Fulvietto Pierangelini

È innamorato dei suoi maiali Fulvietto Pierangelini, ragazzo con una pedagogia del palato che non scherza. «Quando tornavo da scuola, andavo al Gambero Rosso e mio padre Fulvio preparava da mangiare. Ma al ristorante non c’è mai stato il rancio per il personale, quindi sceglievo quello che volevo e le materie prime erano le stesse del servizio, al pari dei giorni di chiusura a casa». Come dire: il cibo per i Pierangelini è affare troppo serio perché possa essere ridotto anche fuggevolmente ai polli del supermercato.

Nonostante la passione così contratta, Fulvietto si è accorto molto presto che la ristorazione non faceva per lui: «Ho aiutato mio padre nei momenti del bisogno, soprattutto in sala. Mi piace anche cucinare per gli amici, ma il rapporto con il personale e la clientela non è nelle mie corde», dice con accenti non nuovi. Dopo il liceo scientifico e il militare, ha quindi preferito lo stabilimento balneare del Bucaniere, con un’offerta di cucina semplice ma rigorosa, imbastita sulle basi del Gambero Rosso da una cuoca.

Nel frattempo Fulvietto ha avviato un’altra attività che gli sta dando la fama fra i gourmet. «Mia moglie Barbara aveva un’azienda agricola chiamata L’Agave, acquistata dal padre un po’ per gioco e mai sfruttata. Ce ne siamo innamorati e nel 2000 abbiamo iniziato il risanamento. Volevamo produrre vino, ma la congiuntura non era favorevole e abbiamo optato per uliveti e seminativo, rimandando al futuro la vitivinicoltura. Restavano molti ettari di bosco e pascoli sassosi di cui non sapevo che fare. Allora mi è venuto in mente il maiale». Autodidatta dell’allevamento, Fulvietto ha tesaurizzato la lezione dei suoi errori. Per la norcineria invece ha fatto affidamento sulle conoscenze degli Spigaroli, formidabili artigiani emiliani che seguono le sue stagionature. «Alcuni prodotti hanno avuto subito un esito strepitoso, ad esempio la coppa, il culatello e la spalla; per altri, come il salame, c’è stato bisogno di qualche aggiustamento, perché magari le tecniche impiegate non erano adatte alla cinta senese allevata in Toscana. Poi c’è il lardo, che facciamo io e mio padre nelle conche di marmo con una ricetta tutta nostra».

Ha partecipato a

Identità Milano


a cura di

Alessandra Meldolesi

Umbra di Perugia con residenza a Bologna, è giornalista e scrittrice di cucina. Tra i numeri volumi tradotti e curati, spicca "6, autoritratto della Cucina Italiana d’Avanguardia" per Cucina & Vini