C'è un angolo di Brooklyn dove la teglia romana incontra la tradizione newyorkese, dove l'impasto leggero e alveolato tipico della scuola italiana si sposa con le esigenze di un quartiere che chiede anche la classica pizza da 18 pollici. È qui, tra Clinton Hill e Park Slope, che Luca Pelliccioni ha creato Impasto, un progetto nato letteralmente dalle ceneri di un incendio e oggi punto di riferimento a Brooklyn per chi cerca una pizza di qualità.
Ma per raccontare questa storia bisogna partire da più lontano, da quando un giovane ingegnere gestionale lasciò Riccione per quella che doveva essere solo una visita alla sorella a New York, invece si è trasformata in un'avventura imprenditoriale che oggi conta diversi locali nella Grande Mela, tutti accomunati da una filosofia: portare la vera cucina italiana oltreoceano, senza compromessi sulla qualità. Si è dimostrata fondamentale per realizzare questa visione la tecnologia di cottura all’avanguardia di Moretti Forni e del suo serieS, che ha permesso a Pelliccioni di trasformare Impasto in qualcosa di più di una semplice pizzeria.
«Quando ho aperto nel 2020, avevo trovato qui a New York, usato, un loro vecchio modello: si chiamava
Moretti Amalfi, un forno elettrico davvero indistruttibile», racconta
Pelliccioni dal suo locale di Park Slope, l'ultima apertura di pochi mesi fa. «Ma è stato con il passaggio a
serieS , il forno elettrico più customizzabile al mondo, che ho potuto davvero espandere la mia visione. Ora non faccio solo pizza: panifico per tutti e cinque i miei ristoranti, produco focacce, filoni di pane a lievito naturale, persino la spianata romagnola per
Radisa, il nostro ultimo progetto».
La storia di Luca è quella di un percorso non lineare, ma coerente. Laureato in ingegneria gestionale al Politecnico di Milano, con alle spalle l'esperienza nel beach club di famiglia a Riccione, sbarca a New York nel 2015 per trovare la sorella Giulia, che gestiva già il ristorante Aita. «Doveva essere una visita, invece nel gennaio 2016 firmavo il contratto per aprire La Rina», il primo dei suoi locali, dedicato alla nonna materna Rina Spadazzi e alla sua cucina. Da lì una crescita costante: Briscola Trattoria, poi Radisa, in collaborazione con la squadra di una trattoria contemporanea di qualità come Da Oreste a Santarcangelo di Romagna, dove oggi la sorella Giulia gestisce la sala, dopo essersi trasferita nuovamente in Italia.
Ma è con
Impasto che
Pelliccioni ha davvero trovato la sua dimensione più personale: «È stato fin dall'inizio un mio side project, ho operato più in solitaria. Ho rilevato una pizzeria dopo che un incendio l'aveva danneggiata. Non avevo esperienza di panificazione e di lievitazione: sono tornato in Italia per seguire dei corsi, ho studiato, approfittando che quello fosse il periodo delle chiusure per la pandemia, i ristoranti operavano a singhiozzo, avevo tempo per sperimentare».
La scelta iniziale fu coraggiosa: proporre solo teglia romana in una città abituata alla sua iconica
slice. «All'inizio è stata una sfida. I clienti vedevano il nostro banco e lo associavano alla
Sicilian, o alla
Grandma slice, ma il nostro impasto ha un peso specifico molto più leggero. Utilizziamo un prefermento, farine romagnole, puntiamo su leggerezza e pulizia dei sapori». Un approccio che ha conquistato il quartiere, tanto che oggi la
Margherita con bufala importata dalla Campania ogni due settimane è il loro best seller. «Mettiamo dei datterini semidry pugliesi spettacolari. È semplice, la più pizza-pizza: bianco, rosso e verde», racconta con orgoglio italiano.
Il vero salto di qualità è arrivato con l'introduzione di
serieS Moretti Forni: «L'omogeneità di cottura, la qualità del calore, non c'è paragone con quello che c'è sul mercato», afferma
Luca. «Ma per me la vera rivoluzione è stata la modularità. Avendo lo steamer in tutti i deck e la possibilità di modulare velocemente, nell'ultimo anno mi è venuto molto comodo non solo per la pizzeria, ma per il servizio di tutti i ristoranti».
Oggi nella location di Park Slope, dotata di tre deck, ha centralizzato la produzione: «Facciamo focacce con processo diverso dalla pizza, filoni di pane da un chilo che spediamo via Uber a tutti i locali, la spianata sfogliata per
Radisa - come quelle che trovi nei forni dell'Appennino, con l'unica differenza che noi usiamo il burro invece dello strutto. Facciamo anche dolci, come i maritozzi per servizi di catering. Il
serieS è anche un forno da bakery perfetto».
La vera innovazione è stata l'introduzione della pizza tonda
New York style accanto alla teglia romana: «Da pizzeria di quartiere devi servire il quartiere, quello è un prodotto che una persona su due ti chiede. L'impasto è fatto con tecniche italiane, prefermento e gestione da pizza contemporanea, ma la cottura nel forno elettrico a temperature più basse dà quella consistenza
crispy che cercano qui. Idratazione al 70% e otto slice per una pizza da 18 pollici».
Luca Pelliccioni è lucido nell'analizzare il mercato newyorkese: «La competizione più grande è con i landlord, quelli a cui devi pagare affitti sempre più cari, quindi con la città stessa. I margini si riducono di anno in anno, a livelli impressionanti. La slice costava un dollaro sei anni fa, ora siamo a 3,50-4 dollari, ma non si può crescere oltre. La pizza può sembrare un prodotto semplice, essenziale, ma ogni passaggio richiede tempo e applicazione. Come dicono qui, è labor-intensive, bisogna fare volumi per avere dei margini».
Il futuro?
Luca continua a muoversi tra i suoi locali, occupandosi di tutti i lati gestionali e organizzativi. Ma è chiaro che
Impasto resta il progetto del cuore, quello dove l'ingegnere diventato pizzaiolo può sperimentare e dove, grazie alla tecnologia
Moretti Forni, ha trovato quella versatilità che gli permette di servire non solo pizza, ma di essere il cuore pulsante della panificazione per tutto il suo gruppo.
«Per una persona come me che deve muoversi tra diversi locali - conclude - la modularità di serieS è fondamentale. Ma alla fine quello che conta è il prodotto: la nostra teglia deve sciogliersi in bocca mantenendo la croccantezza sotto. È questo l'equilibrio che ho sempre cercato, ed è questo che la tecnologia giusta ti permette di ottenere, ogni volta».