Il podio del Bocuse d’Or 2017: oro agli Stati Uniti, argento alla Norvegia, bronzo all’Islanda. Podio interessante, vien da dire. Da un lato il gigante Stati Uniti, dall’altra la Cenerentola Islanda. Gli Usa sono una macchina da guerra, precisa e potente a partire dai mezzi tecnici; già nell'ultima edizione avevano impressionato con un “plateau” piuttosto innovativo, ma quest’anno hanno fatto ancora meglio. Quello che per tutti gli altri Paesi è un semplice vassoio di presentazione, più o meno creativo, nel caso degli Stati Uniti si trattava di una struttura dotata di un sistema di riscaldamento che manteneva le varie componenti calde fino al momento dell’impiattamento.

Il plateau nordamericano e quello islandese
Bisogna sapere che il plateau, prima di arrivare al tavolo in cui viene porzionato, fa un lunghissimo giro, una processione quasi pasquale. Sfila davanti ai due tavoli della giuria, va dal fotografo ufficiale, ritorna in sala e passa davanti agli altrii fotografi; poi finalmente viene appoggiato su un tavolo rotondo e qui lo chef e il commis sorvegliati dal comitato impiattano. Beh, durante tutte e due le giornate di gara non abbiamo mai visto tanto affollamento intorno a quel tavolo come quando è stato il turno degli Usa. Per completezza di cronaca devo anche raccontare che, dopo l’assaggio, ho avuto la fortuna (ovviamente negherò fino alla morte) di vedere qualche segno dal tavolo della giuria che comunicava che non si trattava solo di show: pollice in su.
Complimenti dunque a
Mathew Peters del
Per Se di
Thomas Keller a New York, e al suo coach
Philip Tesier (
Bocuse d’argento 2015), che in un’informale chiacchierata della vigilia ci era sembrato piuttosto convinto del lavoro fatto. Lavoro, lavoro, lavoro. Lo stesso che ha portato Norvegia e Islanda ad affermarsi come protagonisti convincenti del concorso, con piazzamenti a ripetizione un anno dopo l’altro, e anche in questa trentesima edizione: argento per il norvegese
Christopher William Davidsen, chef di tre ristoranti a Trondheim; bronzo all'islandese
Viktor Andrésson, chef del
Grillio del Radisson Blu Saga di Reykjavik. Scorrendo la classifica è stato soprattutto lo sviluppo del tema plateau a fare la differenza, e che ha penalizzato i Paesi meno esperti del concorso. Soprattutto le proposte islandesi sono sembrate convincenti per aver conciliato tradizione e genialità innovativa.
Premio di consolazione per la Francia, miglior piatto a tema vegetale e miglior commis. Personalmente voglio sottolineare il plateau brasiliano della giovane chef
Giovanna Grossi (ne abbiamo parlato qui:
Un'italiana è già al Bocuse), unica ad avere presentato in modo originale pollo e gamberi, quasi un quadro di
Mondrian, e che vale un 10° posto nella sola classifica plateau. Cosa ci portiamo a casa da questa finale? L’atmosfera unica e irrepetibile di una gara tra il sacro - la cucina al suo più alto livello - e il profano, ovvero l’ambiente da girone dantesco in cui si svolge il tutto.