Sulla pasta non si scherza. Carlo Cracco ha aperto la giornata dedicata (anche) all’alimento più amato dagli italiani, chiarendo subito il suo punto di vista: «Possiamo condire come vogliamo, usare gli ingredienti più vari, sbizzarrirci. Ma sulla cottura non transigo: deve essere al dente. Se perdiamo la texture e il gusto del grano è finita». Cracco da ottobre ha aperto un ristorante anmche a Mosca, Ovo, e pure lì la cottura è all’italiana, senza se né ma.
E allora fatto salvo il punto fermo, spazio poi alla creatività. Lo chef –
che ha annunciato il suo addio alla tv – prende degli spaghetti Senatore Cappelli di
Monograno Felicetti («
Il Cappelli, come dice
Riccardo Felicetti») e li interpreta «in chiave molto orientale»:
Spaghetti con salsa di tè verde matcha, wasabi e bottarga, piatto quasi estremo, dal gusto per intenditori.
Più “facile”, gustativamente parlando, l’altra preparazione:
Fusilloni con burro affumicato e pepe di Timut, evoluzione di un piatto già presentato a
Identità Chicago, «là però era senza pepe e con un’affumicatura più intensa». Fondamentale il burro, «intanto richiama una cucina classica, con la sua piacevolezza». Deve essere freschissimo, viene affumicato e poi usato per mantecare i fusilloni con del Parmigiano di vacca rossa di montagna molto stagionato, infine una grattata di pepe di Timut per regalare una marcia in più (sorprendenti note agrumate e di salvia): «A una prima lettura sembra una
Cacio e pepe, quindi evoca un sapore noto, tranquillizza. Poi emergono i sentori più complessi, viene voglia di mangiarne ancora e ancora».

Fusilloni con burro affumicato e pepe di Timut
Ancora un accenno alla pasta nel mondo: «In giro se ne vede tanta maltrattata, troppi si improvvisano cuochi italiani, basti pensare che nella sola Mosca, che ho imparato a conoscere, ci sono circa 2mila locali tricolori! Poi però t’imbatti in versioni magari non perfette, ma che nascondono perlomeno un’idea». Ultima battuta sulla Russia: «Lavoriamo bene in un contesto interessante, che ha tanto da dare anche se manca una consapevolezza di cosa significhi eccellenza agroalimentare. Non gliene frega niente: in Kamčatka, estremo lembo orientale russo davanti al Giappone, i pescatori locali gettano le reti nello stesso mare dei nipponici. Da una parte vecchie barchette, dall’altro mezzi ipertecnologici che mantengono i pescato perfetto. Così lo stesso pesce se pescato dai russi è di qualità più scadente, dai nipponici invece eccellente». E costa il doppio.