Rotto il ghiaccio con la pizza, Identità Chicago ha consolidato il giorno 1 della sua quarta edizione con una lezione sulla pasta, filtrata dal pensiero di due cuochi che inquadrano la tradizione attraverso filtri molto personali.
Davide Oldani è il profeta della cucina Pop, «che non è tanto un riferimento ai prezzi contenuti che applico», precisa subito lo chef del D’O di Cornaredo, «ma un ingrediente stagionale, un concetto che ho preso da mia madre, che già concepiva la cucina in questo modo». Un pensiero che governa anche le cucine delle sue due recenti aperture, al Foo’d del Victoria Theatre and Concert Hall a Singapore e nello Shangri-La Hotel at the Fort di Manila, Filippine.
La confezione di spaghetti Felicetti aperta dal cuoco con un colpo secco sul tavolo ci riporta a noi. «L’idea della ricetta arriva dagli anni Ottanta», debutta Oldani in un inglese impeccabile, «Allora cucinavo a Milano e la gente pensava ad aprire ristoranti più per fare soldi che per far da mangiare bene. C’era molto più risotto perché la pasta era relegata al Meridione. Dilagava il cartoccio, la carta d’alluminio con cui si cuoceva in forno qualsiasi cosa: carne, pesce, verdure... Oggi vi presento la mia nuova versione della pasta al cartoccio»

Cartoccio di Davide Oldani
Via con la preparazione. «Mettiamo tanta acqua in una pentola capiente, con un tocco di sale. Immergiamo completamente gli spaghetti e calcoliamo 7 minuti e mezzo di cottura, meno di quello che è indicato nella confezione. Perché a me lo spaghetto piace cotto a corda di violino, molto più vicina al dente che
well done».
In una casseruola accanto, cuoce la salsa: «Mettiamo a scaldare del
Grana Padano 24/27 mesi, dal sapore intenso. Lo giriamo fuori dalla fiamma con una frusta. Aggiungiamo rafano grattugiato, buccia di limone e polvere di caffè».
Terminato il tempo, la pasta è scolata e poggiata su un piatto freddo. Un tocco d’olio d’oliva e poi la scalda col fon. Versa gli spaghetti nella salsa, aggiunge altra buccia di limone, rafano leggermente piccante («un’idea presa da certe orecchiette pugliesi»), pepe nero e arrotola a nido al lato del piatto. Al centro poggia la salsa, aggiunge pepe nero, buccia di limone, altro rafano, Grana Padano e polvere di caffè. Copre gli spaghetti con carta d’argento edibile et voilà il cartoccio.

Crocchetta di spaghettoni alla carbonara di Jonathan Benno
Al pubblico sono servite delle mezze maniche, più facili da gestire. «Accanto al piatto, ho fatto mettere anche un cucchiaio per poter tirare su la salsa residua».
Appena dopo arriva il momento di
Jonathan Benno, vecchia conoscenza di Identità New York, nonni del Sud Italia. Ha lasciato il celebrato ristorante di
new modern Italian cuisine Lincoln, aperto nel settembre 2011 al Lincoln Center nell’Upper West e sta per aprire
Benno, sulla 27ma vicino a Eataly. «Sarà un’insegna dall’anima doppia, una di
fine dining e una più
casual».
Benno ha portato una
Crocchetta di spaghettoni alla carbonara, «Uno stuzzichino», spiega, «un primo piatto retrocesso a snack». È una sorta di mini-supplì di spaghettoni cotti e mescolati a uovo, besciamella e pancetta. Infila il blocco nello stampo di silicone, lo mette in freezer per 15/20 minuti, li tira fuori, li impana nella farina, nell’uovo e nel pangrattato. Frigge e serve.