26-01-2017

Agli Usa il Bocuse d'Or dei 30 anni

Vince Mathew Peters davanti agli chef norvegesi e islandesi. La marcia in più degli statunitensi? Un plateau "tecnologico"

Il podio del Bocuse d'Or 2017: oro allo statun

Il podio del Bocuse d'Or 2017: oro allo statunitense Mathew Peters, sous chef del Per Se di New York

Il podio del Bocuse d’Or 2017: oro agli Stati Uniti, argento alla Norvegia, bronzo all’Islanda. Podio interessante, vien da dire. Da un lato il gigante Stati Uniti, dall’altra la Cenerentola Islanda. Gli Usa sono una macchina da guerra, precisa e potente a partire dai mezzi tecnici; già nell'ultima edizione avevano impressionato con un “plateau” piuttosto innovativo, ma quest’anno hanno fatto ancora meglio. Quello che per tutti gli altri Paesi è un semplice vassoio di presentazione, più o meno creativo, nel caso degli Stati Uniti si trattava di una struttura dotata di un sistema di riscaldamento che manteneva le varie componenti calde fino al momento dell’impiattamento.

Il plateau nordamericano e quello islandese

Il plateau nordamericano e quello islandese

Bisogna sapere che il plateau, prima di arrivare al tavolo in cui viene porzionato, fa un lunghissimo giro, una processione quasi pasquale. Sfila davanti ai due tavoli della giuria, va dal fotografo ufficiale, ritorna in sala e passa davanti agli altrii fotografi; poi finalmente viene appoggiato su un tavolo rotondo e qui lo chef e il commis sorvegliati dal comitato impiattano. Beh, durante tutte e due le giornate di gara non abbiamo mai visto tanto affollamento intorno a quel tavolo come quando è stato il turno degli Usa. Per completezza di cronaca devo anche raccontare che, dopo l’assaggio, ho avuto la fortuna (ovviamente negherò fino alla morte) di vedere qualche segno dal tavolo della giuria che comunicava che non si trattava solo di show: pollice in su.

Complimenti dunque a Mathew Peters del Per Se di Thomas Keller a New York, e al suo coach Philip Tesier (Bocuse d’argento 2015), che in un’informale chiacchierata della vigilia ci era sembrato piuttosto convinto del lavoro fatto. Lavoro, lavoro, lavoro. Lo stesso che ha portato Norvegia e Islanda ad affermarsi come protagonisti convincenti del concorso, con piazzamenti a ripetizione un anno dopo l’altro, e anche in questa trentesima edizione: argento per il norvegese Christopher William Davidsen, chef di tre ristoranti a Trondheim; bronzo all'islandese Viktor Andrésson, chef del Grillio del Radisson Blu Saga di Reykjavik. Scorrendo la classifica è stato soprattutto lo sviluppo del tema plateau a fare la differenza, e che ha penalizzato i Paesi meno esperti del concorso. Soprattutto le proposte islandesi sono sembrate convincenti per aver conciliato tradizione e genialità innovativa.

Il plateau brasiliano, firmato Giovanna Grossi, chef di origine italiane

Il plateau brasiliano, firmato Giovanna Grossi, chef di origine italiane

Premio di consolazione per la Francia, miglior piatto a tema vegetale e miglior commis. Personalmente voglio sottolineare il plateau brasiliano della giovane chef Giovanna Grossi (ne abbiamo parlato qui: Un'italiana è già al Bocuse), unica ad avere presentato in modo originale pollo e gamberi, quasi un quadro di Mondrian, e che vale un 10° posto nella sola classifica plateau. Cosa ci portiamo a casa da questa finale? L’atmosfera unica e irrepetibile di una gara tra il sacro - la cucina al suo più alto livello - e il profano, ovvero l’ambiente da girone dantesco in cui si svolge il tutto.


Dal Mondo

Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

a cura di

Maria Greco Naccarato

nata a Milano nel 1964, vive a Parigi. Maniaca del dettaglio, della centralità dell’appetizing in ogni rappresentazione estetica del food, ma anche del gusto e dell’autenticità di ogni ingrediente, ricetta o immagine. Parla cinque lingue, quindi il luogo non è un problema…

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