29-09-2015
Adriano Fumis, classe 1971, nuove maître del Marchesino, mentre al centro del Marchesi lavora alla pressa per l'anatra arrosto. Durante l'esperienza al Connaught Hotel a Londra, nel 1993 gli venne riconosciuto il ruolo di chef trancheur, una figura che adesso Gualtiero Marchesi vuole rivalutare per ridare vita al servizio della sala.Troppi i riflettori puntati su chef, cuochi e cucina perché la sala non ne risentisse pesantemente
Diavolo di un Marchesi. A 85 anni compiuti lo scorso 19 marzo, Gualtiero allontana la pensione, che per uno come lui non arriverà mai, inventandosi una nuova insegna, il Marchesi, proprio dove dal maggio 2008 ve n’è già una, quella del Marchesino. Che non sparisce. Un po’ come le bambole russe, una contiene l’altra, ognuna con i suoi piatti, e la cosa genera in verità qualche perplessità e disorientamento perché non lo si coglie al volo visto che gli ambienti sono quelli di sempre, lì al 2 di via Filodrammatici, sotto i portici del Teatro alla Scala.
A me ricorda un gioco di prestigio e di intelligente provocazione come quel prendere, trent’anni fa, una lasagna quadrata e battezzarla raviolo, il celeberrimo Raviolo Aperto, quando da sempre se tortelli e tortellini, agnolotti e cappelletti in bollitura si aprono, la cuoca ha fallito. E adesso qualcosa di simile perché si entra dalla piazza e ai tavoli del cosiddetto acquario ci si vede consegnare il menù più semplice del Marchesino, idem tre passi oltre nello spazio con una cucina a vista sulla sinistra, mentre ai sette tavoli dell’ambiente in fondo le proposte raddoppiano: Marchesino e Marchesi e uno sceglie il sentiero, con tanto di iPad come supporto perché più attuale e pratico agli occhi del maestro.
Viene spontaneo pensare a un museo, a un risto-museo. Sovente si fanno paragoni con la moda, con un mondo le cui maison sopravvivono alla scomparsa dei fondatori visto che quel che conta è lo stile, il timbro originale via via interpretato da nuovi stilisti chiamati per le collezioni a venire. Nella ristorazione sono casi rari e legati a conduzioni famigliari, vedere i Cerea a Brusaporto (Bergamo) o gli Iaccarino a Sant’Agata (Napoli) come i Santini a Canneto (Mantova), quelli dove un figlio non fa rimpiangere un padre o una madre chef.
Il Rosso e il Nero, una preparazione di rana pescatrice ispirata all'arte di Lucio Fontana Marchesi ferma il mondo e al Marchesi/Marchesino mette in scena il suo genio, la sua cultura a 360° e la sua simpatia, come quando si mette a disquisire sulle posate femmine e le posate virili, maschie perché più massicce. A parte questo, non sembra nemmeno più avere bisogno di spalle geniali come i vari Cracco e Crippa, Lopriore e Berton e via ricordando. “I due con cui ho lavorato meglio sono Paolo (Lopriore, ndr) e Daniel (Canzian, ndr), uno diceva una cosa o aggiungeva un ingrediente e poi toccava all’altro, un bel confronto”. Ma è ormai il passato.
Il Rosso e il Nero, una preparazione di rana pescatrice ispirata all'arte di Lucio Fontana
Adesso la rivoluzione è diventata storia e non deve essere toccata perché perfetta in sé: “Io sono il compositore, non ho bisogno di interpreti. Cerco degli esecutori, ve ne saranno in giro. Come diceva Bach, è già stata fatto tutto”. Si tratta solo di leggere lo spartito o la ricetta, poi suonare o cucinare senza aggiungere del proprio.
Piuttosto lì alla Scala è nuovo il maître, chef trancheur per la precisione, Adriano Fumis, classe 1971 che alla presentazione ha dato dimostrazione di come si trincia un’anatra con, a seguire, l’uso della pressa per estrarne sangue e umori, il tutto in cucina per fortuna. Poi stessa estrazione con una chateaubriand, fatta in sala perché in assenza di ossa non disturba. Tutto questo per ridare importanza alla sala, uccisa peraltro dallo stesso Marchesi quando, all’avvento della Nuova Cucina Italiana di allora, portò l’intera preparazione dei piatti in cucina e i camerieri alla lunga divennero dei passivi porta piatti privi di entusiasmo per il loro lavoro.
Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito
a cura di
nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose. blog www.paolomarchi.it instagram instagram.com/oloapmarchi