06-03-2016

Tutte le forme della libertà

Scabin, McHale, Crippa e Alajmo nella prima mattinata dell'auditorium a Identità Milano

Davide Scabin, nella foto con Paolo Marchi, ha ape

Davide Scabin, nella foto con Paolo Marchi, ha aperto i lavori dell'auditorium nella prima giornata di Identità Milano, dodicesimo anno (foto Brambilla-Serrani)

La passione, l’orgoglio, la paura. E la forza dirompente della libertà. «Non siamo un congresso politico», precisa subito Paolo Marchi aprendo i lavori di Identità Milano, dodicesima edizione. Eppure la cucina interagisce col mondo, è (oppure: fa) cultura e società, vive il suo tempo, con tutte le sue difficoltà. «Siamo orgogliosi di aver scelto La Forza della Libertà come tema di quest’anno. Avevamo un po’ di paura, dopo il successo di Identità Expo», aveva premesso Claudio Ceroni, patron di quella MagentaBureau cui si deve l’organizzazione della kermesse. Timori superati, mentre la sala si riempie come sempre, più di sempre.

«Io mi prendo la libertà di non cucinare», esordisce il primo relatore, Davide Scabin. Al quale si può magari imputare una lezione assai fuori dagli schemi, ma coerente. La cucina, si diceva prima, interagisce col mondo. E se Identità ha scelto un tema alto, lo chef di Rivoli rimane in quota parlando non di soffritti o sottovuoto, ma di storia e umanità. Parte lontano, dall’antropocene, «l’era nella quale è comparso l’uomo». E’ quasi un dettaglio nella storia del pianeta, 3 minuti se la Terra avesse vissuto 24 ore, «eppure ci sono bastati per distruggerla. E più di tutti, la colpa è di mia mamma, della generazione del Secondo Dopoguerra».

La lezione di Isaac McHale

La lezione di Isaac McHale

Scabin si diverte a fare il guru-Cassandra, «nel 2007 arrivai qui a Identità, dominava il molecolare, io presentai un’insalata e una melanzana al pomodoro. Tornai nel 2011, tutti a fare le insalate, tirai fuori dagli armadi il sifone, ormai dimenticato. Oggi domina l’orto dello chef, la fermentazione». E lui prova a essere sempre più avanti, istrionico. Tre messaggi. Il primo: «L’alta cucina non si regge in piedi, le attività ristorative falliscono, non si può rifiutare l’appoggio delle grandi aziende, che sono poi le uniche con le quali interagire per cambiare davvero le cose, per questo le ringrazio». Il secondo: «Tutti parlano di bio, ma non si dice come spesso manchino gli strumenti di valutazione per capire cosa davvero contenga, per paradosso gli ogm sono molto più trasparenti» (poco più tardi gli risponderà Lucio Cavazzoni, patron di Alce Nero: «C’è chi lavora male, chi bene. Non distinguere è sbagliato»). Il terzo: «Se non vogliamo andare al disastro, dobbiamo mangiare carne una volta a settimana, non di più. Per il resto: fagioli, lenticchie, ceci… Legumi!».

La libertà di proporre nuovi modelli ristorativi. Isaac McHale racconta le sue ricette a base di pesce della Cornovaglia o capesante scozzesi (ottimo lo sgombro “japanese style”, sgrassato con l’aceto e poi accoppiato al crisantemo – non il fiore ma le foglie e i gambi). Ma colpisce anche la sua scelta, di introdurre per primo in Inghilterra, dove lavora, il modello-Alinea: al ristorante si va come a teatro, ossia avendo acquistato anticipatamente il biglietto, «ho 40-50 coperti, se ogni sera una decina di prenotati non si presenta, è un problema». La soluzione è questa specie di prevendita, che funziona da tempo da quelli di Alinea negli Usa e ora è stata adottata anche da Heston Blumenthal al The Fat Duck: «Mi ha chiamato, ringraziandomi. “Bellissima idea, ma io non potevo fare da battistrada. Ora che ti sei preso le critiche, ti seguo”, mi ha detto scherzando». Ma non troppo.

Enrico Crippa

Enrico Crippa

La libertà di giocare col colore, «con le forme, i sapori» della natura. Enrico Crippa è il solito folletto immerso in una vegetalità buona e variopinta, che gli consente di impiattare una lezione insieme ludica (nell’esposizione), elegante (nelle forme) e armoniosa (al palato). Parla di tinte: il verde e il giallo di un carpaccio di branzino con vinaigrette al lime, lemongrass e pepe verde, gelatina di lime, foglie di shiso rosso, acetosella selvatica e quant’altro, più il succo di ficoide. Il bianco («E’ purezza, eleganza») de La Serra, «piatto da fine inverno, mio omaggio a questa stagione»: cavolo rapa e rapa, in varie texture, marinate, come brodo, gelatina, crema... Il rosa di un magnifico risotto aromatizzato co shiso e lampone, Il giallo arancione di un merluzzo con salsa di zucca. Il viola del Cocktail di gamberi con radicchio di Treviso, piatto del 2016 per il nostro speciale sulle nuove ricette d’autore. Il nero nel finto porro bruciato di porro e cipolle caramellate, con pane raffermo.

La lezione di Massimiliano Alajmo

La lezione di Massimiliano Alajmo

La libertà di pensare e innovare. “Siamo quello che siamo”, è il titolo dell'intervento che vede protagonisti Massimiliano Alajmo e Mauro Defendente Febbrari. Il secondo è medico endocrinologo e va alla fonte del gusto, svelandoci quanto la scienza sia oggi in grado di raccontarci: «Sappiamo da cosa deriva il sapore. Sappiamo che un ruolo decisivo lo svolge l’apparato cellulare dell’intestino, che sa decrittarlo quanto e anzi meglio del cervello, tanto da configurarsi come vero e proprio “secondo cervello” in questo caso con una funzione persino superiore». Siamo quello che siamo (anche) divenuti in base alle esperienze fatte da quando nasciamo: «Si cucina la vita con due ingredienti, le radici e le ali». Alajmo fa coppia con Defendente in questa ricerca dell’origine primigenia del gusto, non a caso da tempo la sua investigazione gira attorno all’acqua, ai fluidi. E la sua proposta, che poi declina in tre preparazioni (una vegetale, Fagioli e banana. Una di pesce, con lische di sgombro fritte in una leggerissima pastella. Una dolce, la Mozzarella di mandorle, piatto 2016 nel nostro speciale), passa attraverso l’esaltazione della cottura a pressione, «una volta ben poco popolare nell’alta cucina». Ma che regala risultati straordinari: «Un maialino cotto in un forno a pressione, con temperatura controllata, è molto più succulento di quello cotto a bassa temperatura. E, alla rosolatura seguente, risulta anche più croccante». E’ l’acqua, il vapore, il tramite buono per la naturalezza del gusto.


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Gli appuntamenti da non perdere e tutto ciò che è attuale nel pianeta gola

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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