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Sebbene per mestiere non abbia mai fatto l’astronauta Ezio Indiani ha trascorso la sua intera carriera tra le stelle: quelle più alte e luminose dell’hotellerie del lusso internazionale. Un viaggio lungo quasi cinquant’anni, passato tra l’Italia e il mondo intero a maturare esperienze in importanti catene e a dirigere alberghi straordinari. Vivendo, oggi come ieri, le realtà che lo hanno accolto con tatto, garbo e l’eleganza di un gentleman d’altri tempi, cui il destino ha instillato a piene mani una naturale propensione a guardar lontano.
Della professione manageriale ha percorso ogni gradino gerarchico, rubandone a ogni passaggio un pezzetto d’anima, i gesti, i segreti. Indiani è colui che i grandi gruppi dell’ospitalità hanno messo (e mettono tutt’oggi) a capo dei propri posizionamenti strategici e delle loro grandi ristrutturazioni - sia organizzative che architettoniche; l’uomo a cui affidano leadership e budget milionari; sotto la cui direzione e supervisione migliorano i propri risultati economici, vengono introdotti nuovi elevati standard dei servizi, si riorganizzano reparti, si formano dirigenti e personale altamente qualificati. Compiti assecondati con competenza e concentrazione, l’entusiasmo del primo giorno e una salda visione d’insieme.
Originario di Cremona, classe 1952, Indiani dal 2005 è Direttore Generale dello storico hotel Principe di Savoia a Milano, pentastellato luxury di proprietà del gruppo londinese Dorchester (ne fanno parte altri otto indirizzi iconici, sempre nel segmento lusso, a Los Angeles, Londra, Roma e Parigi). La sua è un’autorevolezza di carisma, riconosciuta in ogni angolo del globo, che mai perde di vista le qualità umane e la dimensione sociale e filantropica del proprio operato. Il successo lo vive come una cosa ovvia, quasi scontata. Ne parla quasi come una scienza esatta: «Non può che andare positivamente se si creano tutti i presupposti» dice.
È tra queste sale, eleganti e vellutate, che sta scrivendo una nuova avventura di risultati straordinari.
a cura di
abruzzese, classe 1979, nel mondo della comunicazione dal 2001. Negli ultimi anni ha maturato una specie di ossessione per la ricerca continua di cuochi emergenti. Mangia, beve, scrive: di territori e ingredienti, di produttori e cuochi. E scatta tante foto, per non dimenticare nessun particolare
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Himanshu Saini, chef di Trèsind Studio a Dubai (Emirati Arabi, una stella Michelin) e un piatto simbolo del suo menu degustazione "Tasting India" (Banana, cruda e maturata, servita su una tartelletta di miso al peperoncino con peperoni gialli, chutney di pomodoro affumicato e aceto balsamico)