29-06-2023

Cessata la pandemia, occorre fare i conti coi disturbi alimentari, in vertiginoso aumento

Food insecurity, bulimia e binge eating, conflittualità familiari: il Covid 19 ha lasciato in eredità una ridotta tolleranza verso l’incertezza e quindi comportamenti malsani

Foto Fondazione Umberto Veronesi

Foto Fondazione Umberto Veronesi

Dicembre 2019: un misterioso virus proveniente dalla Cina genera una pandemia. A distanza di 2 anni, possiamo osservare gli effetti sulla popolazione delle misure precauzionistiche prese per limitarne la diffusione. Tra queste il distanziamento sociale, l’uso obbligatorio della mascherina, le lunghe code ai supermercati e la forzata permanenza presso la propria abitazione. Inevitabile è stato l’innalzamento di stress, ansia e paura rispetto alla possibilità di contagio da Covid-19. Ciò ha comportato a un incremento di sintomi ansiosi e depressivi e a conseguenze ancora più severe sugli individui con un disturbo mentale pre-esistente.

Tra le patologie più a rischio, c'è il disturbo alimentare, in sistematico aumento: del 3,5% dal 2000 al 2006, del 7.8%, in dal 2013 al 2018, con un tasso di mortalità che si aggira intorno al 5%. Dopo la pandemia, nelle sole prime settimane di lockdown, il numero di persone che hanno sperimentato la cosidetta food-insecurity - cioè una forma di insicurezza rispetto alla possibilità di acquistare cibo a sufficienza per sé e per la propria famiglia - è quadruplicato.

Tale paura potrebbe trovare spiegazione nelle lunghe file davanti ai supermercati, così come nella scarsa reperibilità di alcune tipologie di alimenti e nella presenza di scaffali completamente vuoti; pertanto le famiglie hanno iniziato a fare scorte alimentari di cibi molto nutrienti e a lunga scadenza: nello specifico, è emerso che gli italiani nel periodo del lockdown hanno acquistato in maniera significavamente maggiore farine e semole (+150%), dolci (+13%), pasta e gnocchi (+7%), primi piatti pronti (+24%) e impasti per le pizze (+38%).

Per una persona affetta da disturbo alimentare questa situazione può aver generato un fattore di rischio per il mantenimento e il peggioramento della sintomatologia: il fatto di tenere in casa grandi quantità di cibo, per lo più ad alto contenuto calorico, ha inevitabilmente facilitato la messa in atto di abbuffate o, al contrario, di comportamenti alimentari ancora più restrittivi e finalizzati al controllo del peso.

Per individui affetti da bulimia o binge eating (disturbo da alimentazione incontrollata), ad esempio, essere costretti a stare a casa durante l’intera giornata, per settimane, sempre a contatto con dispense alimentari stracolme, ha aumentato la tendenza a mangiare grandi quantà di cibo. Come effetto secondario, date le difficoltà nel fare la spesa, a causa dello stato di emergenza dichiarato, tale comportamento disfunzionale ha incrementato la conflittualità intra-familiare e il conseguente stato di attivazione emotiva negli individui coinvolti.

Ricollegandoci all’articolo precedente, sull’influenza dei media e dei social media, l’aumento del tempo libero ha costretto i cittadini a rimanere nelle proprie dimore, generando un incremento nell’uso dei social network e quindi un’esposizione costante non solo alle solite immagini di perfetta bellezza, ma anche a informazioni emotivamente forti, legate alla diffusione del virus e del suo tasso di mortalità.

Questo fenomeno ha sicuramente causato un aumento di ansia e di preoccupazione legate non solo al contagio, ma anche all’incertezza e alla perdita di controllo connesse alla situazione. Nello specifico, gli individui affetti da tali disturbi riportano una ridotta tolleranza verso l’incertezza. Così le condotte alimentari disfunzionali hanno rappresentato, in questo difficile momento storico, una momentanea riduzione della sensazione di ansia e di stress generatasi.


Identità di salute

a cura di

Lucia La Paglia

gastronoma e modella viterbese, classe 2000. Dunque una millennial con un passato di disturbi alimentari, esperienza comune tra molte coetanee e colleghe. Così, curare e prevenire i dca è diventata la sua missione. Si è laureata presso l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, dove ha iniziato a lavorare a suoi progetti, proseguendo con gli studi magistrali

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