Nella scelta delle parole Ezra Kedem mette la stessa cura e attenzione che riserva alla selezione degli ingredienti. Forse perché «il cibo è una lingua» è uno dei suoi mantra. Fatto sta che quando parla di sé, lo chef si definisce un “ricercatore” e se nomina il suo “studio” è chiaro che intenda Arcadia. Aperto dal 1995 al 2014, il ristorante nel cuore di Gerusalemme è stato un'importante istituzione per la cultura culinaria israeliana. Nelle sue cucine si è formata un’intera generazione di chef tra cui Meir Adoni, Eyal Sheni e Assaf Granit che oggi stanno prendendo d’assalto Europa e Stati Uniti con ristoranti dal concept israeliano e mediorientale.
Oggi Kedem e i suoi discepoli si sono spostati a Ein Kerem, accanto al Monastero delle Sorelle di Nostra Signora di Sion, in cima a una collina che affaccia a ovest sulla Riserva di Beit Zayit, dove l’ombra dei pini crea un sorprendente contrasto con il panorama arido del deserto a est. Qui lo chef ha trasformato Arcadia in un laboratorio di cucina con orto biologico, impreziosito da un cubo di vetro che di notte diventa una sala da pranzo trasparente, come una lanterna sulla sommità del poggio. Nei filari, che producono giusto il necessario per le attività di Arcadia, crescono fave, broccoli, cavolo, cicoria, coriandolo e tanto altro, secondo stagione.

Nel cuore di Kedem, la pasta

Nei piatti di Arcadia, la ricchezza dell'orto e non solo
Negli ultimi anni, in linea con un trend sempre più popolare tra i grandi chef in Israele,
Ezra Kedem è più attento ai dettami alimentari della religione ebraica. «Con il tempo ho capito l’importanza della
casherut. Chi sono io – si domanda – per cambiare le tradizioni? Si può innovare anche nel rispetto delle regole. Quando si parla di stagionalità dei prodotti, il legame con l’ebraismo è imprescindibile perché le festività religiose ebraiche hanno sempre scandito le stagioni delle coltivazioni».
Nell’orto di
Kedem c’è una “perla” che ben rappresenta la filosofia dello chef. L’
arisaro è un’erba spontanea, piuttosto diffusa in Italia, negli oliveti e lungo i sentieri delle zone mediterranee. In Israele, invece, è in via di estinzione. Dell’arisaro sono più conosciuti i particolarissimi fiori dalla forma cilindrica mentre le foglie, triangolari e scure, sono tossiche e per questo non hanno avuto grande fortuna in cucina. Salvo scoprire che, una volta cotte, sono innocue e buonissime. E sono l’ingrediente fondamentale del ripieno di uno dei piatti più popolari della cucina mediorientale, il
kubbeh (“palla” in arabo), una polpetta di bulgur ripiena di carne e aromatizzata alle erbe. Il piatto è particolarmente caro allo chef israeliano, nato a Gerusalemme da madre irachena. L’Iraq è uno dei paesi che cosidera il kubbeh un piatto nazionale.

Kedem con illustri colleghi a Montecarlo. Si riconoscono Alain Ducasse (anche lui protagonista a Identità Milano), Antonio e Nadia Santini del Pescatore
A sua tutela,
Kedem ha reso
Arcadia un baluardo a protezione dell’erba
nuah (in ebraico, נואה).Se c’è un altro paese in cui il cuoco si sente a casa, è l’Italia. Aveva 15 anni la prima volta che ha visitato Roma, quasi quarant’anni fa. Da allora non si contano i suoi viaggi per esplorare la cultura gastronomica italiana, soprattutto in Sicilia e in Puglia, e per scoprire che spesso le tradizioni ebraiche si perdono, anzi riemergono, in quelle regionali della penisola. «Le orecchiette pugliesi – spiega lo chef – hanno sicuramente una relazione con la festa ebraica di
purim, i cui biscotti più tipici sono noti come
orecchie di Haman. L'insalata di pasta, dalle origini non chiaramente rivendicate, potrebbe essere una pratica soluzione ebraica nata all’interno delle comunità italiane per consumare l’alimento base della dieta mediterranea rispettando il divieto di cucinare durante lo
Shabbat». Da questo ricco bagaglio di esperienze e studio lo chef trarrà ispirazione per declinare il tema di Identità Golose 2019, “Il Fattore Umano - Costruire Nuove Memorie”.