Erbusco (Brescia)
Decima edizione, ieri, oggi e domani, del Festival del Franciacorta in Casa Marchetti e a Villa Lechi a Erbusco, tra il capoluogo Brescia, il corso del fiume Oglio e il lago di Iseo. Per chi ama le bollicine, la sua meta immediata e la costante fonte di ottimi consigli per gli acquisti. Rimanendo nel Metodo Classico, perché Asti e Prosecco hanno tutt’altre caratteristiche, nessun’altra zona sciampanosa d’Italia è riuscita a svettare magica come questa. Non certo il Piemonte, dove a livello italiano tutto ebbe inizio e tanto si è smarrito, piuttosto che Oltrepò e Trento dove non mancano i picchi qualitativi, inframmezzati purtroppo a tanta banalità.
Il bello è che la Franciacorta è giovane, ancora lontana dal mezzo secolo di vita. Solo la Guido Berlucchi è prossima a festeggiare i 50 anni visto che l’incontro tra Berlucchi e Franzo Ziliani data 1954 e il loro primo spumante 1961, tremila bottiglie sul mercato due anni dopo. Era il Pinot di Franciacorta ed era la prima volta che appariva in etichetta il nome Franciacorta, un’epopea che la famiglia Ziliani ha deciso di celebrare con una gemma, la Storica ’61 Franciacorta Docg Brut. Tre date: la Doc luglio ’67, la prima degustazione pubblica ottobre ’71 e il consorzio marzo ’90.
Sottolinea il presidente del consorzio Maurizio Zanella: «Nessun’altra realtà spumantistica al mondo ha fissato paletti severi come i nostri, e li stiamo pure restringendo. Il nostro obiettivo è di innalzare la qualità minima e ridurre al massimo le differenze tra vette e fondovalle per arrivare a una omogenea qualità media».
Il consorzio, franciacorta.net, conta 93 soci (dodici trent’anni fa, 63 in degustazione al festival, festivalfranciacorta.it) e, sempre Zanella, «non esistono cantine sociali e commercianti, tutti vantano una filiera completa e questo fa sì che la direzione sia unica». Con la vendemmia 2009 si confida di superare le 10 milioni di bottiglie con un potenziale massimo di 25. La morale? «Realtà francesi (champagne è una parola tabù, ndr) appartengono ad altre dimensioni e chi afferma che la spumantistica italiana ha effettuato il sorpasso citando di tutto, dichiara il falso, un trionfalismo gratuito, c’è ancora molto da fare. Noi esportiamo appena l’11%, abbiamo praterie davanti a noi».
La rassegna di Erbusco è stata preceduta venerdì dal convegno «Con la qualità fuori dalla crisi». Hanno parlato, con Zanella, Santo Versace (moda), Giulio Pastore (Maserati), Mario Enrico Cichetti (prosciutto San Daniele), mentre il sociologo Enrico Finzi ha evidenziato come i più continuano e continueranno a esigere il meglio, magari diradando gli acquisti. L’invito a chi produce made-in-Italy, alimentari piuttosto che auto, è di riuscire a limare costi e prezzi, senza però svaccare sulla qualità perché, ha rimarcato lo studioso, «la rinuncia totale a quanto ci può gratificare, comporta una caduta di autostima che deprime».
Il tutto, ha sottolineato, Zanella «ricordandosi che il mondo dell’effimero e dell’immagine ha fatto il suo tempo». Con un allarme («Davanti a certa politica ci dobbiamo tappare il naso») e un obiettivo: «In 10 anni siamo passati da 100 a 2.100 ettari vitati. Dobbiamo consolidarci e bloccare per tre anni nuovi impianti, ma abbiamo bisogno della collaborazione dei Comuni: 15, su 19, hanno accolto il nostro invito». Il rischio? Nuovi capannoni.
È un pericolo concreto. Intanto godiamoci i nettari di Barone Pizzini, Bellavista, Berlucchi, Bersi Serlini, Ca’ del Bosco, Camossi, Clarabella, Contadi Castaldi, Cavalleri, Gatti, Majolini, Marchesine, Montenisa, Monte Rossa, Montina, Mosnel, Muratori, Ronco Calino, Uberti, Vezzoli (Giuseppe), Villa...