29-10-2018

#Metoo nelle riflessioni di Cristina Bowerman: Dire NO non è abbastanza

Escludere le donne dalla storia ha il sapore di un femminicidio. Ma protestare non basta. Occorre dettare esempi e modelli

Cristina Bowerman, chef di Glass Hostaria, Roma

Cristina Bowerman, chef di Glass Hostaria, Roma

Hilma af Klint (1862 – 1944), svedese, era una pittrice, pioniera nell'ambito dell’astrattismo: era la radicale anticipatrice di un'arte che ha sempre voluto rappresentare l’invisibile. Ha prodotto tante opere di valore e fondato il gruppo “Le Cinque”, soggetto di una grande mostra postuma al Guggenheim Museum di New York.

Sonia Delaunay (1885-1979), pittrice e artista, era moglie di Robert Delaunay, considerato il padre del cubismo orfico. Era lei stessa una pioniera della moda, del merchandising, della grafica declinata al marketing, della pubblicità.  Dimenticata in vita, è stata riscoperta solo di recente. L’amarezza rimane.

Perché inizio questo post parlando di donne dell’altro secolo? Perché Hilma e Sonia sono entrambe scomparse a lungo, prima di essere ripescate e portate a transitare per la Storia - con la S Maiuscola -, passando per l’immensa porticina della microstoria. Donne di alto valore, icone del proprio tempo che hanno sfondato i glass ceiling ma hanno impiegato tanto, troppo tempo per essere riconosciute dal grande pubblico. Così va la storia delle donne. E degli uomini.

Escludere le donne dalla Storia ha il sapore amaro di un femminicidio. Il fatto che le donne scompaiano dai libri di storia e dalla realtà è parte dello stesso irrisolto problema di non avere ancora un vero e proprio posto, non una sedia in cui sedersi, ma un luogo da riconoscere come nostro. 

Sono molti mesi che il tema #metoo è sbattuto su ogni tavola di discussione, eppure troppo spesso mi ritrovo a fare i conti con le stesse frasi, gli stessi concetti. Chiaramente, da femminista quale sono, non posso che supportare questo movimento che sta portando in superficie comportamenti e violenze da persone insospettabili (e sì, perché nella maggior parte dei casi sono proprio quelle persone insospettabili le peggiori).

IGNORATE. Hilma af Klint e Sonia Delaunay

IGNORATE. Hilma af Klint e Sonia Delaunay

Vorrei tuttavia tentare di approcciare il discorso da un’angolatura diversa. Nella mia vita non mi sono mai considerata parte di una categoria minoritaria da proteggere. Mi considero una persona abile, intelligente, moralmente corretta e con valori etici sani grazie al mio upbringing e alla mia famiglia. Sono una “quota rosa da proteggere”? Ho sempre risposto no, anzi NO.

Oggi mi rendo conto che NO non è abbastanza. Rubo le parole a una delle mie scrittrici preferite, una di quelle che mi ha cambiato la vita. Noemi Klein sostiene che il nostro momento storico richiede uno YES credibile e motivante. La nostra cultura, in concerto con tradizione e politica, ha supportato un vuoto empatico nei confronti della donna (non solo nei suoi confronti ma anche di altre intere sezioni culturali quindi definite “minoranze”). Tale vuoto funziona come un grande giustificatore in cui a dominare è l’identificazione del femminile da parte della cultura patriarcale dominante come “altro da sé”.

La creazione di “altro da sé”, estremamente pericolosa, è il primo passo verso la creazione di una minoranza da sfruttare e da cancellare, perché nel vederla “fuori da sé” la si considera prima di tutto al di fuori e in quanto tale non capace di rientrare nel diritto rituale e sacrosanto dell’uguaglianza (salariale, carrierista, familiare fino ad arrivare a violenza e umiliazione dello stupro di gruppo per finire con il femminicidio e la scomparsa dalla realtà).

Perché “l’altro da sé” non ha diritto allo stesso rispetto per la vita, la gioia e la speranza nel futuro - nemmeno nel domani? Perché non rientra nel regime di uguaglianza di chi perpetra la violenza e il danno? Il NO del #metoo movement non è abbastanza per cambiare le cose.

Penso che nessuna denuncia e onda di denuncia possano sopravvivere senza un progetto o una teoria di supporto diretti alla riappropriazione di ciò che è stato abusato culturalmente, storicamente, nel minuscolo privato della memoria, nei libri di arte, nelle case abbandonate, nei convegni di scienza e nei libri di storia. Nella scomparsa di tante donne, metaforica e reale. La Storia ci cancella ancora come la realtà. I contenuti, i modelli, le ispirazioni hanno il dovere di cambiare la nostra cultura e colmare quel vuoto empatico che ancora paralizza il femminile a una condizione di alterità.

INSPIRATIONAL YES. Naomi Klein (foto roadtoparis.info)

INSPIRATIONAL YES. Naomi Klein (foto roadtoparis.info)

Le donne per prime devono ergersi a modelli di se stesse e di tutte le altre. Una donna non può e non deve ricadere negli stereotipi riportati principalmente dagli uomini. Spesso capita che siano le donne stesse ad accontentarsi di briciole, spesso anche ammuffite, invece di mirare al pane appena sfornato ed è proprio questo su cui è necessario lavorare. Il NO non basta, ci vuole uno YES convinto, credibile, inclusivo, inspirational e proiettato molto in là, di supporto per “svuotare” la cultura che si apprende alla nascita e riempirla di nuove istanze. 

Convegni come Parabere, fondato da Maria Canabal, hanno proprio lo scopo di iniettare dosi massicce di autostima attraverso contenuti che superano questo retaggio culturale che premia la mancanza di empatia nei confronti del sesso femminile e che è ancora forte e radicato. Ci vuole una via illuminata per la riappropriazione di quel terreno umano, culturale e sociale che nei secoli è stato espropriato da quella cultura che ci demonizza come un'alterità. Sì, RI-appropriazione perché, mi domando: quando è avvenuta questa separazione? In quale dei passati delle nostre civiltà la parità era lo status quo?

Diciamo NO a questa cultura neo-liberale e xenofobica e SÌ a una cultura inclusiva di supporto. «NO non è abbastanza», dice Klein e io sono d’accordo. Dobbiamo essere uniti a smantellare la violenza di essere considerate “altro”, riconquistando il terreno giorno dopo giorno come l'Occupy movement.


Bowerman around the world

La chef pugliese-americana di Glass Hostaria a Roma ci racconta le sue emozioni in giro per il mondo

Cristina Bowerman

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Cristina Bowerman

Cuoca laureata in Legge e in Arti Culinarie, parla tre lingue e continua a studiare e fare stage. Oltre 15 anni all’estero, nel 2006 apre Glass Hostaria. È primo presidente dell'associazione Ambasciatori del Gusto

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