03-03-2018
A Caterina Ceraudo è toccato il compito di aprire la mattinata di Identità Milano 2018 dedicata alla Calabria (foto Brambilla/Serrani)
La prima giornata della XIV edizione del congresso – la più “grande” di sempre, ricorda Claudio Ceroni in apertura, con 120 chef ospiti e oltre 1.300 operatori del settore accreditati – si apre con la Calabria, regione ospite per quest’anno. E probabilmente non poteva esserci luogo più adatto a rappresentare il tema fortemente voluto da Paolo Marchi: il Fattore Umano.
Rimasta, anche per motivi geografici, un po’ ai margini dell’evoluzione gastronomica fin troppo vorticosa degli ultimi anni, dunque anche delle mode e dell’omologazione, sa regalare ancora sapori intatti, prodotti magnifici e grandi emozioni: quelle che vengono dai piatti ma anche e soprattutto dalle persone, dall’incrociarsi di relazioni umane che nascono e acquistano senso attorno alla tavola, tra commensali, nelle cucine, tra le brigate e nella rete che si crea con fornitori e produttori.
Paolo Marchi col governatore calabrese Mario Oliverio
A rappresentare i sapori calabri – dalla montagna al mare, dall’intensità della ‘nduja ai profumo di bergamotto, cedro ed erbe spontanee, dalla fierezza del baccalà alla dolcezza della cipolla – sono saliti sul palco quattro chef molto diversi per anagrafe, storie personali e stili di cucina ma accomunati dall’orgoglio di provenire dalla regione in punta allo Stivale e da un “fattore umano” ad alto coefficiente. Sono due storie di famiglia – che si allarga fino a comprendere brigate giovani, numerose e appassionate e fornitori e artigiani dai cui prodotti cui nascono piatti e sensazioni – quelle raccontate da Caterina Ceraudo e Luca Abbruzzino.
Caterina Ceraudo in azione
Luca Abbruzzino
A questi giovani in gamba, «con i piedi per terra e la testa che guarda in aria» come dice Federico Quaranta chiamato a presentare la mattinata, vanno anche gli applausi e gli omaggi degli altri due chef chiamati sul palco: Anthony Genovese e Francesco Mazzei. Entrambi con un’esperienza decisamente più lunga e una carriera importante, hanno deciso o si sono trovati a lasciare la Calabria e oggi la rappresentano “fuori sede” nei loro ristoranti: Genovese a Il Pagliaccio di Roma, lui è nato in Francia da genitori calabresi ma non ha mai perso il contatto con la sua terra d’origine. «La prima lingua che ho parlato è stato il reggino, non il francese – racconta – Mio padre e mio nonno ci hanno proibito di prendere la cittadinanza francese fino ai 18 anni e io sono cresciuto con i sapori di Calabria».
Anthony Genovese con Francesco Di Lorenzo
Francesco Mazzei
Mazzei prende per la gola gli Inglesi – e il pubblico dell’Auditorium – con piatti eleganti ma decisamente “tangibili” che mescolano materie prime calabre e britanniche, tecniche moderne e cotture lunghe. Irresistibile il maiale nose to tail: oltre alle parti nobili, cotte lentamente e poi scottate al forno, ci sono le guancette brasate, la crocchetta di coda e musetto, la pelle croccante – quello che gli inglesi chiamano pork crackling, da sgranocchiare tipo patatine –, il mash di patate silane con caciocavallo, la ‘nduja ma pure un sanguinaccio con succo di arancia e bergamotto e una salsa di mela Bramley Cox, varietà inglese dalla spiccata acidità. E poi il baccalà, che in realtà è un Black cod marinato in un mix di vino frizzante, peperoncino calabrese, bucce di bergamotto e liquirizia (altro grande prodotto calabrese), poi cotto nel forno fino a sfogliarsi e bruciato alla salamadra. Mazzei lo accompagna con un’intensa salsa di cipolla rossa di Tropea e barbabietola, broccolo bruciato, patate e fiori di finocchio. Very good.
Tutto sull’edizione 2018 di Identità Golose, a Milano da sabato 3 a lunedì 5 marzo. Il tema della quattordicesima edizione sarà “Il fattore umano”
a cura di
giornalista, napoletana di nascita e romana d'adozione, cerca di unire le sue tre passioni: mangiare, viaggiare e scrivere