06-07-2016

Grana Padano e chef: scommessa!

Affiancare l'alta cucina, una sfida difficile ormai divenuta realtà: ne parliamo col dg del Consorzio

Com'è che Grana Padano è diventato il formag

Com'è che Grana Padano è diventato il formaggio di tanti grandi chef, nonché dei maggiori eventi d'alta cucina al mondo, a iniziare da Identità Golose e 50 Best? Ne parliamo con Stefano Berni, direttore generale del Consorzio

“Ogni edizione dei World’s 50 Best Restaurants è anche l’occasione per far fare passerella agli sponsor, 15 in tutto dei quali 4 italiani: Acqua Panna S.Pellegrino, Ferrari, una novità, Grana Padano e Lavazza”, ha scritto Paolo Marchi in questo articolo. La presenza del gran formaggio italiano in eventi di questo tipo non è in effetti una novità: da tempo il Consorzio ha deciso di affiancarsi alla grande cucina.

«La scelta di Grana Padano di essere partner e (primo) official cheese del World's 50 Best Restaurant, la manifestazione forse più importante del panorama della ristorazione mondiale,  arriva da lontano – spiega Stefano Berni, dal 1998 direttore generale del Consorzio – Parliamo di un percorso lungo quasi 20 anni di collaborazione con la famiglia Bastianich, allora sconosciuta in Italia, e con alcuni chef stellati; poi siamo diventati il primo brand ad affermare "we are in" a Identità Golose, ormai 12 anni fa. E questo sempre con lo stesso immutabile spirito e impegno: supportare gli chef impegnati nel trasmettere la straordinarietà della cucina italiana nel mondo grazie anche ai suoi meravigliosi prodotti».

Davide Scabin tra Elisabetta Serraiotto, responsabile Marketing, Promozione e Comunicazione di Grana Padano, e Sara Peirone di Lavazza

Davide Scabin tra Elisabetta Serraiotto, responsabile Marketing, Promozione e Comunicazione di Grana Padano, e Sara Peirone di Lavazza

La vittoria di Bottura è insomma il coronamento di un percorso…
«Siamo felici non solo per l’incoronazione di Massimo Bottura, ma per il riconoscimento straordinario ottenuto da tutta la cucina italiana, grazie anche alle posizioni di Crippa, Alajmo e Scabin nei primi 50, nonché di Romito e Bombana nei primi 100. Il taglio internazionale del World's 50 Best e i criteri del premio incarnano perfettamente i valori del nostro brand, che ne condivide la capacità di cogliere e sintetizzare tendenze e valori con un peso fondamentale per chi lavora ai fornelli tutti i giorni con serietà, impegno e dedizione».

Ma come nasce questa scelta di Grana Padano di affiancare l’alta cucina?
«All’inizio poteva sembrare una decisione azzardata: non ci nascondiamo che, in termini di appeal, blasone e notorietà, in Italia il formaggio che parrebbe più vocato al fine dining potrebbe sembrare il Parmigiano Reggiano. Noi abbiamo però fatto un ragionamento, che è stata anche una scommessa: evidenziare l’eccellenza del Grana Padano ma anche la sua straordinaria duttilità, così da dimostrare il fatto che avesse titolo e dignità per essere considerato dai grandi chef».

Stefano Berni

Stefano Berni

In che senso parla di duttilità?
«Mi riferisco a quello che poteva apparire un limite: il Grana Padano è prodotto in condizioni molto diverse, il latte viene dalla montagna così come dalla pianura. Dunque differenti territori e poi stagionature variabili danno origine a forme dalle caratteristiche assai diversificate. L’idea è stata: facciamo proprio di questo un punto di forza. Ogni chef può scegliere di volta in volta il tipo di Grana Padano più adatto alla ricetta che ha in mente».

Missione compiuta?
«Direi di sì, oggi tutti sanno che possiamo accompagnare con prestigio le creazioni dei più grandi chef. E’ un obiettivo raggiunto, ma continueremo a supportare l’alta cucina italiana, soprattutto all’estero».

Perché soprattutto all’estero?
«Siamo il primo formaggio Dop in Italia e al mondo, la nostra qualità è riconosciuta, ma nel Belpaese abbiamo anche un’immagine di prodotto nazionalpopolare. All’estero – dove il prezzo raddoppia o triplica – siamo invece percepiti naturalmente come un’eccellenza assoluta, dunque la partnership coi nostri chef in missione oltre frontiera è naturale».

Quanto vendete all’estero?
«Il 38% della nostra produzione, con una crescita costante. In Italia siamo invece stabili. Tenga conto che noi produciamo oltre 4 milioni e 800mila forme dal peso medio di 38 chili».

Come è stato in questi anni il rapporto con gli chef?
«Alcuni hanno accettato subito la scommessa della quale parlavo prima: si tratta di coloro che all’inizio erano meno legati a un certo blasone e sono maturati nel tempo, dunque erano più disposti a sperimentare. Abbiamo sviluppato un bel rapporto, ci hanno anche fornito suggerimenti importanti… Altri invece ci hanno accettato con più difficoltà».

Ci dica il nome degli chef coi quali si è trovato meglio?
«Ne dico solo uno, sapendo di fare un torto a tanti altri: Davide Oldani»


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Identità Golose