Luca Caruso

Signum

via Scalo 15
98050 - Malfa, Salina (Messina)
+39 090 9844222

Se il nome e il talento di uno chef sono la ragione per andare in un ristorante, la qualità del servizio e dell’accoglienza risultano, il più delle volte, il motivo per tornarci. E si torna sempre volentieri al Signum di Salina, nelle Isole Eolie, hotel boutique di charme superbamente diretto da Luca Caruso che lavora fianco a fianco con la sorella Martina Caruso, giovane talento. Luca, classe 1980, anima del Signum, manager dell’hotel, direttore del ristorante nonché responsabile della wine cellar - e artefice di una delle più interessanti carte dei vini di tutta la Sicilia - è stato capace di creare quell’atmosfera di autentica ospitalità che è la marcia in più di questo hotel.

«Quando arrivi al Signum, perfino i fiori lungo il vialetto di ingresso ti sorridono». La dichiarazione è di Giò Martorana, fotografo palermitano che nella sua carriera ha fotografato food, vino, architettura, donne, natura, moda e paesaggi - uno insomma che di cose belle se ne intende - e che nel 2018 ha creato un video per celebrare i 30 anni di attività dei Caruso. L’anno di apertura di quello che ormai è diventato un classico dell’ospitalità siciliana - e suo fiore all’occhiello - è il 1988. Non tutti sanno che il nome scelto da Clara Rametta (ieri direttrice del Signum, oggi sindaco di Malfa nonché madre di Martina e Luca) per il suo boutique hotel, richiama gli inizi non proprio facili: e cioè l’incidente con l’amministrazione locale dell’epoca, che bloccò momentaneamente i lavori di costruzione poco dopo il loro inizio, apponendo appunto un sigillo, signum in latino.

Episodio divenuto non motivo per piangersi addosso, ma per celebrare la propria determinazione e forza di volontà - per aspera ad astra - che hanno dato la luce a quella che oggi è una magnifica struttura simbioticamente incastonata nella bellezza del luogo. 

Luca spiega: «Tratto i miei ospiti e clienti come mi piacerebbe essere trattato. Sorridere è importante, come essere gentili ed accoglienti. È necessaria una buone dose di empatia, un minimo di psicologia, oltre alla capacità di leggere attraverso i gesti. È un lavoro sartoriale, nel senso che l’attenzione verso ogni cliente deve essere personalizzata. Non si tratta solo di portare una bottiglia al tavolo, tutto è importante: dalla prima accoglienza al modo in cui vengono prese le ordinazioni. Quello che si cerca di fare è mettere al centro della propria attenzione l’ospite, facendogli vivere un’esperienza a tutto tondo».

Ha partecipato a

Identità Milano


di

Giovanna Abrami

nata a Milano da madre altoatesina e padre croato cresciuto a Trieste. Ha scritto (tra gli altri per Diario e Agrisole) e tradotto (tra le altre cose: La scienza in cucina di Pellegrino Artusi) per tre anni dall’Argentina dove è tornata da poco, dopo aver vissuto tra Cile, Guatemala e Sicilia. Da Buenos Aires collabora con Identità Golose e 7Canibales