è diventato di conseguenza commodity e l’utilizzo è quello che l’industria auspica, come parlassimo di un telefonino, di un’automobile o dell’utilizzo del tempo libero. Parte quindi lo stimolo a un consumo inconsapevole e continuativo, che si stacca sia dai tempi che dai luoghi abituali, per cui ogni situazione è adeguata, perdendo anche la valorialità del consumo collettivo e della convivialità.

Inevitabile risulta quindi la crescita di disagio nel rapporto tra l’uomo e il cibo. Non è un caso, ad esempio, che ci sia stata una crescita drammatica, in questi ultimi 2 anni di pandemia mondiale, di tutte le forme di disagio alimentare in tutte le fasce d’età.

Siamo individui metabolicamente paleolitici all’interno di un mondo in cui l’offerta alimentare è di tipo post-moderno. Quindi, abbiamo una fisiologia troppo antica per un mondo con un cibo troppo nuovo. Infatti i tempi di rivoluzione dell’industrializzazione del cibo sono stati troppo veloci rispetto a quelli necessari al nostro corpo per cambiare e adattarsi a questa; continuiamo ad essere tutelati in modo asimmetrico alla carenza di cibo, infatti la carenza di cibo è una condizione nella quale noi sappiamo sopravvivere poiché, mangiando meno, insegnamo al nostro corpo a ridurre la spesa energetica.

Infatti, in questo senso, la messa in atto della strategia metabolica applicata all’aumentare della quantità di cibo assunta giornalmente sarebbe un acceleramento delle attività metaboliche, ma questo non avviene.

Un altro problema dell'industria del cibo è come questa sia in grado di gestire il gusto. È stata infatti in grado di interpretarlo sfruttando la fisiologia antica del gusto per bombardare di sensorialità estreme, per lo più artificiali (zucchero, sale, grassi e aromi aggiunti) così da rendere il cibo spazzatura particolarmente gradito con delle problematiche e delle ricadute molto preoccupanti sui consumatori.

In un ambiente obesogeno troviamo però un’estrema spinta verso concetti di efficienza e di forma fisica che disorientano ulteriormente, portando il consumatore ad avere un rapporto più che conflittuale con l’alimentazione e con la propria immagine.


Identità di salute

a cura di

Lucia La Paglia

gastronoma e modella viterbese, classe 2000. Dunque una millennial con un passato di disturbi alimentari, esperienza comune tra molte coetanee e colleghe. Così, curare e prevenire i dca è diventata la sua missione. Si è laureata presso l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, dove ha iniziato a lavorare a suoi progetti, proseguendo con gli studi magistrali

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