08-02-2015
Alessandro Dal Degan durante la sua lezione, incalzato da Stefano Vegliani. E' stato uno degli otto relatori della prima edizione di Identità di Montagna
Il giovane Antonio Borruso, un campano trapiantato in Valtellina
Alessandro Gilmozzi, tra gli alfieri dell'alta cucina trentina
Nadia Moscardi ha presentato la lezione "Terra, acqua e fantasia"
Un "padre" della cucina di montagna, Norbert Niederkofler dalla Val Badia
C’è aria pura in sala B1, aria di montagna. E il gusto, naturalmente, ci guadagna. Sbarca (anzi, slitta) a IG2015 Identità di Montagna, omaggio a una cucina che più territoriale non si può, legata com’è a vincoli geografici che qualcuno vorrebbe opprimenti, anche se qui si dimostra esattamente il contrario. Alta cucina in questo caso è una constatazione oggettiva ancor prima che di valore.
E quindi saliamo. Anzi, jamm’ ‘ncopp. La stazione di partenza è a Napoli, Campania, Italy. Non è un errore, al massimo uno scherzo del destino. Dalla capitale del Mediterraneo arriva il primo chef montanaro, quell’Antonio Borruso che fa il cuoco-gestore all’Umami dell’hotel Eden a Bormio, in Valtellina. Antonio ha contato uno a uno i chilometri che lo separano dalla sua terra. Ma la nostalgia, visto che c’è, tanto vale metterla a reddito. E inventarsi la cucina a km 911, quella che linka le tradizioni del luogo a quelle del cuore. Fare il ragù napoletano in Valtellina è atto di coraggio o di incoscienza? Chissà. Nel dubbio Antonio ci propone un Risotto con gambero rosso al pascolo in cui quest’ultimo, appunto, è uscito ed è evocato dalle sue teste ridotte a sfoglia croccante. Non è vero che di ricordi non si vive.
Stefano Ghetta sul palco, "La mia terra" era il titolo del suo intervento
Altra valle trentina, quella di Fassa di Stefano Ghetta de L’Chimpl da Tamion di Vigo di Fassa. Stefano la montagna l’ha vissuta in ogni modo – ha fatto anche il maestro di sci – ma poi ha avuto il coraggio di lasciarla per vedere il mondo di fuori. Poi è tornato per vedere se era ancora verde la sua valle e ha scoperto che: 1) sì, era ancora verde; 2) si poteva provare a innervare la cucina della tradizione con qualche ideuzza nuova. Come il Raviolo di rapa con patate affumicate e finta maionese di salmerino.
Christian Milone è tra gli astri nascenti della cucina italiana. Ha parlato de "La mia montagna", quella di Pinerolo
E’ uno chef erborista Alessandro Dal Degan della Tana di Asiago (VI), uno che, non riconoscendo nessun maestro e ritenendosi addirittura autodidatta malgrado la scuola alberghiera, ha avuto mano libera nel creare la tavolozza da cui attingere. Attualmente tutto ruota attorno al verde e al marrone: cortecce, licheni, fieno, il fungo che la parte di quello di mondo. Perfino l’aglio è nero nel Sottobosco, la mattonella di terra con cui ci rende gnomi felici.
Christian Milone gioca a fare l’intruso. Lui che arriva da Pinerolo (Trattoria Zappatori), la montagna la conosce come produttrice di sudore da ciclista quasi professionista (era un passista-scalatore) e come scenario ma non come quotidiano. Da diversamente montanaro ci racconta la sua “vision”, con un ricordo personale reso commestibile nel Risotto rosa al sangue, che mima la puntura di una spina e la conseguente piccola emorragia: un piatto dolce, ferroso, terroso, aromatico. Un fuoripista rosa shocking.
A chiudere le lezioni di Identità di Montagna è statoi Riccardo Gaspari
Conclude Riccardo Gaspari che proprio all’Osteria Francescana di Bottura ha avuto la sua epifania. Nel suo El Brite de Larieto, Cortina d’Ampezzo (Bl). Il trentenne chef ampezzano che cuoce, ìdea, alleva e coltiva, si e ci diverte con una tartare di speck. Speck, speck delle mie brame…
Gli appuntamenti da non perdere e tutto ciò che è attuale nel pianeta gola
a cura di
Romano ma ora a Milano, sommelier, è inviato del quotidiano Il Giornale. Racconta da anni i sapori che incontra