«They call me the king of carbonara. Ma la mia missione non è finita qui: voglio cucinare la pasta secca, un genere alimentare che tanti si limitano a bollire». Ingrana subito la quinta Luciano Monosilio, chef di Pipero a Roma, primo autore dell’ultima lezione di Identità Chicago anno quarto.
«Come prima cosa», prosegue, «dobbiamo cercare i bravi produttori. È il passo necessario per fare quello successivo, più complicato: esportare la cultura della pasta secca all’estero. Complicato perché a volte sembra non l’abbiamo nemmeno noi: i nostri piatti li chiamiamo infatti ancora col nome della salsa, carbonara o puttanesca, quasi mai col nome del formato di pasta. Ma è il momento di sottolinearlo, come si trattasse di un taglio di manzo o di una verdura particolare».
Il piatto della lezione sono Tagliatelle di kamut con estratto di peperone rosso, arrostiti la sera prima e poi ridotti in succo con uovo marinato in salsa miso. «Ho scelto questa pasta di Felicetti perché, se la idratiamo in acqua, la consistenza finale non cambia poi molto». Il piatto è rifinito con del basilico fresco, «una nota leggermente amara che al nostro ristorante spingiamo ancora di più con la cicoria».

Tagliatelle con estratto di peperone rosso di Monosilio
Questi i particolari tecnici. Per il resto, ha vinto la simpatia straripante del ragazzo, che ha espresso per quasi tutta la lezione concetti seri in un inglese colorito e con toni scanzonati. «Cari amici americani, non abbiate paura dei carboidrati: noi italiani ne mangiamo da sempre montagne e non siamo ancora morti». «Quanto sale nell’acqua di cottura della pasta? Io non ne metto proprio, distrae dal sapore del grano». «Sono testimonial contro il colesterolo: dobbiamo tutti imparare a mangiare meno e meglio».
Avevamo lasciato
Sarah Grueneberg esattamente un anno fa con un’esplosiva lezione sulla
Cacio whey pepe. La ragazza, chef di
Monteverde nel West Loop, a pochi chilometri da qui, non si smentisce neanche questa volta. «Lasciatemi dire», esordisce subito, «che
Monograno Felicetti è una delle migliori paste sul mercato. Vorrei poi specificare che pasta secca e fresca sono due mondi diversissimi: il concetto di aldente si applica solo al primo caso».
Nel mare di parole, esce l’idea del piatto della masterclass: «La prima volta che mi cimentai con un piatto di Spaghetti al pomodoro fu nell’apprendistato al
Pescatore di Canneto sull’Oglio.
Nadia Santini mi chiese se li sapessi fare e io non sapevo bene cosa rispondere: da un lato sì, li so fare; dall’altro, oddio, magari non abbastanza bene per i loro standard mostruosi».

Spaghetti al pomodoro com Za'atar di Sarah Grueneberg
Passa i pomodori alla grattugia, mette la polpa in padella con aglio e aggiunge dell’altro pomodoro precedentemente frullato con rosmarino e salvia. A parte, in un mortaio, pressa col pestello una mistura di spezie mediorientale
Za’atar. Gli spaghetti, intanto, stanno a cuocere in acqua per pochi minuti e poi li mette a cuocere ancora rigidi in padella. È l’inizio di una lunga risottatura: «Quando
Nadia mi spiegò che li facevano così, fui davvero
mind-blown».
È il motivo per cui vorrebbe presto visitare «Ognuna delle regioni d’Italia, un patrimonio incredibile per me».