Che gran bella serata ieri, sabato 13 maggio, al Castello di Grinzane Cavour dove ha sede l’Ordine dei Cavalieri del tartufo e dei vini di Alba, gran maestro Bianca Vetrino. E’ toccato a lei consegnare le insegne di cavalieri dell’ordine a quindici professionisti e appassionati, tra loro anche Helmut Kocher, il wine hunter di Merano, nonché il sottoscritto, chiamato anche a moderare il 271° Capitolo della Tradizione, appuntamenti che si susseguono dalla fondazione mezzo secolo fa.
Nella circostanza il tema è stato scelto per evitare di voltarsi indietro ad ammirare il passato, contemplazioni fini a se stesse. La forza della tradizione per guardare al futuro, un lungo e per nulla banale confrontarsi tra cinque chef e cuochi del territorio di Langa a iniziare dal padrone di casa Marc Lanteri, stella Michelin del ristorante Al Castello; quindi la mitica Gemma Boeri dell’Osteria da Gemma a Roddino (Enrico Crippa va da lei per deliziarsi con i suoi tajarin, tanto

Gli Agnolotti del plin alla curdunà di Piermassimo Cirio del ristorante Madonna della Neve a Cessole in provincia di Asti
per capire la qualità della sua tavola);
Piermassimo Cirio della
Madonna Della Neve a Cessole, locale storico della Langa astigiana;
Mauro Schellino della
Trattoria del Peso a Belvedere Langhe e, infine,
Marisa Pavesio, già alla
Porta San Martino di Alba, un ristorante scomparso una decina di anni fa quando il palazzo che l’ospitava cambiò destinazione.
Davvero una bella chiacchierata, brillante e ricca di spunti, con Lanteri bravo a ricordare come guai a non conoscere le nostre radici. Sono loro che quando si tende a innovare tengono i cucinieri legati all’alfabeto della qualità. E poi, per fortuna, chi è bravo non è fermo, ma cammina al passo con i tempi che vive e varia le cose in misura giusta perché non invecchino.
Prendete Marisa Pavesio e il suo bunet, che avrebbe poi chiuso una cena che ha visto protagonisti tutti loro cinque: «Un giorno una cliente mi suggerì di fare come lei, di togliere l’albume tirato a neve per renderlo più leggero e così feci. Aveva ragione lei. Non dissi nulla, piaceva e tanto bastava. Però una sera si

Il Bunet di Marisa Pavesio, cuoca albese famosa perché non vi unisce l'albume tirato a neve, un consiglio che le diede una cliente
presentò
Luciano de Giacomi, il fondatore dell’
Ordine dei Cavalieri. In chiusura glielo servii, lo gustò e poi gli dissi che l’avevo fatto senza albume. E lui mi rispose deciso: buono, ma allora deve chiamarlo budino di gianduia». L'ortodossia prima del palato.
Gli aneddoti si sono sprecati. Gemma Boeri ad esempio ha rivelato che nel ripieno dei suoi agnolotti non mette il coniglio «perché è scomodo da disossare, aggiungo del vitello e piacciono tanto lo stesso». Mauro Schellino, un oratore nato, ha invece tolto il Vitello tonnato dal percorso della tradizione «perché la gente mangia meno carne e tra quella cruda e questa ben più condita, la prima è più leggera». Lo stesso ha dichiarato tutta la sua rabbia verso i clienti di oggi: «Non si accomodano più per godere del cibo, ma per raccontarci i loro problemi, i loro no a questo o quel prodotto. Non appena uno mi avvisa che è contro l’agnello gli servo il vitello tonnato, ma ho anche aggiunto un paio di piatti di pesce. Se resti sulle tue posizioni non fai più cassetto».

La brillante Elena Gillardi, ultima generazione dell'azienda agricola Gillardi, mentre nel castello di Grinzane Cavour spiega il Dogliani DOCG Cursalet 2014 sotto gli occhi della figura di Camillo Benso conte di Cavour
E in certi casi ben venga la fantasia. Ha detto
Piermassimo Cirio, suoi a cena gli Agnolotti del plin serviti asciutti nel tovagliolo, la cosiddetta
curdunà, e gustati con la mani: «In carta li propongo con sei condimenti diversi e uno sceglie: burro e salvia, nel tovagliolo, al sugo d’arrosto, al ragù e nel vino in una ciotola. La sesta versione? Saltati in padella con salvia e limone, zero burro e zero olio. Il limone dà un tocco di freschezza che piace anche se poi si torna sempre a quelli classici burro e salvia». Si viaggia per tornare a casa e apprezzarla ancora di più.