Busto Arsizio, tra Legnano e Varese, ha 82mila abitanti e un piatto tipico di carne, i Bruscitti, intenso, per via del vino, e unico perché appena esci da Busto cambia e si svilisce. «Brüscítt» da briciole in dialetto, tagli ben precisi di manzo, il tampetto e il fustello, che vanno a formare il diaframma ma che qui vengono sminuzzati a coltello e ridotti a tocchetti grandi come una mandorla, anche qualcosa meno ma mai, attenti al mai, è un imperativo per i bustocchi, al punto da essere scambiati per un ragù.
I bruscitti, altrove, diventano una sorta di passato di carne trita con soffritto di carote, cipolle e sedano. Bestemmie da ignorare. Vanno celebrati quelli originali, sbarcati a Milano grazie a Cesare Battisti al Ratanà in via De Castilla. La ricetta è quella originale, ma il servizio cambia completamente perché vengono versati su un ricco risotto mantecato quando la loro morte storica è nella polenta gialla bramata, ignorante insomma. Che poi siano ottimi, soprattutto a un palato non bustocco, è tutta un’altra cosa.
I bruscitti raccontano una storia di povertà, facile da intuire perché il diaframma non è certo un taglio nobile e tutto nasce dalla necessità delle famiglie dove lavorava anche la moglie di avere pronto un qualcosa appena tornati a casa la sera e un umido era una soluzione, da sposare alla polenta o a fette di pane. Oggi li si fa andare per due abbondanti ore, una volta ben di più perché chi aveva pochi soldi si doveva accontentare di carni dure come suole, da bestie che avevano lavorato fino allo stremo, bruscitti da accarezzare con la fiamma da mattina a sera.
E che essenzialità come ricorda Eugenio Peverelli, macellaio in via Carlo Porta, 0331.624702: «Per un chilo di carne 50 grammi di burro; faccio prendere colore ai pezzetti attentissimo a non friggerli, regolo di sale e di pepe e faccio andare pianissimo con l’aggiunta di semi di finocchio selvatico, l’erba buona, raccolti in una garza perché non si disperdano. Niente acqua, facoltativi - va a gusti - uno spicchio d’aglio e un cucchiaino di pancetta o lardo battuto».
Il segreto è nella carne (in assenza di diaframma polpa reale o cappello del prete) che deve essere di un bovino adulto, un carne rossa che abbia fatto sangue e che rilasci i suoi umori in cottura perché i bruscitti hanno tutto in sé eccetto l’altro elemento principe: vino rosso, Barbera o un nebbiolo tipo Gattinara. E qui gli appassionati si dividono: i fedeli alla regola uniscono un bicchiere di vino alla fine e sfumano a fuoco vivo e sguardo attento, dopo che l’umido è andato ben coperto, con due pesi sul coperchio, controllato di tanto in tanto per evitare che attacchi. Nel dubbio stia per accadere, si aggiunge burro, no brodo no acqua, toglierebbero vigore all’insieme. Però Peverelli, per fondere bene i sapori, il vino lo versa all’inizio e non è il solo. Tutto cuoce lentissimamente, magari in un coccio, e si mescola fino a raggiungere un amalgama profondo, da piacere totale.
Da piatto povero di ieri a prelibatezza di oggi. Nato in casa, la massaia accorta si fa tagliare i bruscitti in sua presenza, magari mettendosi d’accordo su quando presentarsi in negozio per non far perdere troppo tempo al macellaio. Peverelli, ad esempio, li vende a 10 euro il chilo. I più usano ormai il tritacarne a maglia larga, ma se si usa il coltello è una storia ben diversa perché la polpa trattiene ogni umore. Una carne tritata troppo fine, a parte nascondere scarti da polpette di serie B, è anche asciutta e in cottura non rilascerebbe alcunché. Bocciata.
Peverelli esiste dal 1936, un altro indirizzo sicuro è la macelleria Franco De Poli in viale delle Rimembranze 33, telefono 0331.628250, poi c’è Piran in via Don Minzoni, nel cui sito trova ospitalità il Magistero dei Bruscitti che avrebbe sede nel ristorante Aristide e Fiore in corso Venti Settembre, 0331.631706. Il condizionale è d’obbligo perché dopo mezzo secolo i titolari hanno ceduto l’attività e chi subentra non ha ancora riaperto. Bruscitti in carta da La rapa e la fava in via Rossini, 0331.683233. Consiglio finale: a casa abbondate con i bruscitti per avanzarne un po’. L’indomani saranno ancora più buoni.