24-07-2019
Callegari alle prese con un Neapolis di Moretti Forni. Con cui prepara le sue pizze tonde (ma anche le teglie...)
Stefano Callegari per molti è Mr Trapizzino: difficile non associare questo pizzaiolo con l’invenzione che gli ha permesso di conquistare diverse città d’Italia e non solo: Roma, Milano, Torino, Firenze, Trieste e anche New York. Una creazione che ha ormai più di dieci anni, perfetta nella sua semplicità: una tasca di pizza bianca, chiusa sui lati, realizzata con un impasto di farina di grano tenero e lievito, da farcire con sughi e condimenti diversi, dai più classici ai più creativi.
Callegari però non è solo l’inventore del Trapizzino, ma un imprenditore dell’arte delle lievitazioni pieno di risorse: nella sua carriera ha dato vita a realtà ancora estremamente vitali a Roma come Sforno, Sbanco e Tonda, e a New York non si è accontentato di sbarcare con la sua morbida creazione triangolare, ma ha celebrato anche la rotondità della pizza tradizionale con un’altra insegna da subito di successo: La Rossa.
«Ho sempre considerato - ci dice il pizzaiolo - la cottura come un passaggio determinante. Certo, quando parliamo di panificazione sono tutte importanti le fasi di lavorazione. Però provate a pensarci: non è un caso che spesso i panifici si chiamino “forni”. E quelli che fanno il pane “fornai”. Il calore è un elemento fondamentale, cruciale, per questo lavoro, per noi che trasformiamo un impasto in pane, o in una pizza, come nel mio caso. Ho sempre avuto questa consapevolezza: un forno di qualità cambia le tue prestazioni. Ad esempio, se in uno dei miei locali in una sera devo preparare 300 pizze, in una struttura pensata per non più di 100 coperti, se non ho un forno adeguato andrò in sofferenza».
L'impasto con il ghiaccio al centro, pronto a essere infornato nel Neapolis Moretti Forni
Quali, ad esempio? «Ogni tanto - prosegue Callegari - mi capita di sperimentare qualche approccio più creativo alla cottura e con Neapolis posso calibrare le temperature in modo perfetto. L’esempio è la “cacio e pepe al ghiaccio”: praticamente è una focaccia, l’impasto va in forno e come ingrediente ha solo del ghiaccio, che viene messo a cubetti al centro. Nel forno la pizza cresce, mentre il ghiaccio si scioglie e l’acqua resta all’interno del cornicione, come a fare un piccolo laghetto. Piano piano ultimo la cottura, facendo evaporare quasi completamente l’acqua. Quando esce dal forno l’impasto centrale è ancora umido e molto morbido, ma caldo. Pronto ad accogliere il pecorino che viene grattato a crudo, e che si amalgama nel modo migliore trovando questa umidità. Con Neapolis il risultato è sempre impeccabile».
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A cura della redazione di Identità Golose