29-05-2023
Nell’articolo precedente (leggi Il cibo come commodity e le cattive abitudini) abbiamo affrontato come con l’industrializzazione sia cambiato il nostro rapporto con il cibo che, spesso, può diventare conflittuale e nocivo.
Dunque, quando è più facile che inizi una storia di disturbo alimentare? Quando siamo più fragili.
Tutti noi, nei momenti diversi della nostra vita, abbiamo una quantità di “energia” disponibile che non è sempre la stessa, e si può rischiare quindi di essere più suscettibili ad alcuni tipi di criticità in relazione a quello che ci circonda, come storia personale ma anche come storia collettiva.
Succede ad esempio, quando in situazioni di disagio, sofferenza e controllo dei fatti quotidiani della vita, diamo un’eccessiva considerazione al ruolo della dieta, come se fosse in grado di migliorare le nostre situazioni e capacità relazionali. Si entra in un giro vizioso che porta a vedere come sconfitta ciò che invece è del tutto fisiologico, cioè il fatto che dopo un periodo troppo prolungato di estrema restrizione alimentare ci sentiamo attratti dal cibo in un’ipotesi di perdita di controllo. E questo succede poiché esce quel “lupo”, proprio del genere umano, che ha fatto sì che l’uomo potesse sopravvivere a carenze alimentari e carestie o che i nostri progenitori in una notte buia e fredda potessero andare a caccia a cercare cibo poiché difficili erano da mantenere gli istinti della fame.
Ossia: quando cerchiamo di sopprimere la fame per arrivare a quei canoni, si rischia di far uscire quell’istinto primitivo proprio dell’essere umano che porta poi a creare tanti quadri di disturbo alimentare.
Spesso questi nascono in periodi di restrizione ai quali possono seguire perdite di controllo con abbuffate saltuarie o continuative che, poi, se portano a un aumento reale o ad un temuto aumento di peso, possono poi comportare l’applicazione di atti compensatori come il vomito autoindotto o l’abuso di farmaci (diuretici, lassativi...) o ancora l’iperattività fisica (infatti, se questa viene svolta con troppa frequenza e intensità a seguito di abbuffate, potrebbe diventare un ulteriore fattore di incremento).
Il fatto che il ciclo fisiologico abbia, appunto, fisiologiche trasformazioni con ricadute sul corpo e sulla sua funzionalità, rendono le fasi di passaggio anche come momenti più critici. Ci sono sicuramente due grandi picchi: relativi alla restrizione (anoressia e bulimia) con il periodo peri-adolescenziale per tutti i motivi citati prima; mentre per i disturbi di alimentazione compulsiva (i cosiddetti binge-eating disorders) si trova un ulteriore secondo picco nel periodo peri/menopausale in cui il genere femminile è di nuovo oggetto di modificazioni fisiologiche (aumento di peso e accumulo adiposo) ma che è anche un periodo legato a una situazione di crisi, di fragilità, in cui si deve rinegoziare il proprio ruolo all’interno della famiglia, all’interno della società e sui luoghi di lavoro, come se perdendo la fertilità e la capacità di poter procreare (magari unito a un periodo di indipendenza dei figli) si possa cadere nella sofferenza.
Quali sono i fattori di rischio? Sicuramente momenti di fragilità, i traumi vissuti, le esperienze avverse in senso lato, il ruolo dell’alimentazione o dell’efficienza della forma fisica all’interno del proprio nucleo familiare o gruppo di amici… Quali sono invece i sintomi su cui porre attenzione? Le restrizioni intense e prolungate, tutte le situazioni in cui cerchiamo di gestire un’immagine corporea con uno stile alimentare molto restrittivo, molto monotono e molto orientato alla ripetitività, la presenza di abbuffate in modo ricercato e programmato…
Bisogna riuscire ad andare oltre ad ogni apparenza perché non sempre si hanno sintomi concreti e ben evidenti. Bisogna fare attenzione però a non sottostimare quanto a non patologizzare, poiché questi stili di autonomie possono essere una sana sperimentazione, se momentanea, che non deve sfuggire di mano.
In aiuto a queste difficili situazioni, fortunatamente, stanno cambiando molte cose: a simbolo di tutto ciò, ad esempio, dal 2018, il 15 marzo è stata istituita annualmente la Giornata nazionale del fiocchetto lilla in cui si stringono insieme il Ministero della Salute, le Regioni, l’Istituto Superiore di Sanità, le società scientifiche e le associazioni di famiglie (famiglie: anche quelle che ricordano situazioni molto drammatiche, in alcuni casi di lutto).
E ancora, da febbraio 2021, una legge molto articolata obbliga le aziende sanitarie a occuparsi di queste problematiche; dal 22 ottobre 2021, la Regione Piemonte ha stabilito di dover istituire una rete che si dedicherà all’aiuto di queste persone e molte sono le associazioni che si impegnano nelle divulgazione, nella cura e prevenzione dei disturbi alimentari. Per far sì che, non solo quando l’Italia si illumina di lilla, ma ogni giorno, chi ne ha necessità, sappia dove poter andare a rivolgersi.
di
gastronoma e modella viterbese, classe 2000. Dunque una millennial con un passato di disturbi alimentari, esperienza comune tra molte coetanee e colleghe. Così, curare e prevenire i dca è diventata la sua missione. Si è laureata presso l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, dove ha iniziato a lavorare a suoi progetti, proseguendo con gli studi magistrali
I protagonisti della cena di raccolta fondi a favore di Fondazione Cotarella, all’hub di via Romagnosi il 12 settembre scorso
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