26-09-2021

Antonia Klugmann: la centralità dell'esecuzione

Per il suo intervento dedicato al tema del lavoro, la chef dell'Argine a Vencò si è concentrata su un elemento fondamentale nella vita di un piatto, che influisce anche sul processo creativo e dà valore al lavoro della squadra

Antonia Klugmann sul palco di Identità Milano 202

Antonia Klugmann sul palco di Identità Milano 2021 con Paolo Marchi e Lodovica Bo, che ha presentato la sua lezione (tutte le foto sono di Brambilla / Serrani)

La seconda mattinata di Identità Milano 2021 ha visto salire sul palco dell'Auditorium la chef dell'Argine a Vencò a Dolegna del Collio (Gorizia), Antonia Klugmann: Gabriele Zanatta solo pochi giorni fa ha pubblicato su queste pagine una approfondita intervista con lei, in cui sono stati anticipati alcuni dei suoi pensieri sul tema del congresso di quest'anno, Costruire un nuovo futuro - Il lavoro.

«La qualità dei nostri piatti corrisponde al valore delle risorse umane che operano nelle nostre cucine», ci diceva, e nella sua lezione a Identità Milano è ripartita da questo concetto: introducendo il suo intervento con un video che si è aperto con alcuni fotogrammi che raccontavano dell'operosità collaborativa delle formiche, Antonia Klugmann ha voluto parlare dell'esecuzione. Il compito che in una cucina è affidato soprattutto alla squadra, alla brigata.

«I ragazzi che lavorano con me - ha spiegato - hanno tutti vent'anni meno di me: quello che ho imparato lavorando con persone così giovani, e che credo si veda anche nello sport, è che spesso giovinezza non equivale a superficialità. Se, attraverso la tua presenza in cucina, così come farebbe un allenatore, riesci a notare e valorizzare gli sforzi e la fatica dei singoli, quella stessa fatica assume quotidianamente un senso, le persone trovano un appagamento vero nei loro micro-miglioramenti, e si percepisce un senso di giustizia all'interno del gruppo. E' in questo modo che si mettono le persone nella condizione di poter dare il meglio di sé, e solo se questo succede, evolve anche la mia cucina. Potrei anche essere la più creativa del mondo, ma se la mia squadra non sapesse eseguire i piatti nel modo migliore, sarebbe inutile».

Sarebbe, per certi versi, uno spreco: tema che sta molto a cuore alla Klugmann, non solo pensando all'uso degli ingredienti. «Non esiste una sola ricetta all'Argine che non tenga conto dell'obiettivo fondamentale della riduzione degli sprechi: considero impensabile, soprattutto in questo momento, concepire dei piatti che generino spreco alimentare. Ma anche gli sforzi della squadra, il lavoro, non deve essere sprecato: i gesti che si ripetono ogni sera per eseguire i piatti devono essere essenziali e quella linearità dell'esecuzione arriva poi anche al cliente. E' importante riuscire a comunicare questo concetto ai ragazzi della brigata. La sostenibilità è un concetto che va ben oltre gli ingredienti e le tecniche di un piatto, ma si deve applicare anche al tempo e alla consapevolezza di chi lavora, dando le giuste motivazioni; inoltre si deve ricercare la sostenibilità anche nel prezzo e nel costo di un piatto, per rispetto nei confronti dei clienti».

«L'impatto, il frutto di questo approccio - ha proseguito la chef - non arriva solo ai clienti: mi piace pensare alle nostre cucine come delle vere "botteghe" in cui un cuoco ha la possibilità di influenzare la mente e le mani di chi passa da quel luogo di lavoro. La ripetizione del gesto: per ogni servizio noi facciamo uscire circa 200 piatti, ogni piatto, in una giornata media di lavoro, viene eseguito circa 40 volte. Quanto e cosa rimarrà nella loro memoria di quel lavoro, di quella esecuzione? Se impostiamo nel modo corretto la relazione tra noi e loro, il messaggio passerà anche nella cucina che faranno poi, nel futuro. Sento spesso parlare di standardizzazione dei processi in cucina, sicuramente è un'esigenza, ma non mi scordo di condurre un lavoro principalmente artigianale. Ho bisogno sicuramente di lavorare con persone che sappiano ascoltare e interpretare le indicazioni che ricevono, ma da parte mia devo riconoscere la sensibilità e l'unicità di ciascuno di loro. Considerare quell'intercapedine che esiste tra me e ciascun cuoco e vedere in ogni esecuzione di un mio piatto un cambiamento, una necessaria trasformazione della mia idea da cui il piatto è nato».

A fornire due esempi "cucinati" di questo approccio, i due piatti scelti da Antonia Klugmann per questa occasione: nel primo, la protagonista principale era la zucchina. Interpretata in ogni sua parte, e anche in dimensioni diverse: zucchine grandi, lasciate crescere prima di raccoglierle, usate per un brodo, senza grassi aggiunti, in cui cuocere un riso spezzato e setacciato per ottenere una granella regolare. Zucchine medie e zucchine novelle invece aggiunte successivamente, insieme ai gambi, alle foglie, ai fiori. A questa base si aggiunge poi una tapioca infusa in un latte di soia aromatizzato al cren e l'alloro proposto sia come olio aromatizzato, come polvere e come estratto delle foglie fresche. «Un piatto semplice nei suoi ingredienti, che si chiude grazie alle mani di Salvo che lo eseguono».

Zuppa di riso spezzato, zucchine e alloro 

Zuppa di riso spezzato, zucchine e alloro 

Per spiegare il secondo piatto, a base di carne, la Klugmann è partita raccontando di due obiettivi che si è posta nella gestione del suo ristorante nel corso di questi due anni complicati che abbiamo attraversato: «Il primo obiettivo era lavorare abbastanza da poterci permettere un giorno di riposo in più, e così è stato. E poi avere carni solo da allevamenti locali, sostenibili, pesci mai da pesca a strascico: è un lusso che solo quest'anno mi sono potuta concedere, di poter raccontare al cliente con precisione da dove arrivano le carni e i pesci che proponiamo».

«Anche per questo - ha continuato - ho deciso di andare dal mio macellaio fornitore e chiedere a lui quale taglio volesse che io interpretassi. Lui ha scelto una fesa, un taglio che io non avrei mai scelto, complesso nella sua preparazione sia per la marezzatura che per la sua struttura. Ci siamo accorti che il modo migliore per prepararlo era tagliarne delle fette sottilissime e poi passarle in un burro aromatizzato con erbe tipiche della tradizione italiana come salvia, alloro, rosmarino, timo. Il burro viene prima chiarificato in un tegame insieme alle erbe aromatiche e poi viene utilizzato per la cottura della carne: anche in questo caso, il gesto diventa centrale. La carne non deve cuocere troppo né troppo poco, non deve cambiare colore, è come una cottura a bassa temperatura, ma espressa. Bastano delle piccole differenze per cambiare completamente la resa del piatto: per servirla, la posiamo su un purè di patate montato solo con acqua e olio: nuovamente la quantità di purè che usiamo nel momento dell'esecuzione è importantissima, per esaltare la carne che deve rimanere la protagonista».

Fesa di vacca friulana burro alle erbe e purè di patata

Fesa di vacca friulana burro alle erbe e purè di patata

Concludendo il suo intervento, Antonia Klugmann ha spiegato che se il processo creativo viene influenzato dall'esecuzione dei piatti, viene anche influenzato dal tempo: aver potuto creare 30 piatti nuovi per l'Argine a Vencò è stato un traguardo possibile solo grazie al surplus di tempo avuto con le chiusure imposte dal Covid; ad esempio, non sarebbe mai riuscita a trovare la giusta tecnica per trattare la fesa nel pieno del ritmo di una stagione normale. 


IG2021: il lavoro

a cura di

Niccolò Vecchia

Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare 
Instagram: @NiccoloVecchia

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