31-10-2011

Grande Italia a New York

Oggi e domani seconda edizione di Identità da Eataly a Manhattan. Intanto Zagat e Michelin...

La 500 Fiat originale che staziona giorno e notte

La 500 Fiat originale che staziona giorno e notte davanti al ristorante San Rocco all'altezza del 39 West 24th Street, il locale di Rocco Arena

Il Windham Garden Hotel, a Manhattan Chelsea West, è il nostro albergo a New York da quando noi diIdentità siamo sbarcati sulla sponda occidentale dell’Atlantico. Lo è perché pratico e a pochi passi da Eataly, nella West 24th Street, tra la Quinta e la Sesta Strada dove, stesso tetto ma ingresso separato, Rocco Arena, industriale 40enne, ramo pulizie industriali sia in Italia sia negli Stati Uniti, ha aperto due anni fa il suo ristorante dandogli il suo nome: San Rocco, telefono 001.(212).2554655. Da un anno ha smesso di cambiare cuochi come pannolini una mamma alle prese con il figlio appena nato, ora ne ha due, sono romagnoli e affidabili. E da tre mesi presidia la cassa.

Meglio perdere tempo che soldi, sempre che difendere i propri investimenti sia una perdita di tempo. Quello che doveva essere il posto dove invitare gli amici, un giocattolo insomma, è diventato un secondo lavoro per lui e se ora lo ricordo, senza avervi ancora mangiato, se non per colazione al mattino, è perché New York è piena di storie come la sua. Però non è affatto vero che la cucina italiana sia un monopolio di chi ha lasciato il Buon Paese per trasferirsi tra Central Park e Battery Park.

Ci piace pensare, e lo pensiamo senza sforzi di sorta, che un italiano cucini italiano meglio di un cuoco di qualsiasi altra nazionalità ma non sempre è così. Tra un italiano svogliato e uno straniero motivato, preferirò sempre il secondo. Non ci sono solo le radici a dettare legge, ma anche la passione, le motivazioni, l’amore verso il lavoro, le possibilità economiche, gli stimoli dell’opinione pubblica. Nina e Tim Zagat, a pagina 5 dell’ultima edizione della guida che porta il loro nome, l’ultima prima della cessione a Google, hanno scritto che la cucina più amata da chi abita, lavora, frequenta la Grande Mela è l’”Italian (32%)”. Seguono “French (14%), American (12%), Japanese (12%).

La locandina della seconda edizione di Identità New York

La locandina della seconda edizione di Identità New York

E in effetti non c’è altro Paese rappresentato in maniera altrettanto massiccia nella Zagat, sette colonne e mezzo di indice per un totale di quasi 400 insegne. Poi c’è la voce pizzerie, quasi 100 referenze. La Francia è suddivisa tra cucina alta, bistro e brasserie, 160 unità circa in tutto. Non c’è corsa tra Italia e Francia nemmeno a livello di Michelin, però si tratta di quantità, la qualità appartiene a un’altra categoria e non possiamo certo pretendere che i francesi facciano gli interessi della nostra industria turistico-gastronomica. Però è importante prendere atto che non possono ignorarci. Capirci ed esaltarci è diverso. Piuttosto dovremmo essere noi italiani capaci un giorno di giudicare la cucina italiana nel mondo, senza lasciare che a farlo siano delle lobby politiche mosse da interessi che nulla hanno da dividere con la ristorazione. Basti cambi un sindaco o un ministro e si riparte da zero.

Noi parliamo e ci lodiamo, sovente parole al vento, gli altri lavorano coordinandosi a livello di sistema e magari nemmeno ci accorgiamo che tanta buona cucina italiana qua e là nel pianeta non è curata da chef italiani. Certo, un italo-brasiliano di San Paolo (20 milioni di abitanti. 5 sono italiani) sarà influenzato dai prodotti del Sud America come qui a Eataly il fresco ha un’anima tricolore e radici che affondano nella terra americana, ma pomodoro, fagioli e patate sono per caso piante originarie dello Stivale? E uva, caffè e tè non hanno mosso i primi passi da terre ben lontane?

New York è importante per noi italiani, lo è da sempre e lo è in tantissimi settori. Questa edizione di Identità vuole mettere in evidenza come, accanto a nostri connazionali vuoi cuochi vuoi ristoratori, cresce il numero di americani che hanno deciso di cucinare italiano. La cosa ci piace poco. L’italiano medio crede che la cucina abbia quasi esclusivamente a che fare con lo stomaco, con il cuore e i ricordi, che non possa essere studiata proprio come un sedicenne decide un giorno che da grande farà l’avvocato – e allora si iscrive a giurisprudenza – o il fisico – e la facoltà sarà fisica.

Jonathan Benno, chef statunitense del ristorante italiano Lincoln

Jonathan Benno, chef statunitense del ristorante italiano Lincoln

Ecco così Mark Ladner e Jonathan Benno, Missy Robbins e Michael White, un White che guida Marea, per la Zagat edizione 2012 la migliore insegna italiana, 28 trentesimi. E ancora Nick Anderer, Gordon Finn, Scott Conant, Jim Lahey, Carlo Mirarchi, italo-americano come Mario Batali e via così.

Solo su un punto, per Lidia Bastianich non ci hanno ancora raggiunto ed è, quasi superfluo ricordarlo, sul momento esatto per scolare spaghetti, fusilli e maccheroni senza passarli di cottura. A un inglese, tedesco o francese scappa sempre, una capacità che abbiamo sviluppato come nessun altro.

Identità New York inizierà oggi alle 11 ora locale, le quattro del pomeriggio in Italia. Prima lezione quella di Massimo Bottura e Mario Batali, domani alle 14 l’ultima con Carlo Cracco e Wylie Dufresne, profondi e sinceri innovatori secondo linee che sono loro. Poi il gran gala finale, con le iscrizioni bloccate a 180 coperti.


Affari di Gola di Paolo Marchi

Pagina a tutta acquolina, uscita ogni domenica sul Giornale dal novembre 1999 all’autunno 2010. Storie e personaggi che continuano a vivere in questo sito

a cura di

Paolo Marchi

nato a Milano nel marzo 1955, al Giornale per 31 anni dividendosi tra sport e gastronomia, è ideatore e curatore dal 2004 di Identità Golose.
blog www.paolomarchi.it
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