12-07-2023

Basta parlare del corpo

Parole e atteggiamenti che possono portare un individuo a soffrire di disordini alimentari e comportamenti che possono invece dare una mano

Le parole hanno un peso. Questo si sa. Ma spesso hanno più potere di quanto immaginiamo. Soprattutto se pensiamo che, secondo le ricerche online sulle preoccupazioni femminili legate al corpo, emerge spesso che “il 54% delle donne preferirebbe essere investita da un camion piuttosto che essere grassa”.

Questo perché molte donne, ma anche molti uomini, si percepiscono come oggetti da guardare anziché come esseri umani completi. Il motivo è dovuto ai giudizi esterni così intensi e costanti da far sentire gli individui sempre in mostra. Una volta interiorizzati questi commenti-paragoni, il proprio corpo diventa qualcosa che esiste in funzione degli altri.

Lecita è la lusinga che sentiamo quando vogliamo che i nostri corpi siano osservati ed apprezzati, a costo che non si cada nella mera e pura oggettivazione degli stessi.

L’autrice satirica Melanie La Force ha colto tale complessità in un articolo pubblicato su Thoughtcatalog.com. Ha scritto: «Chiunque si sia mai sentito poco attraente è felice di sentirsi attraente. Certo, c’è una differenza tra un uomo che ti trova attraente e un uomo che ti vede come un hamburger mezzo nudo, ma fa parte di un continuum. Ad alcune di noi piacciono i momenti hamburger, e nessuno può toglierci il nostro hamburger».

Il problema sorge nel momento in cui, ogni giorno, in ogni momento, ci comportiamo come se stessimo partecipando ad un concorso di bellezza. Quando, mentre ci alleniamo, mangiamo, studiamo o lavoriamo una parte di noi controlla il nostro aspetto. Perché il giudizio di elementi terzi potrebbe essere così negativo da farci provare vergogna.

Questo “fallimento” non è riferito solo al cosidetto “fat shaming” (per il quale è ancora troppo comune la scriteriata convinzione che screditare un soggetto in sovrappeso possa alimentare a comportamenti salutari) ma a tutti i tipi di corpi, anche di quelli magri.

Mi spiego meglio: avete mai sentito il termine skinny bitch? Ormai molto comune, è l’insulto più frequente diretto a quelle donne che rispecchiano l’ideale corporeo della società. Insulto rivolto a donne, principalmente da donne. Perché quando si ha un corpo più “robusto” di quel che si vorrebbe, è più facile prendersela con coloro che invece sono “magre”.

Come se dovessero essere punite per il dolore altrui e non vivessero invece sotto il peso delle medesime caratteristiche opprimenti. Caratteristiche apprese da genitori che ci hanno insegnato spesso ad odiare il nostro corpo tramite critiche mirate o che giudicare le persone in base al loro aspetto esteriore sia normale.

Così, crescendo accompagnate da un coro di voci che ci sminuisce, finiamo per interiorizzare tali messaggi e li indirizziamo a noi stesse: ci definiamo brutte, sottolineiamo i nostri difetti fisici e confidiamo alle amiche di avere un aspetto disgustoso. Inoltre, questo “inoffensivo rituale” per creare legami è accompagnato da una serie di ostili commenti nei confronti di altre donne.

Questi comportamenti portano ad un accrescimento di ansia e stress, e sono strettamente correlati al rischio di cadere in disordini alimentari.

In conclusione, credo che la crudeltà rivolta alle donne magre perché sono magre dovrebbe essere inaccettabile quanto quella rivolta alle donne grasse perché sono grasseQuando dobbiamo dare forza a noi stesse, invece di prendere di mira qualcun’altra, cerchiamo di considerarci membri della stessa squadra anziché avversarie in un concorso di bellezza.

Se le parole hanno un peso, sforziamoci di usarle per obiettivi più profondi dell’esteriorità femminile. Mettiamo in luce ciò che riteniamo davvero importante. 

Non trasmettiamo ansie sul corpo ad amici, conoscenti, figli. Non cerchiamo di modellare il nostro fisico in tutti i modi per raggiungere quello delle immagini mediatiche. Non mettiamoci vestiti e gioielli al fine di doverli monitorare tutto il tempo. Non parliamo del corpo. Non fate questo, quello, né quell’altro.

Vestiamoci come più ci sentiamo a nostro agio. Facciamo sport per gestire lo stress, per fare nuove amicizie, per sentirci più forti. Risaltiamo l’aspetto che più ci piace di noi e degli altri (il sorriso, la voce, la gentilezza, l’ironia…). Usiamo le parole per perseguire obiettivi profondi, considerandoci alleati.

E, ogni volta che stiamo per criticare il nostro fisico, iniziamo a pensare: No, oggi non farò questo a me stessa. Oggi mi concentrerò su cose più importanti del mio aspetto.


Identità di salute

a cura di

Lucia La Paglia

gastronoma e modella viterbese, classe 2000. Dunque una millennial con un passato di disturbi alimentari, esperienza comune tra molte coetanee e colleghe. Così, curare e prevenire i dca è diventata la sua missione. Si è laureata presso l'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, dove ha iniziato a lavorare a suoi progetti, proseguendo con gli studi magistrali

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