31-10-2019

È morto Giorgio Grai, colonna dell'enologia italiana

Foto di Luca Managlia

Foto di Luca Managlia

Il grande enologo italiano Giorgio Grai si è spento ieri, 30 ottobre 2019, nell’ospedale di Bolzano, dopo una fulminea malattia. A tutta la sua famiglia vanno le più sentite condoglianze da parte di Identità Golose.

Grai nel corso della sua vita si è distinto per la sua straordinaria esperienza in campo enologico, sia in Italia che all’estero, senza mai perdere di vista il suo Trentino. Un uomo ritroso, talvolta rigido nei modi e nei ragionamenti, ma sempre animato da grande curiosità e illuminato da intuizioni geniali, specie per le bollicine e i grandi vini bianchi.

Ci racconta Nereo Pederzolli, penna impeccabile del panorama del vino: «Per Grai tutto iniziò negli anni Settanta girovagando per le cantine sociali della sua regione: annusava, criticava, si fidava solo del suo naso. E sceglieva le botti migliori. Vini bianchi, anzitutto. Perché lui era sicuramente il "bianchista" migliore d’Italia. Basta assaggiare certi Pinot bianco che lui proponeva in bottiglie con l’etichetta Bellendorf, vini di oltre cinquant'anni ancora perfettamente vitali, indimenticabili. La sua caparbietà enologica e la sua competenza lo hanno portato a giocare davvero in trasferta. Il suo sapere enoico ha stregato personaggi del vino di stampo monumentale. Uno, Andrej Tschelistcheff, origini russe, il "padre" della viticoltura californiana della Napa Valley, assaggiando un vino di Grai s’inginocchiò, ritenendolo uno dei migliori mai bevuti».

«Il palmares di Grai - continua Pederzolli - non ha limiti. Un suo Pinot conquistò i Tre Bicchieri del Gambero Rosso sulla prima edizione della guida vini, uno dei mitici 33 migliori vini d’Italia. Lui è il promotore di uno dei primi e più famosi wine bar, il suo, l’Edy, quello di piazza Walther a Bolzano, uno scrigno enologico che ancora custodisce bottiglie griffate Grai. Un personaggio che non faceva sconti, non transigeva se la discussione era banale. Quello che pensava, lo esternava. Senza mediazione. I miei ricordi sono nitidi. Come i suoi vini. Con lui non era concesso distrarsi, rifugiandosi nelle considerazioni consuete (interessante, ancora troppo giovane, deve fare bottiglia, è un tantino chiuso), era necessario cercare il nocciolo della sensorialità, altrimenti arrivava immediatamente la sua stilettata micidiale, devastando ogni schema degustativo. Era però altrettanto disponibile a insegnarti, se lo stavi ad ascoltare. Lui, purtroppo, è nel millesimo infinito».


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Identità Golose

A cura della redazione di Identità Golose