08-03-2017

Che lezione Riccardo Camanini, cuoco dell'anno 2017

Con un rognone al torchio e una minestra, lo chef bresciano ha ridotto le distanze tra alta cucina e tradizione popolare

Riccardo Camanini, 43 anni, chef di Lido 84 a Gard

Riccardo Camanini, 43 anni, chef di Lido 84 a Gardone Riviera (Brescia). Ha rapito il pubblico in sala con due ricette dall'alto valore simbolico: Pasta risoni in minestra di pistacchi e Rognone al torchio

“Scusate il ritardo”. E’ con una citazione troisiana che Paolo Marchi, sospeso tra rimpianto e gioia, ha annunciato sul palco grande di Identità Golose 2017 il premio cuoco dell’anno a Riccardo Camanini di Lido 84 a Gardone Riviera, sponda bresciana del lago di Garda. Un ritardo dovuto al fatto che questo 43enne è arrivato solo da poco ad avere un set in cui può esprimere il suo talento quieto e visionario, uscendo dal clichè dello chef forse più incompreso d’Italia, con tutto il suo armamentario di refusi e sofferenze.

Ma ora il tempo è recuperato: restando ai più e ai forse, Camanini è forse lo chef più apprezzato dai colleghi, l’uomo che tutti vorrebbero per scambiare pareri su ingredienti e suggestioni. Il suo locale è perennemente in sold-out, con liste d’attesa da risonanza magnetica alla Asl anche grazie ai suoi prezzi di commovente lievità. Lui però non si ferma, pensa ad esempio a come far dialogare di più sala e cucina, qualcosa già fa, qualcos altro si inventerà.

Sul palco Caminini rapisce la platea con due piatti insoliti e non per la complessità e la bizzarria degli elementi ma per la forza dell’idea e la nitidezza dell’esecuzione. Il suo viaggio nel tempo, e risale la corrente cronologica fino a oltre due millenni fa, all’epoca di Marco Gavio Apicio, delle sue salse, del miele, del mosto cotto, del budello utilizzato per trasportare i cibi in assenza di altri strumenti.

Camanini premiato Cuoco dell'anno tra Paolo Marchi e Gian Luca Uccelli di Contadi Castaldi

Camanini premiato Cuoco dell'anno tra Paolo Marchi e Gian Luca Uccelli di Contadi Castaldi

Si parte con una minestrina. Sì, una minestrina. Una semplice risina senza brodo, perché il risucchio proprio no, ricoperta da un pesto di pistacchi siciliani e di acqua di pomodoro, da un’acqua di pomodoro marinda verde, e con un’occhiatura grassa di un olio di cedro libanese che finisce per rapire l’occhio. E adesso, continuate pure a pensare che la minestrina è una pietanza ospedaliera.

Poi Caminini con il suo ventenne svelto collaboratore Gilles (“che sembra francese ma è di Bergamo”) si dedica a un rognone di vitellone: lo scotta, ne estrae con un torchio il sangue con cui lega una salsa di fondo di faraona, riduzione di Marsala invecchiato, aceto di groppello, scalogno, miele, senape, colatura di alici e magari ci dimentichiamo pure qualcosa. E con questa salsa primordiale condisce una tartare di rognone. Ultimo tocco, una nevicata di bucce di Nebbiolo rese croccanti. Cucina popolare e alta cucina che accorciano le distanze nell'arco di una lezione.

Nelle ultime battute della lezione, ricorda che quasi tutte le persone che lavorano al suo ristorante - al momento 17 - sono assunte. "E' essenziale dare fiducia e, allo tesso tempo, legare i ragazzi a un progetto stabile. Ne beneficiamo tutti". Sostenibilità e lungimiranza. 


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a cura di

Andrea Cuomo

Romano ma ora a Milano, sommelier, è inviato del quotidiano Il Giornale. Racconta da anni i sapori che incontra

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